
Umanesimo e tecniche antiche
Le sculture di Gianfranco Meggiato restituiscono il corpo alle icone: a Padova una mostra che “rifiuta le gabbie”
Camminando per Padova, ci si accorge come la storia incontri la riflessione attuale sull’uomo e sull’arte per fondersi in un tutt’uno. Una possibilità che avviene quando la geometria austera delle pietre medievali si infrange davanti a un gesto contemporaneo che respira di atmosfere classiche. Fino al 31 marzo 2026, la città ospita una mostra eccezionale, che dà la possibilità di riflettere su un nuovo Umanesimo che tocca ferro e bronzo per parlare a ciascuno di noi. Il protagonista è Gianfranco Meggiato, scultore veneziano che ha dato vita alla mostra “Il bacio di Giuda”, il ritorno alla plasticità: una grande esposizione urbana, che, attraverso quattordici sculture disseminate tra centro storico e periferia, appare come un omaggio a Giotto e alla sua riscoperta delle forme. Dai Giardini dell’Arena alla Galleria Cavour, dal Listòn alle pieghe meno celebrate della città, Padova diventa un immenso corpo e le opere di Meggiato ne sono i punti di pulsazione. La mostra è curata da Jon Wood e Nicola Galvan, promossa dal Comune di Padova e organizzata in collaborazione con la Fundación de Arte y Cultura Gianfranco Meggiato. Il percorso espositivo ha il suo fulcro là dove tutto, in Italia, è iniziato davvero: Giotto e la Cappella degli Scrovegni.
Le sculture di Gianfranco Meggiato: restituzione del corpo alle icone
Quando nel Trecento il pittore fiorentino restituì corpo e gravità agli angeli e ai santi, demoliva un paradigma, restituendo carne alle sue opere, comprendendo che lo spirituale, se non abita nel corpo e si fonde con questo, sarebbe rimasto un concetto sterile. E così permise che il cielo scendesse davvero sulla terra. Meggiato raccoglie quel “terremoto culturale” e lo traduce in metallo incandescente. “Il bacio di Giuda”, installato lungo il percorso che conduce alla Cappella, è il centro magnetico dell’intera mostra diffusa. Otto figure nere attorno a una sola, splendente di luce e sole. Cristo che si innalza in una spirale sembra voler bucare l’aria. Pietro, a sinistra, vibra la spada in un gesto antico quanto la rabbia dell’uomo. A destra tre sagome serrano il cerchio dell’arresto. Ma è l’abbraccio al centro, quello tra Giuda e Cristo, a trattenere lo sguardo. Perché non è solo tradimento storico: è tradimento esistenziale.
Il tradimento che compiamo ogni volta che cediamo a ciò che siamo di meno. E che oggi ha un significato di grandissima attualità, ogniqualvolta l’essere umano tradisce il proprio ruolo cosmico, abbandonandosi a violenza, distruzione e brutalità. Ma il progetto non si esaurisce in quel culmine. Padova viene attraversata da altre tredici presenze, collocate con la precisione di un’antica liturgia. Lo Specchio dell’Assoluto si erge luminoso e bianco davanti al Museo Eremitani. Attimo Fuggente respira tra piazza Eremitani e corso Garibaldi, ricordando che l’esistenza è un lampo e che la vita non va subita, ma vissuta nel presente, mediante un gesto quotidiano. Sfera Conchiglia brilla nei giardini lungo il cammino verso la Cappella, richiudendo in sé la metafora più antica: dentro ciò che è duro si cela una perla. Sfera Sirio, nei Giardini dell’Arena Romana, invita il passante a quello sguardo verso l’assoluto che l’uomo moderno ha dimenticato.
Verso la libertà: le sculture di Meggiato rifiutano le gabbie
“Verso la libertà”, nella Galleria Cavour, allarga le forme come un respiro che rifiuta le gabbie e senza voler andare in ogni direzione. Mistral, collocata nell’ex piazzale Boschetti, è tutta avvolgimenti rossi, come vento che decide di farsi terra e pare sorgere dal prato immersa in un mare di rose. E poi la scelta necessaria, quasi politica: collocare “L’Uomo quantico” e “Anima latina” lontano dai percorsi nobili. Non come opere “periferiche”, ma come possibilità di riscatto e rigenerazione urbana di luoghi un tempo trascurati. Perché un’arte che parla solo ai salotti cittadini è già morta. Solo quando scende dove la città si fa quotidiana — supermercato, fermata dell’autobus, marciapiede slabbrato — può ancora trasformare. In questo, l’artista è in sintonia con l’assessorato alla Cultura della Città e con il suo rappresentante istituzionale Andrea Colasio, che, da tempo, sta lavorando per far rinascere luoghi periferici di Padova, mediante progetti e iniziative di grande respiro sociale e culturale.
Meggiato lavora bronzo e alluminio con tecniche antichissime: fusione a cera persa, fusione a staffa. Ciò che colpisce non è la dimensione — talvolta imponente, fino a sei metri e oltre — ma il fatto che le forme delle sue sculture non sono mai finte. Recano dentro una verità. Hanno qualcosa di organico pur essendo metalliche. Come se respirassero. C’è differenza tra posizionare una scultura in piazza e piantare una domanda nel cuore. Qui avviene la seconda cosa. Ogni statua chiede: “Sei ancora fatto di carne o sei diventato solo spettatore?” Perché il vero compito dell’arte è parlare a chi ha il cuore aperto e lo sguardo vivente. In questo modo può rivelare un cosmo interiore che altro non è se non la proiezione intima e umana di quello universale.
Il parere degli esperti sulle sculture: “Un invito a ricordare chi siamo davvero”
“Il tradimento di Giuda – spiega Gianfranco Meggiato – non riguarda soltanto l’episodio evangelico, ma è il simbolo di ciò che noi stessi commettiamo verso la nostra essenza più profonda. La mia scultura vuole essere un invito a ricordare chi siamo davvero: esseri spirituali in corpi fisici. Solo accettando questa consapevolezza possiamo comprendere che la realtà materiale non è altro che un pensiero reso visibile. Perché, consapevoli o no, siamo tutti Uno”. “La plasticità – evidenzia Jon Wood – viene riattivata mentre la scultura semplifica ed essenzializza le forme corporee della composizione originale di Giotto, concentrandosi su quei punti di contatto dinamici, su quelle scintille in cui l’energia si sprigiona tra le forme”.
“Le sculture di Meggiato – sottolinea Nicola Galvan – con le loro forme mutevoli e ascendenti, evocano l’impermanenza di ciò che ci circonda e ne rivelano il divenire nel tempo. L’artista cerca le tracce di un pensiero dell’Universo che tutto lega e raccorda, instaurando con lo spettatore un legame profondo che lo conduce a guardare la realtà e l’arte stessa attraverso uno sguardo trasformato”. L’incontro tra Giotto e Meggiato, tra l’arte medievale che guardava al rapporto tra l’Uomo e il Divino e la scultura contemporanea che richiama la fisica quantistica, diventa così un’occasione per Padova di celebrare la propria storia artistica e culturale e, allo stesso tempo, di proiettarsi verso nuove prospettive, dove bellezza, energia e spiritualità si fondono in un unico messaggio universale.