
L'iniziativa del Mic
Promuovere la valorizzazione culturale attraverso il Partenariato speciale pubblico-privato: ecco di che si tratta
Da questa estate è in corso una trasformazione significativa nella gestione del patrimonio culturale. Lo scorso 1 agosto, infatti, il Ministero della Cultura, attraverso il “Dipartimento per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale” (Diva), ha pubblicato una circolare con le linee guida del cosiddetto Pspp, “Partenariato speciale pubblico-privato”, che segna un cambio di passo atteso da anni per gli istituti e i luoghi della cultura italiani. In pratica, si dà il via alla possibilità di alleanze stabili che consentano al pubblico e ai privati (tra cui imprese culturali, fondazioni, ma anche enti del Terzo Settore) di collaborare in modo più stretto.
Il nuovo sistema supera la logica dell’appalto pubblico di servizi o della concessione, per approdare a un modello che si basa sulla co-progettazione e sulla cogestione. Dunque, muta il rapporto tra gli attori in campo, poiché cambiano le finalità, ma anche, e in modo sostanziale, le modalità di attuazione. Le nuove linee guida, infatti, consentono che il partner privato contribuisca sia alla fase della progettazione che all’attuazione degli interventi che si rendono necessari per la gestione, la fruizione e la valorizzazione dei beni culturali.
Il nuovo “Partenariato speciale pubblico-privato” per la valorizzazione dei beni culturali
“La finalità generale alla base dei partenariati speciali – si legge nelle linee guida – è l’individuazione di azioni condivise, orientate alla valorizzazione dei beni culturali e attuata attraverso il coinvolgimento diretto dei privati”. Il Partenariato speciale si distingue soprattutto dalla semplice concessione, perché si concentra sulla valorizzazione complessiva e non solo sulla gestione dei servizi. Questo avviene grazie alla partecipazione degli interessati a un progetto strategico, che miri a un impatto più profondo e duraturo sul bene culturale. Uno strumento, che nella sua applicazione, risulta decisamente più flessibile rispetto ai modelli tradizionali, anche perché, a differenza delle altre forme regolate dal Codice dei Beni Culturali, gli interventi e le azioni previste saranno finanziate direttamente grazie all’attività svolta dallo stesso privato. L’amministrazione pubblica manterrà il controllo dell’effettivo perseguimento degli obiettivi generali, la supervisione sulle finalità culturali del progetto che dovrà essere realizzato dal partner che se ne fa carico, e la condivisione dei risultati.
Dunque, il privato assume un ruolo più ampio rispetto alla sola offerta di un servizio, diventando una sorta di “alleato” del pubblico nella definizione e nell’attuazione di un progetto complessivo. Queste le parole delle linee guida che segnano maggiormente la distanza rispetto alle altre modalità: “Nel Partenariato speciale – evidenzia il documento ministeriale – a differenza degli strumenti concessori, il bene culturale affidato in gestione resta pienamente nel perimetro dell’azione pubblica mentre al privato vengono affidati compiti operativi di gestione in un quadro condiviso di fruizione e valorizzazione del bene. Nell’ambito del partenariato speciale si realizza pertanto, tra parte pubblica e privata, […] una comunione di scopo, che consente di co-progettare e parametrare non solo i servizi ma le scelte strategiche e gestorie inerenti la valorizzazione del bene culturale”.
I principi a cui si ispira la nuova iniziativa
Tra i principi a cui ci si ispira c’è quello della partecipazione attiva della società civile. Un modo per affermare la cosiddetta “sussidiarietà orizzontale” prevista dalla nostra Costituzione, che impegna gli enti pubblici a favorire l’iniziativa dei cittadini, singoli e associati, allo svolgimento di attività di interesse generale; ma anche, in linea con fondamenti della Convenzione di Faro del 2005, per incoraggiare la partecipazione delle comunità ad essere attivamente coinvolte nella valorizzazione del patrimonio culturale.
“La finalità della norma è riconducibile in forma esplicita alla promozione, fruizione e valorizzazione dei beni culturali”, recita espressamente il testo delle linee guida ministeriali. Pertanto, risultano ammesse tutte quelle attività che siano orientate a realizzare questi obiettivi. E anche le attività di conservazione, restauro, recupero, manutenzione programmata, ricerca scientifica e di gestione potrebbero rientrare nell’ambito applicativo del Partenariato, ma sempre “nella misura in cui siano orientate alla fruizione e alla valorizzazione del patrimonio culturale”.
L’accesso al “Partenariato speciale pubblico-privato”
Oltre a queste, tra le possibilità di accesso al “Partenariato speciale pubblico-privato” c’è quella di gestire beni culturali in disuso o sottoutilizzati, nei casi in cui questi necessitino, per esser resi fruibili, di un progetto culturale e di gestione complessivo. Le linee guida del Ministero della Cultura hanno anche l’obiettivo di prevenire alcune possibili criticità legate all’applicazione concreta di questo strumento. Coinvolgendo in modo significativo i soggetti privati, infatti, c’è il rischio che l’attrattività commerciale possa prevalere sull’identità e sulla missione culturale dei luoghi. Allo stesso modo, è fondamentale evitare che l’autonomia delle istituzioni culturali possa essere compromessa da interessi esterni.
Proprio per questo, le linee guida svolgono un ruolo essenziale: definiscono un quadro regolatorio chiaro che preserva la natura pubblica e culturale delle istituzioni e garantisce che le collaborazioni con i partner privati si sviluppino nel rispetto delle loro finalità originarie. Con questo strumento, in sostanza, si vogliono superare le rigidità delle forme di collaborazione precedenti, sia perché sono previste procedure più snelle rispetto a quelle dei pubblici contratti, sia perché si incoraggiano nuove alleanze, per garantire vantaggi agli istituti e ai luoghi della cultura pubblici, non demonizzando i privati ma fissando l’ambito del loro coinvolgimento: uno strumento innovativo che – se utilizzato bene – potrà esprimere una migliore e più ampia fruizione del nostro patrimonio culturale e una sua più compiuta valorizzazione.