
Il crollo del Pd
Da “Ohio d’Italia” a Caporetto del campo largo: le Marche mandano in frantumi i sogni di Elly
Doveva essere il voto della riscossa, è stato quello della disfatta: dem e M5S perdono consensi e sono costretti a fare i conti con il boom di FdI
Doveva essere il lancio della riscossa, la partita da cui il centrosinistra “testardamente unitario” dava la prima, decisiva spallata al centrodestra. L’Ohio d’Italia, da cui si sarebbe visto che il vento stava cambiando. Le Marche, invece, con la vittoria di Francesco Acquaroli, così tonda da essere certificata già alle prime battute dello scrutinio, si sono affermate come l’ennesima caporetto del campo largo e del Pd in particolare, sia perché con Matteo Ricci esprimeva il candidato presidente sia perché i numeri sono davvero impietosi.
Il tracollo del Pd e il boom di FdI
Alle scorse regionali il Pd prese il 25,11%, attestandosi come primo partito delle Marche. Secondo i dati di Eligendo (il portale del Viminale che dà i risultati elettorali in tempo reale) a 538 sezioni scrutinate su 1572 i dem si attestano al 22,94% in progressiva discesa. Ma per capire fino in fondo la misura del tracollo del Pd bisogna incrociare le sue percentuali con quelle di FdI, del 2020 e attuali. Cinque anni fa FdI si affermò come terzo partito con il 18,66% dei voti. Oggi, a un terzo dello spoglio, su Eligendo è il primo partito dato al 28,17%. Anche il M5s lascia pezzi sul campo, passando dal 7,12% del 2020 al 5,30%.
La “Ohio d’Italia”? Macché, ora le Marche diventano una piccola regione…
E, guarda caso, improvvisamente le Marche diventano una regione come un’altra, anzi più piccola delle altre. «È un voto che riguarda le Marche e non il resto del Paese», ha detto il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia, ospite a SkyTg24 con l’ingrato compito di commentare in diretta i risultati. «Avevamo detto una cosa molto chiara prima del voto, cioè che questo voto riguarda inevitabilmente i marchigiani, settimana prossima i calabresi e tra due settimane i toscani», ha sostenuto, dando la netta impressione di mettere le mani avanti rispetto ai prossimi appuntamenti. Quanto a Ricci «è stato molto generoso, ha fatto una campagna molto importante e con grande passione», ha rivendicato Boccia.
Sarà, peccato che quella campagna elettorale sia stata praticamente tutta su Gaza invece che sui temi del territorio, rispetto ai quali evidentemente il centrosinistra aveva poco da dire. Ricci, ammettendo la sconfitta dal suo comitato elettorale di Ancona, ha detto che «lo rifarei domani mattina, un amministratore deve stare coi piedi sulla sua terra, ma con la testa sul mondo». «Sapevamo che era una battaglia complicatissima, in salita. Ma ho dato tutto», ha proseguito l’eurodeputato, che allo stato attuale non sa se resterà nelle Marche o tornerà a Bruxelles e che ha poi parlato di amarezza «per ciò che mi è successo personalmente». «Ricevere un avviso di garanzia in piena campagna elettorale mi ha colpito, mi ha colpito la strumentalizzazione sui media dell’altra parte politica e purtroppo qualche effetto l’ha avuto», ha poi sostenuto Ricci, ridotto a prendersela con i media perché hanno fatto il loro lavoro, non potendo accusare il centrodestra che non una volta durante la campagna elettorale ha menzionato i guai giudiziari dell’avversario.
Ma Ricci ammette: «Speravamo di dare un contributo a livello nazionale»
Ricci comunque è stato onesto nell’ammettere che «speravamo di dare un contributo a livello nazionale, ma c’è ancora una forte spinta a destra e questo voto lo conferma». A Roma però insistono con la tesi del voto locale. «Ogni elezione, lo dico sempre, fa storia a sé. Ci sono circostanze locali che influiscono e che posso condizionare il voto», ha detto il responsabile Organizzazione del Pd Igor Taruffi, un fedelissimo di Schlein, per il quale «sulla valenza dell’alleanza di centrosinistra credo che non ci debbano esser dubbi né ripensamenti. Questa è la prima di una serie di elezioni dei prossimi due mesi, andranno al voto circa 18 milioni di elettori, vediamo alla fine il risultato complessivo».
Al Nazareno prendono tempo, mentre i riformisti preparano il processo a Schlein
«Siamo al primo appuntamento, vedremo al termine di questo ciclo elettorale quale sarà l’esito. La strada è quella giusta, bisogna insistere. Oggi siamo in campo in tutte le regioni per vincere o giocarsela, fra un anno e mezzo saremo in campo per giocarci la vittoria delle politiche», ha sostenuto Taruffi. Intanto, però, il primo problema che si porrà per i dem non riguarda la tenuta delle alleanze, ma quella del partito: i riformisti hanno ampiamente annunciato la resa dei conti dopo il voto nelle regioni. E già al primo banco di prova non si mette bene per il Nazareno.