Campo caos
Da Salis a Landini, tutti fan della settimana corta: zero idee, tanta propaganda
Lei sogna la settimana corta, lui la istituisce a colpi di scioperi, ma il Paese reale non li ascolta più
L’europarlamentare Avs Ilaria Salis propone sui social di lavorare quattro giorni anziché cinque. Idea buona per far parlare di sé, ma scollegata dal Paese reale: quello che alza le saracinesche, manda avanti le aziende, garantisce servizi e non può permettersi il lusso di fermarsi.
Nel frattempo, il segretario della Cgil Maurizio Landini proclama l’ennesimo sciopero generale di venerdì. Lei sogna la settimana corta, lui la istituisce a colpi di scioperi, come se l’Italia potesse permettersi un weekend lungo ogni settimana. Stesso copione, stesso messaggio: il lavoro come terreno di battaglia ideologica, non come responsabilità concreta. Due modi diversi di immaginare un Paese che lavora sempre meno e discute sempre di più.
La verità è che la settimana corta, oggi, è una suggestione. Può funzionare dove produttività, tecnologia e investimenti lo consentono; altrove resta una bandiera agitata per propaganda. E lo sciopero del venerdì non è molto diverso. È un rito ripetuto, più utile a farsi notare, a consolidare ruoli e visibilità che a migliorare la condizione dei lavoratori.
Dietro slogan e utopie, poco o nulla. I problemi veri – salari, sicurezza, occupazione – si affrontano con riforme e responsabilità, non con tweet e megafoni. Il governo Meloni lo sta facendo, passo dopo passo, tra mille difficoltà ma con una direzione chiara. Lontano dalle scorciatoie della demagogia.
Salis e Landini vivono ciascuno nella propria bolla. Quella da privilegiata della Salis, paracadutata dalle carceri ungheresi agli agi di Bruxelles, è perfetta per la retorica social. Quella di Landini è gonfia di comizi e riflette la realtà di un sindacato sempre più chiuso nel passato, rappresentante di un mondo che cambia senza di lui. Entrambi parlano a un Paese che non li ascolta più, i sondaggi sul gradimento del governo e lo stato di salute dei partiti della maggioranza lo dimostrano: chi lavora davvero non può permettersi né le utopie né i venerdì di protesta.
Due percorsi diversi, stesso risultato: parole tante, soluzioni poche. È lo specchio del vuoto di idee che alberga a sinistra. Il Paese reale, intanto, continua a lavorare, spesso in silenzio, mentre loro scelgono tra un altro post e un nuovo sciopero del venerdì. Dopotutto, per chi predica la settimana corta, è sempre tempo di weekend.