
L'intervista
Gandolfini: “Educazione sessuale a scuola? No, grazie. Solo un pretesto per la propaganda gender”
“Materie così delicate e con un risvolto morale così sensibile ritengo debbano essere trattate da parte di chi ha la responsabilità genitoriale perché sono materie che toccano i valori, i principi e la fede dei genitori”. Il neurochirurgo Massimo Gandolfini, storico leader del Family Day, interviene così sul dibattito relativo al divieto dell’educazione sessuale e affettiva alle elementari e alle medie.
La sinistra sostiene che sarebbe meglio educare tutti fin da bambini al rispetto dell’altro sesso come forma di contrasto al femminicidio. Ma, secondo lei, questo potrebbe davvero essere utile ad arginare tale fenomeno?
“Sono due temi completamente diversi. Un conto è l’educazione alla sessualità e all’affettività e un conto è l’educazione a un virtuoso e normale civismo. Sono assolutamente favorevole a lezioni di civismo all’interno delle ore di italiano, di storia o di educazione civica per contrastare questa terribile piaga della violenza sulle donne. Questo, però, non c’entra nulla con l’educazione sessuale nelle scuole.
Ma quali sono i rischi nel fare educazione sessuale e affettiva nelle scuole?
“Introdurre l’educazione affettiva nelle scuole significa introdurre impostazioni ideologiche che oggi vanno molto di moda come le teorie di gender che non fanno parte della nostra cultura e sono contrarie alla legge naturale. È già successo in decine di scuole che sia stata impartita l’ideologia gender che non ha nulla a che fare con l’affettività naturale e rispettosa che deve esistere tra persone dello stesso sesso e di sesso diverso.
Cosa pensa delle proposte di legge presenti in Parlamento per rendere obbligatorio il consenso informato ai genitori per l’insegnamento di materie come l’educazione sessuale e affettiva?
“Sono molto favorevole a questo tipo di disegni di legge perché si deve dare ai genitori la responsabilità che compete al loro ruolo di padri e madri. I genitori devono essere liberi di impedire che i propri figli vengano sottoposti a indottrinamenti di questo tipo. Anzi, mi vergogno laddove si evoca il fascismo quando si parla di questi provvedimenti. La dittatura è quella che impone una determinata visione ideologica. Il consenso informato è un principio di democrazia”.
Lei crede che le famiglie siano davvero così responsabili da insegnare l’educazione all’affettività ai loro figli?
“Penso che probabilmente non tutte le famiglie sono attrezzate a impartire determinati insegnamenti. Quando noi eravamo minorenni non tutte le famiglie avevano fatto corsi di pedagogia, ma moltissime credono nei valori tradizionali. Detto ciò, questa legge non toglie libertà a nessuno, ma anzi protegge chi è contro a un certo indottrinamento. Noi, come associazioni delle famiglie, chiediamo inoltre che si stabilisca un corso alternativo per i ragazzi che non partecipano all’ora di educazione sessuale.