
Il retroscena
Il Pd fa sponda con Anm e Cassazione contro la riforma della giustizia. La gaffe di un magistrato: diciamo no, ci abbassa gli stipendi
Il Parlamento si prepara alla terza lettura della riforma della Giustizia e la sinistra affila le armi facendo sponda con parte dei vertici della magistratura. Il Partito democratico, in un giro di audizioni informali nel Palazzo dei gruppi alla Camera, tiene alta la tensione in vista della prima riunione della Commissione Giustizia dopo la pausa estiva. Mercoledì si proseguirà con la discussione generale, ma l’intenzione del centrodestra resta quella di chiudere l’iter parlamentare al più presto. Al massimo entro dicembre. “La maggioranza chiude al confronto e nega il ruolo del Parlamento”, è l’attacco dei deputati dem. Che con le audizioni cominciano a preparare il terreno della sfida referendaria.
Parodi e Cassano: le sponde delle toghe al pd
E lo fa cercando la sponda del sindacato delle toghe e della presidente uscente dalla Cassazione, Margherita Cassano. “Questa riforma danneggia i cittadini e non i magistrati – sostiene il numero uno dell’Anm Cesare Parodi – il nostro impegno è la difesa di valori comuni messi in discussione dalla modifica della Costituzione”. Per Parodi, la modifica del Csm “indebolisce l’indipendenza di tutti i magistrati attraverso un progressivo allontanamento del pm dalla giurisdizione. Per questo saranno i cittadini a pagarne le conseguenze”.
Sulla stessa linea la prima presidente della Suprema Corte che prevede “una caduta di garanzie per il cittadino” con la separazione delle carriere dei magistrati. Cassano evidenzia anche “i rischi di una separazione culturale mediante istituzione di due Csm connessi alla figura del pubblico ministero, che rafforzerebbe ulteriormente il suo potere, essendo già titolare di un potere molto incisivo sulla vita delle persone qual è quello dell’apertura di un procedimento penale”.
Il Pd prepara l’asse coi magistrati
Dal canto suo la responsabile nazionale Giustizia del Partito democratico, Debora Serracchiani, parla di “un attacco diretto alla magistratura e alle garanzie dei cittadini stessi: non rafforza i diritti, ma li indebolisce – attacca -. Invece di affrontare i veri problemi della giustizia – dalla lentezza dei processi al sovraccarico degli uffici giudiziari – la maggioranza ha scelto la strada dello scontro e dell’imposizione, colpendo l’equilibrio tra i poteri e riducendo le tutele per i cittadini”.
Magistratura democratica: la riforma della giustizia che ci farà guadagnare di meno
Come nota Felice Manti sul Giornale tra le toghe c’è chi dice candidamente che la riforma non va bene anche perché i magistrati (quelli meno meritevoli) rischiano di guadagnare di meno. Lo mette nero su bianco sulla rivista di Magistratura democratica Nello Rossi: «La riforma sembra rimettere radicalmente in discussione gli attuali meccanismi di progressione economica dei magistrati, voluti in attuazione del principio costituzionale di eguaglianza delle funzioni, magari incidendo anche sul sistema di adeguamento automatico delle retribuzioni che ha liberato la magistratura dalla dipendenza dalla contrattazione collettiva con l’esecutivo, riconoscendo ai magistrati aumenti triennali del loro trattamento economico parametrati a quelli del pubblico impiego». Con la riforma della giustizia addio scatti automatica «una suggestiva “rivoluzione del merito”» che secondo l’editoriale della testata di Md Questione giustizia «dietro un posticcio paravento rivoluzionario profila un progetto antico, un peggioramento della condizione economica dei singoli magistrati». Contestazione a tutela della categoria comprensibile, ma decisamente meno nobile e meno disinteressata di come è stata presentata finora.