
Cinque anni dalla scomparsa
Willy Monteiro, il ragazzo che sfidò la violenza. Colleferro e Mattarella lo ricordano: “Un italiano esemplare”
Il presidente della Repubblica: "Nelle società di oggi riaffiora un clima di avversione e rancore di reciproco rifiuto che giunge all’omicidio. Sui social e non solo su di essi vengono amplificate parole di odio"
La memoria non si spegne. A cinque anni dalla notte che ha consegnato Willy Monteiro Duarte alla tragedia nazionale, il Paese intero torna a interrogarsi. Un ragazzo di ventun anni, un aspirante chef, ucciso a calci e pugni per aver fatto ciò che pochi fanno: mettersi in mezzo per fermare una rissa.
Le parole di Mattarella
Ieri, nella piazza che porta il suo nome, la comunità di Colleferro si è raccolta attorno al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Willy è un nostro ragazzo, ucciso da una violenza cieca, insensata, brutale. Ucciso mentre cercava di difendere un amico, di placare gli animi, di evitare che si scatenasse una rissa. Voleva evitare la violenza e la violenza, invece, è esplosa contro di lui», le parole del presidente.
“Willy è un italiano esemplare”
Il Capo dello Stato lo ha detto chiaramente: «Willy è un italiano esemplare». Poi il richiamo al dovere del ricordo, che non è rituale ma coscienza: «Ricordiamo con affetto Willy. Insieme ai suoi familiari. E insieme ai suoi amici. E non dimentichiamo. Siamo qui, nel quinto anniversario, appunto perché non vogliamo dimenticare. Fa bene Colleferro, con il suo sindaco, a far memoria di Willy, a proporla all’attenzione dei giovani e della comunità con gesti e con eventi. La storia di una comunità è segnata da eventi e purtroppo da lutti, da lacerazioni e anche da sacrifici che scuotono le coscienze».
Il nodo giudiziario
Dietro la cerimonia resta il peso delle aule di tribunale. Cinque anni, quattro gradi di giudizio e ancora nessuna parola definitiva. I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, già condannati rispettivamente all’ergastolo e a 28 anni in appello, vedranno la Cassazione esaminare i ricorsi delle loro difese. Si contesta la proporzione della pena, si invocano difficoltà rieducative dovute ai continui trasferimenti di Marco, si chiede di ridurre la condanna di Gabriele a 24 anni, il massimo previsto dal codice.
Un percorso giudiziario già segnato da capovolgimenti: dall’ergastolo in primo grado per entrambi, alla riduzione in appello, fino all’annullamento deciso dalla Cassazione che ha imposto un nuovo processo. La sentenza di marzo, quella che ha distinto la responsabilità dei due fratelli, non ha chiuso la vicenda. Definitive, invece, le condanne per gli altri imputati: 23 anni a Francesco Belleggia, 21 a Mario Pincarelli.
L’avvertimento di Mattarella
La voce del Presidente ha rotto l’abitudine del ricordo di circostanza e affrontato il tema dell’odio che non sente ragioni, tornato negli ultimi giorni al centro del dibattito: «Nelle società di oggi riaffiora un clima di avversione e rancore di reciproco rifiuto che spesso sfocia nella violenza e giunge all’omicidio. Sui social e non solo su di essi vengono amplificate parole di odio che vengono accompagnate da una narrazione per generare sfiducia per provocare conflitti, divisioni e scontri».