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La consigliera di FdI a Genova, Alessandra Bianchi. Nell’altra foto, il sindaco Silvia Salis

L'intervista

Piazzale Loreto evocato dal Pd a Genova, parla la consigliera di FdI Bianchi: «Salis e la sinistra hanno cercato di minimizzare»

«Mi domando che differenza c'è tra i centri sociali che postano la foto di Kirk a testa in giù e un eletto del Pd che dice "vi abbiamo già appeso per i piedi una volta". Sarei curiosa di avere la risposta dai vertici dem. La prima cittadina una moderata? Va chiesto a chi lo dice, a me non lo sembra molto»

Politica - di Annamaria Gravino - 17 Settembre 2025 alle 16:19

Nel corso della seduta del consiglio comunale, la capogruppo di FdI a Genova, Alessandra Bianchi, non era sicura di aver sentito bene. C’era un gran caos e quella frase urlata al suo indirizzo dal collega Pd, Claudio Chiarotti – «non dire cazz…te, vi abbiamo già appeso per i piedi una volta» – le era parsa davvero troppo oltre i limiti. È stato riascoltando il video del consiglio e leggendo un articolo di Genova24 che ne dava conto che ha avuto la conferma che, sì, l’esponente dem aveva detto proprio così. Presentato il caso nelle sedi istituzionali, si sarebbe aspettata un’immediata presa di distanza da parte del presidente del consiglio, dei gruppi di maggioranza e del sindaco Silvia Salis. «Invece hanno cercato di minimizzare, il sindaco mi ha detto che a fine consiglio avrei potuto intervenire come fatto personale, ma questo non è un fatto personale: è qualcosa che offende le istituzioni, prima che me e la mia comunità, ed è un gravissimo atto di irresponsabilità in un clima politico infuocato come quello che viviamo», racconta Bianchi al Secolo.

Consigliera, da cosa scaturisce una tale violenza verbale?

Nello specifico dalla nostra richiesta di tributare un minuto di silenzio alla memoria di Charlie Kirk. La maggioranza si è opposta, il presidente ha deciso di metterlo ai voti in capigruppo e la proposta è stata bocciata.

Voi però avete lo avete ugualmente ricordato in Aula.

Sì, abbiamo esposto i cartelli “Provami che ho torto”. Non c’era una ragione per vietare quel ricordo, lo avrebbe tributato il presidente, quindi non ci sarebbe stato alcun accenno politico. Chiedevamo solo di mandare un messaggio contro la violenza politica e l’odio ideologico. E questa è stata la risposta.

Perché si sono opposti?

Perché parlano tanto di diritti, di libertà di parola, ma poi alla prova dei fatti confermano sempre che l’unico diritto di parola che vogliono difendere è il loro. Oltre gli slogan non c’è nulla. Non c’è alcuna capacità di accogliere le opinioni diverse, ci sono solo doppia morale e senso di superiorità.

Chiarotti si è scusato.

Sì, dicendo che sono cose che possono capitare quando si perde il controllo e che le frasi che eventualmente gli potrebbero scappare anche in futuro sono dovute al suo essere antifascista e democratico… Non mi sembra una grande ammissione di responsabilità. Soprattutto, le scuse dovrebbero essere rivolte all’Aula e a tutti i cittadini. Voglio ricordare quello che ha detto il presidente Mattarella: “L’odio moltiplica l’odio e la violenza moltiplica la violenza”. Una frase come quella di Chiarotti alimenta il clima di intolleranza e conferma i problemi della sinistra a confrontarsi con chi la pensa diversamente. Del resto, non è la prima volta che capitano episodi del genere.

Ci sono precedenti?

Meno gravi di questo, ma comunque significativi: qualche “fascista” me lo sono preso anche in passato, ma non mi importa, ormai mi è chiaro che è quello che fanno quando non sanno come rispondere nel merito. Non ho mai ritenuto di dover drammatizzare. Ma quanto accaduto oggi, quella frase così violenta, in questo clima, non può essere derubricata a incidente e lasciata andare senza una profonda riflessione.

Le cronache hanno riportato che la prima cittadina si è dissociata e sono agli atti, anche video, le sue parole e il fatto che ha chiesto a Chiarotti di scusarsi.

Vero, dopo che inizialmente voleva liquidare il caso come un fatto personale che avrei dovuto affrontare io a fine seduta. Ha ammesso che era grave, ma aggiungendo che non era il caso di bloccare i lavori per questo. Abbiamo dovuto insistere e far convocare una capigruppo per ottenere quella dissociazione istituzionale.

Gli altri gruppi le hanno espresso solidarietà?

Quelli del centrodestra sì, quelli di minoranza hanno teso a minimizzare e a giustificare, parlando di provocazioni.

Silvia Salis passa per essere una moderata.

Andrebbe chiesto a chi lo dice, ma non mi sembra che sia molto moderata, ricordo che la prima uscita in campagna elettorale fu avendo alle spalle una bandiera con falce e martello, nella sede del Pd. Una volta è moderata, una volta civica, una del Pd, una leader nazionale… Si vede che ha imparato molto bene dal suo mentore Renzi.

Pensa che i rumors su Salis “federatrice” del centrosinistra nazionale alle prossime politiche siano veri?

Non posso dirlo. Certo, la vedo molto orientata su tematiche che hanno poco a che fare con Genova e con i genovesi. Abbiamo rinunciato allo Skymetro, ma abbiamo un sindaco molto attento alla Palestina e in prima linea per salutare la Flotilla. L’unica cosa concreta che abbiamo avuto è l’aumento dell’Imu. Ieri abbiamo chiuso la seduta sulle linee programmatiche in anticipo, perché doveva correre alla festa per i suoi 40 anni. Ci sono stati tanti articoli, ma il consiglio si è dovuto riunire nuovamente oggi per sopperire. Per inciso, nelle linee programmatiche hanno inserito solo l’antifascismo. Oggi in aula ho presentato un emendamento affinché venga aggiunto l’anticomunismo e il contrasto a ogni regime totalitario. Vediamo se il sindaco lo accoglierà.

Pensa che Chiarotti si dovrebbe dimettere?

Penso che ci dovrebbero essere delle riflessioni politiche, una valutazione a livello di partito, di coalizione e anche di sindaco. È consentito fare così? Si può minimizzare quello che è successo? Che differenza c’è tra dire «vi abbiamo già appeso a testa in giù», come ha fatto un eletto del Pd, e la foto di Charlie Kirk a testa in giù postata da centri sociali? Sarei curiosa di avere una risposta dai vertici del Pd che in questi giorni hanno ripetuto che un conto sono certi movimenti e certi intellettuali e un conto sono i partiti della sinistra istituzionale.

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