
Il commento
Nella piazza Pro Pal il solito copione della sinistra: una propaganda che fa male alla “causa” e ai cittadini
Disordini, violenza, incendi, scontri, toni esasperati e atti vandalici: la certezza che emerge dalle le manifestazioni delle ultime ore organizzate da sedicenti pro Pal è che queste mobilitazioni non hanno nulla a che vedere con il sostegno alla causa palestinese. Perché non c’è cittadino, un solo cittadino, che dopo aver ascoltato il grido «blocchiamo tutto» e aver visto le immagini che arrivano da diverse piazze e università italiane, abbia preso posizione o provato empatia per il popolo di Gaza.
Anzi, paradossalmente iniziative come quelle che stiamo vedendo e che i sindacati e la sinistra stanno cavalcando, annunciando scioperi e proteste, oltre a creare una spaccatura nell’opinione pubblica e propinare nuovi possibili loro beniamini mandandoli in tv, esacerbano gli animi e allontanano le persone dal tema.
Un tema che invece potrebbe essere condiviso, ma che qualcuno vuole usare come strumento di propaganda e di divisione. Allora è tempo di togliere la maschera: la sinistra ammetta di seguire sempre lo stesso copione quando si tratta di trovare una unione di tutti su questioni delicate come quella che stiamo trattando oggi. Qui l’obiettivo non è costruire ma distruggere, non è portare aiuti a chi soffre in nome della pace ma creare caos nelle città, spacciando iniziative dei soliti noti, figli di papà ormai attempati e di una certa età, come mobilitazioni di studenti o anime belle.
L’esatto opposto della narrazione che in molti hanno voluto costruire intorno alla Flotilla e che oggi, attraverso questi amici rimasti a casa a dar battaglia, mostra il suo vero volto: una macchina di banale propaganda, che segue i tempi della campagna elettorale e che si muove con l’unico scopo di attaccare il governo Meloni. Un esecutivo eletto dagli italiani e che gode del consenso di quelle persone che si muovono con i mezzi pubblici per andare al lavoro, che viaggiano sui treni regionali tutti i giorni perché pendolari, che con sacrificio pagano le rette universitarie e che chiedono solo di non dover subire disagi per una causa importante trasformata in pretesto. Il finale di queste proteste è come un film già visto: i risultati non si raggiungono, le cause si perdono, ma i danni restano.