
Orrore a Gemona
Ucciso e fatto a pezzi, la madre ammette l’omicidio del figlio: “Quello che ho fatto è mostruoso”
Al momento non è stato individuato alcun movente. Sul tappeto solo l'ipotesi di un lite degenerata per futili motivi
“Sono stata io e so che ciò che ho fatto è mostruoso. L’orrore passa da Gemona, Friuli Venezia Giulia: un vecchio bidone sistemato in cantina. Dentro, un uomo fatto a pezzi con un’ascia e ricoperto con della calce viva per nasconderne l’odore. Ad indicare il bidone agli inquirenti sono state le due donne, madre e la compagna della vittima — Alessandro Venier, 35 anni — che si sono autoaccusate della mostruosità. Sarebbero state infatti loro — Lorena Venier, 62 anni, e Marylin Castro Monsalvo, 31enne colombiana, ripettivamentr madre e compagna della vittima, che di recente avrebbe sofferto di depressione post partum — a chiamare il numero unico per l’emergenza.
L’orrore, la madre ammette l’omicidio del figlio
“Sono stata io e so che ciò che ho fatto è mostruoso”, ha confessato di fronte al magistrato che l’ha interrogata, Lorena Venier. La madre, 61 anni, di Gemona (Udine), ha confermato di aver ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di 35 anni. La donna avrebbe agito insieme alla convivente del figlio. “La mia assistita ha reso piena confessione di fronte al sostituto procuratore che l’ha interrogata – ha confermato l’avvocato-. Come si può immaginare, era visibilmente scossa per la crudeltà della sua azione e per la contrarietà a qualsiasi regola naturale del suo gesto”. Le due donne ora si trovano rinchiuse nel carcere del Coroneo a Trieste. I residenti e i vicini sopno devastati dall’orrore che si è consumato. La mamma, a detta delle testimonianze, era una stimata infermiera di Gemona, proprietaria dell’abitazione. La coppia ha una bambina di 6 mesi, ora affidata ai Servizi sociali comunali.
Al momento nessun segnale avrebbe potuto ipotizzare un delitto che grida vendetta al cospetto di Dio e degli uomini.
“La figlia che non ho mai avuto”
“Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto”, ha poi detto Lorena Venier al magistrato. “Forse in questo legame eccezionale”, spiega l’avvocato De Nardo, “può esserci la base e la spiegazione di ciò che è accaduto, anche se non intendo specificare altri particolari, che appartengono al segreto istruttorio”.
Chi era Alessandro Venier
Il sostituto procuratore della Repubblica di Udine, Claudia Danelon, si limita a un «c’è da ricostruire quasi tutto, stabilire le singole responsabilità; e c’è da individuare un movente su cui allo stato attuale non abbiamo ancora nessunissima idea». Lo riporta il Corriere della Sera. La madre è caposala nel nosocomio della cittadina. Aveva avuto Alessandro da un uomo di origini egiziane che non aveva voluto riconoscerlo. Trasferitasi da Padova a Gemona, qui aveva cominciato da la carriera da infermiera. «Una donna affabile, con la quale avevamo rapporti di buon vicinato — dichiara al Corsera- Alberto Guillan, un militare che vive con la sua famiglia nella villetta di fronte —. A volte ci portava le uova. Non abbiamo mai sentito litigi, per questo è tutto inspiegabile». Già, cosa può spingere una madre ad uccidere il proprio figlio?. Il militare ha poi raccontato che a volte in quella casa di fronte. transitavano i carabinieri. Ed è il comandante della stazione di Gemona a confermare che l’uomo aveva qualche piccolo precedente.
La vittima non aveva un lavoro stabile: lavorava salutariamente, amava il fitness e il trekking, però sembra avesse dei problemi di alcol e droga. Voleva andare a vivere in Colombia, dove era stato dove aveva conosciuto la compagna, un’operatrice socio-sanitaria al momento disoccupata anche lei. L’inoperosità dell’uomo era diventata un peso per le due donne. E un pista al momento considerata è quella della degenerazione di una lite: l’uomo avrebbe dovuto occuparsi della, di apparecchiare la tavola, ma non l’aveva fatto. Per cui, al momento, escludendo la premeditazione, l’ipotesi è che la scintilla sia scattata di fronte al rifiuto del 35enne. La banalità del male? Un gesto apparentemente insignificante, potrebbe avere esasperato a tal punto madre e compagna? Da quel che emerge dal primo interrogatorio della madre, sembra che le due abbiano somministrato alla vittima dei farmaci, di cui disponevano per la depressione post-partum della compagna di Venier.
La dose eccessiva potrebbe averlo portato alla morte? Pppure semplicemente ad uno stordimento. E i colpi d’ascia? Solo l’autopsia e l’esame tossicologico a questo punto chiariranno la reale dinamica.Addentrarsi nelle pieghe di una convivenza “malata” sarà difficile dal punto di vista investigativo. E umanamente penoso.