Fine dell’era Green
Dalla parte delle imprese, non dei dogmi: Bruxelles cambia rotta sul Green Deal
Con la spinta dell’Italia, l’Europa apre alla flessibilità su biocarburanti, crediti di carbonio ed Ets per tutelare industria e lavoro
Ormai emerge chiaramente che l’Italia, negli ultimi tre anni, da quando è governata da un esecutivo targato Meloni, incide in modo crescente sulle scelte europee.
Una discontinuità rispetto ai precedenti governi, nei quali ci si limitava a recepire decisioni prese altrove.
Green Deal: cosa cambia davvero
L’accordo raggiunto a Bruxelles introduce maggiore flessibilità nella realizzazione degli obiettivi climatici fissati per il 2040. Resta l’obiettivo della riduzione del 90% delle emissioni, ma con la possibilità per gli Stati di utilizzare fino al 10% di crediti di carbonio internazionali o nazionali.
Viene inoltre riconosciuto il ruolo dei biocarburanti, che potranno affiancare l’elettrico nella decarbonizzazione dei trasporti, con particolare attenzione a quelli avanzati, già sviluppati nel sistema produttivo italiano.
Per quanto riguarda il sistema Ets – che prevede l’obbligo per le aziende di pagare per ogni tonnellata di CO₂ emessa – l’estensione a nuovi settori come trasporti e riscaldamento domestico avverrà con tempi più dilatati, così da contenere l’impatto economico immediato su famiglie e imprese.
Il ruolo dell’Italia e della nuova alleanza
L’Italia ha promosso una coalizione alternativa all’asse franco-tedesco, con il sostegno di Paesi come Polonia, Ungheria, Grecia e Repubblica Ceca. L’obiettivo condiviso era introdurre più flessibilità e tenere conto delle diverse condizioni industriali all’interno dell’Ue.
In questo contesto, è stato riaffermato il principio di neutralità tecnologica: non esiste una sola strada per raggiungere la transizione ecologica. Accanto all’elettrico, trovano spazio anche altre tecnologie, tra cui i biocarburanti e le soluzioni ibride, più accessibili per ampie fasce di cittadini e imprese.
Prospettive politiche e industriali
Per il governo italiano si tratta di un successo politico, ma anche di un passaggio chiave per le imprese, che ora avranno più strumenti per adattarsi alla transizione ecologica. Resta però la sfida di rendere operative le nuove regole, evitando che la sostenibilità resti solo sulla carta.
Per l’Unione europea, invece, si apre una fase più pragmatica, in cui il Green Deal dovrà misurarsi non solo con i traguardi ambientali, ma anche con la tenuta economica e sociale del continente. Una transizione efficace richiede equilibrio, gradualità e coinvolgimento reale delle economie nazionali.
Vince il pragmatismo
L’accordo segna un punto di svolta anche sul piano del metodo: più attenzione al confronto tra Stati, più ascolto verso le esigenze produttive e territoriali. Se il Green Deal vuole avere successo, dovrà continuare a seguire questa impostazione realistica e multilaterale.
E l’Italia, dimostrando che una linea di equilibrio tra ambiente ed economia è possibile, conferma che più incide nelle scelte europee, più contribuisce a renderle efficaci e condivise.