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Da Salis a Landini, tutti fan della settimana corta: zero idee, tanta propaganda

Campo caos

Da Salis a Landini, tutti fan della settimana corta: zero idee, tanta propaganda

Lei sogna la settimana corta, lui la istituisce a colpi di scioperi, ma il Paese reale non li ascolta più

Il punto - di Bianca Elisi - 9 Novembre 2025 alle 17:37

L’europarlamentare Avs Ilaria Salis propone sui social di lavorare quattro giorni anziché cinque. Idea buona per far parlare di sé, ma scollegata dal Paese reale: quello che alza le saracinesche, manda avanti le aziende, garantisce servizi e non può permettersi il lusso di fermarsi.

Nel frattempo, il segretario della Cgil Maurizio Landini proclama l’ennesimo sciopero generale di venerdì. Lei sogna la settimana corta, lui la istituisce a colpi di scioperi, come se l’Italia potesse permettersi un weekend lungo ogni settimana. Stesso copione, stesso messaggio: il lavoro come terreno di battaglia ideologica, non come responsabilità concreta. Due modi diversi di immaginare un Paese che lavora sempre meno e discute sempre di più.

La verità è che la settimana corta, oggi, è una suggestione. Può funzionare dove produttività, tecnologia e investimenti lo consentono; altrove resta una bandiera agitata per propaganda. E lo sciopero del venerdì non è molto diverso. È un rito ripetuto, più utile a farsi notare, a consolidare ruoli e visibilità che a migliorare la condizione dei lavoratori.

Dietro slogan e utopie, poco o nulla. I problemi veri – salari, sicurezza, occupazione – si affrontano con riforme e responsabilità, non con tweet e megafoni. Il governo Meloni lo sta facendo, passo dopo passo, tra mille difficoltà ma con una direzione chiara. Lontano dalle scorciatoie della demagogia.

Salis e Landini vivono ciascuno nella propria bolla. Quella da privilegiata della Salis, paracadutata dalle carceri ungheresi agli agi di Bruxelles, è perfetta per la retorica social. Quella di Landini è gonfia di comizi e riflette la realtà di un sindacato sempre più chiuso nel passato, rappresentante di un mondo che cambia senza di lui. Entrambi parlano a un Paese che non li ascolta più, i sondaggi sul gradimento del governo e lo stato di salute dei partiti della maggioranza lo dimostrano: chi lavora davvero non può permettersi né le utopie né i venerdì di protesta.

Due percorsi diversi, stesso risultato: parole tante, soluzioni poche. È lo specchio del vuoto di idee che alberga a sinistra. Il Paese reale, intanto, continua a lavorare, spesso in silenzio, mentre loro scelgono tra un altro post e un nuovo sciopero del venerdì. Dopotutto, per chi predica la settimana corta, è sempre tempo di weekend.

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di Bianca Elisi - 9 Novembre 2025