Musica e parole per Cremino
“Cinquanta anni con te”: a Roma al teatro San Luca il Memorial in ricordo di Mario Zicchieri
Mezzo secolo, tanto è passato dall’omicidio di Mario Zicchieri, uno dei più giovani caduti di destra sotto il fuoco degli anni di piombo. Poco più che sedicenne Mario, detto “Cremino”, il 29 ottobre 1975, fu freddato da un fucile a canne mozze in un agguato brigatista davanti alla sede della sezione missina di via Erasmo Gattamelata, nel quartiere Prenestino di Roma. Mario morì dissanguato, con lui fu ferito gravemente anche un altro militante del Fronte della Gioventù, Marco Luchetti, 15 anni.
Cinquant’anni fa l’omicidio di Mario Zicchieri, aveva 16 anni
Nei giorni precedenti estremisti di sinistra avevano sfondato la porta della sezione e, in attesa del fabbro per la riparazione, Mario e Marco controllano il passaggio mentre all’interno si tiene una riunione. A un certo si ferma un’auto con tre persone a bordo. Scendono due giovani a volto scoperto con il cappotto, gli occhiali da sole e un copricapo. I due ragazzi pensano che siano altri militanti del Fronte della Gioventù, venuti da un altro quartiere. Purtroppo si sbagliano. I due aprono il cappotto e tirano fuori i fucili a canne mozze sparando cinque colpi. Mario cade sul marciapiede, ferito all’inguine, in una pozza di sangue. Marco Luchetti rimane in piedi e riesce a entrare nella sezione per avvisare gli altri. Vengono soccorsi. Ma per Cremino che muore dissanguato non c’è nulla da fare, Marco si salva, anche se inizierà un lungo calvario di interventi chirurgici. I tre assassini risalgono sull’auto e ripartono, inseguiti da un simpatizzante missino, arrivato nel frattempo, che minacciano di uccidere se non desiste dall’inseguimento.
Il memorial in ricordo di Cremino: 50 anni con te
Come ogni anno alle ore 11 di mercoledì 29 ottobre verrà deposta una corona di alloro alla presenza delle istituzioni del V all’interno del “Giardino Mario Zicchieri” in piazza dei Condottieri, a duecento metri dal luogo dove fu ammazzato Cremino. Alle ore 19 al Teatro San Luca, in via Renzo da Ceri 136, si terrà l’evento “Cinquanta anni con te”, musica, parole, immagini in ricordo di Mario Zicchieri.
Una sezione sui generis: battaglie sociali e coscienza popolare
“Ragazzi meravigliosi e innocenti”, scrive Fabio Rampelli sui social annunciando il Memorial. “Quella sede dava alla sinistra radicale e terrorista particolarmente fastidio perché svolgeva battaglie contro il carovita. E campagne in favore delle persone socialmente più deboli. Tanto che la firma con cui venivano vergati manifesti e volantini era ‘Msi lotta popolare’.
A distanza di mezzo secolo ci ritroviamo al Teatro San Luca per dire a tutti che la violenza non è e non sarà mai uno strumento di lotta politica. Per salutare Mario Zicchieri e ricordare a lui e alla sua famiglia che ci hanno fatto sempre compagnia, che la nostra vittoria è indissolubilmente legata a lui. E che il suo sacrificio per l’Italia ha dato i suoi frutti. Ciao Mario, per mille anni ancora”.
Erano gli anni in cui uccidere un fascista non era un reato
Nel corso della serata porterà la sua testimonianza un superstite dell’attentato: Claudio Lombardo che era con Zicchieri e Luchetti quel pomeriggio nella sede del Msi. All’epoca le future Brigate Rosse si esercitavano con i ‘fasci’ per fare il salto di qualità nella lotta armata e poi alzare il bersaglio. Erano gli anni in cui ‘uccidere un fascista non era reato’, gli anni orribili del piombo e delle stragi. Gli anni in cui restavano sul selciato giovani colpevoli di nulla. Come Mario. Un ragazzo di destra, impegnato in un quartiere popolare difficilissimo, molto lontano dallo stereotipo del neo-fascista. Oggi Mario Zicchieri avrebbe 66 anni. Anche per lui nessuna giustizia.
Anche per Zicchieri nessuna giustizia, i brigatisti mai condannati
L’attentato non fu mai rivendicato anche se venne immediatamente attribuito all’area della sinistra eversiva. Durante il processo Moro la brigatista Emilia Libera fece i nomi dei tre componenti del commando: Valerio Morucci, Bruno Seghetti e Germano Maccari, allora militante di Potere Operaio. Il processo farsa si concluse con un nulla di fatto e i tre brigatisti vennero assolti tra lo sdegno della famiglia di Cremino e della comunità della destra. Nonostante le ammissioni dei pentiti e il riconoscimento di Morucci e Maccari da parte di Luchetti, il processo si chiuse con un’assoluzione per insufficienza di prove.