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Louvre furto Francia piste

Caccia ai ladri

Chi c’è dietro il furto al Louvre? Per la polizia francese molti indizi portano a una banda dell’Est Europa

Dietro la fuga perfetta, un museo vulnerabile: il rapporto della Corte dei conti rivela una sicurezza disomogenea e sottodimensionata rispetto ai rischi reali

Esteri - di Alice Carrazza - 21 Ottobre 2025 alle 10:15

Un montacarichi piazzato sulla via pubblica. Quattro uomini mascherati, due scooter e una manciata di minuti per infrangere la storia. Domenica mattina, all’alba, mentre la città si risvegliava lenta, il Louvre — simbolo per eccellenza della cultura francese — veniva trafitto nel suo cuore più nobile: la Galleria d’Apollon. Gioielli della Corona, custoditi sotto vetro tra le pareti affrescate da Le Brun e Delacroix, sono spariti sotto gli occhi ciechi delle telecamere. Otto pezzi inestimabili, dissolti nel nulla.

Il colpo del secolo

E mentre sessanta investigatori della brigata anticrimine della polizia giudiziaria e dell’Ufficio centrale per la lotta contro il traffico di beni culturali si affannano nella caccia, la procuratrice di Parigi Laure Beccuau è netta: «Tutte le ipotesi restano aperte. La rapina potrebbe essere stata commissionata da un collezionista, nel qual caso avremmo qualche speranza di recuperare i pezzi in buono stato, oppure compiuta da ladri interessati solo ai gioielli e ai metalli preziosi, magari utili per riciclare i proventi di attività criminali. Tutto può essere collegato al traffico di droga, date le ingenti somme di denaro coinvolte». Non esclude nemmeno l’“ingerenza straniera”, ma non è l’ipotesi privilegiata.

La pista balcanica e la memoria dei Pink Panthers

A dare corpo alle suggestioni, alcune testimonianze che avrebbero udito i banditi esprimersi in una lingua straniera. E torna lo spettro delle “Pantere rosa”, la famigerata rete criminale, in omaggio al film con Peter Sellers, composta da ex militari dell’ex Jugoslavia. La loro firma è leggenda: colpi fulminei, bersagli intoccabili, zero violenza diretta. E soprattutto, gioielli mai ritrovati.

Tra i precedenti, le rapine alla gioielleria Harry Winston nel 2007 e 2008 per un bottino complessivo di oltre 100 milioni di dollari, quella all’Hotel Carlton di Cannes nel 2013 (53 milioni) e alla Chaumet nel 2021 (due milioni di euro). Sempre a Parigi, sempre svaniti nel nulla.

“Abbiamo fallito”: lo smacco della sicurezza

Domenica, di fronte all’impossibilità di riaprire le sale ai visitatori, il Louvre ha scelto il silenzio delle sue porte chiuse. All’interno, i rilievi tecnici proseguivano. All’esterno, la Francia tratteneva il fiato, mentre il ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, ammetteva senza indugi: «Abbiamo fallito». E aggiungeva: «I criminali sono stati in grado di installare un montacarichi sulla via pubblica, far salire persone in pochi minuti per recuperare gioielli inestimabili e dare un’immagine deplorevole della Francia».

Poco dopo, la riunione di crisi tra i ministeri dell’Interno e della Cultura. Il risultato: una circolare ai prefetti per una verifica immediata dei sistemi di sicurezza nei siti culturali. Ma la ferita è aperta. Rachida Dati, ministra della Cultura, ha commentato: «La responsabilità risiede in quarant’anni di abbandono della questione della sicurezza. Abbiamo nascosto la polvere sotto il tappeto. Qualcuno si è mai interrogato sui dispositivi di sicurezza e di protezione degli istituti culturali? Non credo».

“Le collezioni sono in pericolo”

La Corte dei conti, già prima del furto, stava per rendere pubblico un rapporto severissimo. Le anticipazioni pubblicate da Le Figaro parlano di “ritardi persistenti” nell’installazione delle videocamere, concentrate solo nelle sale ristrutturate. Nell’ala Richelieu, il 75% delle sale è privo di sorveglianza. Nell’ala Sully, il dato scende al 60%.

Il documento denuncia inoltre “una tendenza a fare dei lavori previsti nei piani direttori una variabile di aggiustamento”. Parole che riecheggiano quelle del sindacato Sud, che a gennaio, di fronte all’annuncio del progetto “Louvre Nouvelle Renaissance“, dichiarava: «Questi grandi lavori sono assurdi e le dichiarazioni presidenziali fuori dalla realtà. L’urgenza riguarda i tetti, i servizi igienici e l’illuminazione. Le collezioni sono in pericolo».

Il Louvre, gloria ferita

Visitato da 9 milioni di persone nel 2024, di cui l’80% stranieri, il Louvre oggi appare vulnerabile. «Abbiamo raggiunto un livello di obsolescenza inquietante», aveva avvertito a gennaio la direttrice Laurence des Cars. Lo Stato ha stanziato 10 milioni per interventi urgenti, ma inutili a evitare quello che i media non esitano a chiamare “il colpo del secolo”.

L’eco dell’incendio di Notre-Dame o del furto della Gioconda nel 1911 ritorna potente. Allora fu Vincenzo Peruggia, patriota maldestro, a trafugare il capolavoro di Leonardo. Oggi non c’è ideologia, né nazionalismo: solo denaro e un sistema che si sbriciola.

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di Alice Carrazza - 21 Ottobre 2025