
C'è un giudice a Strasburgo
Coppie gay, non tutta la Cedu viene per nuocere: la Corte dà ragione alla linea del governo sulle trascrizioni anagrafiche
Per il tribunale di Strasburgo il mancato inserimento del genitore intenzionale nell'atto di nascita non lede in alcun modo i diritti del bambino: per salvaguardare il legame legale esiste l'adozione
La Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, dà ragione alla linea del governo italiano sulla trascrizione anagrafica dei figli delle coppie gay: non è obbligatorio trascrivere anche il genitore intenzionale nell’atto di nascita e, soprattutto, non farlo non lede alcun diritto del bambino. Il secondo genitore può infatti ricorrere al canale dell’adozione, come ha sempre ricordato l’esecutivo nelle controversie sulla materia.
Sulla trascrizione dei figli delle coppie gay la Cedu la pensa come il governo
La sentenza della Cedu riguarda il caso di due donne che avevano presentato ricorso contro il rifiuto dell’Italia di inserire il nome della madre intenzionale nell’atto di nascita del bambino, venuto al mondo nel 2018 grazie a procreazione assistita all’estero. Il ricorso è stato respinto perché «nessuna violazione dell’articolo 8 è stata riscontrata». L’articolo 8 della Convenzione europea fa riferimento al diritto al rispetto della vita privata e familiare.
«Nessuna violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare»
Nel comunicato stampa inerente la sentenza si legge che «facendo affidamento sull’articolo 8 della Convenzione, il ricorrente lamenta una violazione della sua vita privata e familiare a causa della perdita, cinque anni dopo la nascita, del rapporto legale genitore-figlio con la madre intenzionale», ma «almeno a partire dal 2014 diversi tribunali italiani hanno iniziato ad ammettere il ricorso da parte del genitore intenzionale all’adozione in casi particolari, approccio che è stato poi sancito dalla Corte di cassazione». Dunque, la strada per evitare la perdita del rapporto legale genitore-figlio esiste a prescindere dalla trascrizione sul certificato di nascita. Inoltre, ha sottolineato la Corte, «l’intervento dello Stato non ha interrotto la vita familiare del bambino», che vive con le due donne, e che nel tempo ha sempre conservato la filiazione con la madre biologica.
Corte europea vs Corte costituzionale
La sentenza della Cedu, inoltre, fornisce una diversa indicazione rispetto alla sentenza con cui la Corte costituzionale, con una sentenza pubblicata nel maggio del 2025, aveva dichiarato incostituzionale il divieto per le coppie omosessuali di donne di essere riconosciute entrambe come genitori di un figlio nato da tecniche di procreazione medicalmente assistita (Pma), affermando l’importanza dell’interesse del minore e della genitorialità intenzionale come la genitorialità biologica.
Il parere dell’esperto: «La decisione di Strasburgo è più coerente ed è molto importante»
Secondo Emanuele Bilotti, professore ordinario all’Università europea di Roma, tra i massimi esperti sul tema, «questa sentenza della Corte di Strasburgo ci fa capire che la Corte costituzionale ha ritenuto di andare al di là del vincolo internazionale derivante dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché la soluzione che ha adottato non è imposta dalla Convenzione. Secondo la Corte di Strasburgo, infatti, la soluzione adottiva elaborata dalla giurisprudenza italiana era adeguata al vincolo internazionale». Per il professore, sentito dall’agenzia di stampa Adnkronos, «semplicemente le norme sono interpretate da due giudici diversi, mossi da esigenze diverse: un giudice internazionale ed un giudice costituzionale nazionale». Ma «la soluzione di Strasburgo è a mio modo di vedere maggiormente condivisibile perché coerente con il divieto. Si tratta – ha concluso Bilotti – di una decisione molto importante, con precedenti conformi».