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Stefano Bontate

Delitti italiani/15

Stefano Bontate, “U Principe di Villaranza”, che comandava la mafia e conosceva le lingue: ucciso dai ‘viddani’

Figlio di "Don Paolino". maturità classica e passione per i quadri. Aristocratico e razionale, fu ammazzato da Totò Riina nella guerra per il comando della Cupola

Cronaca - di Mario Campanella - 7 Agosto 2025 alle 16:16

“U Principe i Villaranza” era un uomo che conosceva e parlava correttamente inglese e francese. Maturità classica al Liceo Gonzaga di Palermo, amante di Guttuso e Picasso. Detta cosi non sembra che si parli di Stefano Bontate, erroneamente registrato Bontade all’anagrafe. Il “capo dei capi” della Cupola di Cosa Nostra per sedici anni. Fono a quando un capo più capo e più spietato di lui, Toto’ u curtu, non lo ammazzo’.

L’eredita di Don Paolino

Nato nel 1949, figlio di Don Paolino, capo mandamento di Palermo, a soli 25 anni Stefano raccoglie l’eredità paterna. Stefano, bell’uomo, sposa una donna della borghesia siciliana, Margherita Teresi. E opera nel campo del commercio e dell’edilizia riciclando i soldi del racket.

I rapporti con la Dc

Stefano, divenuto “il padrino”, frequenta l’alta borghesia. Ma anche la politica, che in Sicilia si chiama soprattutto Democrazia Cristiana. E lui ha rapporti di parentela diretta con la politica. Sua cugina, Margherita Bontade, (c’è sempre la variante della consonante) diventa deputata dello scudocrociato.

Il salto di qualità negli anni settanta

Negli anni settanta Don Stefano diventa sempre più forte. E’ lui il referente della famiglia Gambino e di tutti i siciliani mafiosi degli Stati Uniti. Accumula ricchezze e rapporti. Secondo molti pentiti entra in contatto con i servizi e con la Banda della Magliana. E’ lui l’ambasciatore della mafia nel resto del mondo. E tutto sembra, guardandolo e parlandoci, tranne che un padrino.

L’ascesa di Totò u curtu e l’omicidio del 1975

Nel frattempo all’interno della geografia di Cosa Nostra i corleonesi crescono. E Bontate li sottovaluta. Nel 1975  Totò Riina,  fa sequestrare ed uccidere Luigi Corleo, suocero di Nino Salvo, ricco e famoso esattore affiliato alla cosca di Salemi; il sequestro viene attuato per dare un duro colpo al prestigio di Bontate e Badalamenti, i quali erano legati a Salvo e non riusciranno ad ottenere né la liberazione dell’ostaggio, né la restituzione del corpo. Sarebbe un segnale ma Bontate lo sottovaluta ancora.

“Lassati stare u viddanu”

Riina elimina due capimafia rilevanti: Peppe Di Cristina e Giuseppe Calderone. Qualcuno avverte Stefano che i corleonesi, e soprattutto Totò Riina, sono pericolosi. Ma lui minimizza. Quando un altro boss, Gaetano Grado, gli dice che bisogna uccidere ‘u curtu’, Bontate risponde icastico: “Lassalu stare: è nu viddanu(villano)”. Ma sottovalutare un uomo come Riina gli sarà fatale.

La morte

Il 23 aprile del 1091 Bontate esce da una festa di compleanno. Guida da solo, senza scorta, una Giulietta Alfa Rome 2000 blindata. Si sente sicuro. Ma intorno alle 23,30 ad aspettarlo c’è ‘Scarpuzzedda’, alias Giuseppe Greco, uno dei killer più spietati di Riina. Che ha in mano un kalasnikov, un’arma che trapassa il blindo della macchina. Bontate muore, con addosso un abito di sartoria e al polso un Vacheron Costantin. ‘U principe i Villaranza’ cade sotto i colpi dei ‘piedi ncritati’, come venivano chiamati spregevolmente i corleonesi.

La mafia in mano ai corleonesi

Stefano Bontate era ritenuto un uomo legato alla politica, ai grandi affari, alle istituzioni. Era il volto di una mafia sempre spietata ma che, secondo i pentiti, manteneva un minimo di ragionevolezza. Con la sua morte la guida di Cosa Nostra passa definitivamente ai corleonesi. Con le tragedie che, da La Torre a Dalla Chiesa, a Chinnici, fino a Falcone e Borsellino, segnerà ancora più tragicamente la storia della Sicilia e dell’Italia.

 

 

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di Mario Campanella - 7 Agosto 2025