
La testimonianza e l'appello
Frassinetti: «Ho vissuto gli anni ’70 a Milano, conoscevo Sergio Ramelli. Ai ragazzi dico: l’intolleranza offusca le menti, non cedete alla violenza»
Il sottosegretario all'Istruzione affida al Secolo la sua preoccupazione per segnali che non vanno sottovalutati e il suo messaggio, soprattutto ai giovani, affinché la determinazione con cui si portano avanti le proprie idee non si carichi mai di odio verso chi la pensa diversamente
Ho vissuto in pieno gli anni ‘70 a Milano, in una scuola pubblica. Ho conosciuto la paura, la violenza, la sopraffazione. Ho visto ragazzi odiarsi invece che divertirsi insieme, ho visto mamme dietro i vetri delle finestre attendere i propri figli con ansia, ho visto ragazzi morire. Tanti giovani di destra e di sinistra sono stati uccisi in una guerra senza senso talvolta guardata con occhio compiacente dal potere.
Nel clima plumbeo che si respirava c’è stato ogni tanto qualche momento in cui il buon senso ha preso il sopravvento con gesti coraggiosi e significativi come l’omaggio di Almirante alla camera ardente di Berlinguer e quello della Presidente Iotti e di Pajetta ad Almirante o come il dibattito a Radio Popolare, dopo gli omicidi dei militanti missini ad Acca Larentia, in cui dai microfoni un “compagno” affermò che non era giusto uccidere i fascisti suscitando anche approvazione, o come quella parte del Fronte della Gioventù che sosteneva fosse ingiusta la guerra tra giovani. Squarci di luce nel buio che hanno contribuito però a porre fine a quel triste periodo.
I giovani migliori, quelli solitamente dotati di particolare sensibilità, i più coraggiosi hanno sempre lottato per le loro idee, sognando di costruire un mondo migliore. Nobili battaglie che non avrebbero dovuto allora e non devono ora essere portate avanti con la violenza e con la sopraffazione.
Ricordo che in tempi così difficili la nostra quotidianità era contraddistinta dall’atmosfera cupa che si alternava con una normalità fatta di studi, amori e divertimenti che però non riuscivamo ad assaporare fino in fondo, non abbiamo conosciuto la spensieratezza di quell’età, troppa tensione, troppo dolore.
Nella mia esperienza da militante del FdG di Milano ho conosciuto Sergio Ramelli che incontravo sempre alle riunioni dei responsabili di istituto, lo ricordo come ragazzo allegro e generoso che giocava a pallone e andava all’oratorio. Poi, dopo aver scritto un tema contro le Br, nella sua scuola, il Molinari, non ha avuto più pace fino all’agguato sotto casa dove un gruppo di Avanguardia Operaia lo ha colpito con chiavi inglesi provocando la sua morte dopo 47 giorni di coma il 29 aprile 1975.
Il sacrificio di Sergio ha segnato una generazione, un omicidio maturato nella sua scuola, scuola dove ho faticato a far mettere una targa in suo ricordo. Dopo 10 anni dall’omicidio sono stati individuati gli assassini che si è scoperto essere medici completamente inseriti nel circuito lavorativo.
Nella stessa Milano, davanti al centro sociale Leoncavallo, Fausto e Iaio, ragazzi di sinistra che amavano la musica e contrastavano gli spacciatori, vennero ammazzati da colpi di pistola, così, mentre parlavano sul marciapiede. Le indagini spaziarono da ambienti di estrema destra ad ambienti dello spaccio, ma gli assassini non sono stati ancora assicurati alla giustizia, anche se da poco l’inchiesta è stata riaperta.
Ricordare questi giovani uccisi è un segnale importante che serve a chiudere definitivamente quella stagione ed è per questo che ho portato fiori sulle targhe, nelle loro scuole, sia a Sergio che a Fausto.
Ora mi preoccupa il fatto che si stia riproponendo un clima che ci possa far tornare indietro nel tempo, certi segnali allarmanti vanno intercettati e denunciati subito prima che sia troppo tardi. Ed è proprio compito della Politica riportare il dibattito entro i confini del confronto civile, evitando che si alimenti una pericolosa escalation di odio. Odio che ho potuto personalmente constatare quando ci sono state proteste, anche da parte di insegnanti, per l’affissione della targa per Sergio al Molinari, o quando sono state imbrattate e danneggiate lapidi e corone messe in suo onore.
Guardando poi ai fatti più recenti, proprio in questi giorni un consigliere del Pd a Genova ha rivolto alla capogruppo FdI parole gravissime come «vi abbiamo appeso già una volta per i piedi…»; in riferimento poi all’omicidio del giovane attivista americano che ha avuto solo la “colpa” di difendere con coraggio le proprie idee, non possiamo tollerare che possano essere espressi giudizi differenti a seconda di chi sia l’obiettivo.
Il giustificazionismo della violenza contro chi la pensa diversamente è sempre pericoloso e antitetico a qualsiasi embrione di democrazia, come ha sottolineato anche il nostro Presidente Meloni, intervenendo in merito a certi commenti disumani sulla morte di Charlie Kirk.
Alla luce di tutto questo vorrei fare un appello, soprattutto ai giovani, affinché si impegnino a portare avanti le loro idee con determinazione e entusiasmo, ma senza ricorrere all’uso della violenza. La libertà di pensiero va tutelata sempre, anche quando le idee di qualcun altro sono diverse dalle nostre. L’intolleranza offusca le menti nel momento in cui si ritiene che chi la pensa in maniera opposta alla tua vada eliminato. Solo recuperando queste regole basilari sul rispetto si potrà costruire un clima fondato sul confronto, che garantisca a tutti un futuro migliore.