
Hasta la rivoluzione sempre?
Salis, altro che la Milano da bere: lo sgombero del Leoncavallo proprio non le va giù. E incita alla rivolta. Ancora?
A centro sociale sgomberato l'euro-deputata non riesce a digerire il boccone amaro e tra retorica d0'antan e epica dell'occupazione esorta alla rivoluzione social e sociale. Ma il web le risponde per le rime
Ci risiamo: tra un immancabile richiamo alla rivolta sociale e uno spruzzo qua e là di retorica rivoluzionaria mescolato a generosi dosi di epica dell’occupazione abusiva, l’eurodeputata Ilaria Salis, fresca di scranni a Bruxelles, torna sui social per tuonare contro lo sgombero del centro sociale Leoncavallo. E con l’occasione – non sia mai perdersene una – rispolverare la logora casacca da militante attiva, modello da pueblo unido Jamás Será Vencido, che francamente, dopo la promozione con Avs nelle alte sfere della politica parlamentare, mal si abbina nell’armadio di un’onorevole seduta tra i banchi dell’europarlamento.
Sgombero del Leoncavallo, la Salis non riesce a digerire il boccone
Ma tant’è: scudo da attivista e manuale del “disorganico imperfetto” sotto il braccio, (regolarmente il sinistro), la solita Salis d’annata si lancia in una intemerata social che, tra rimpianto e bellicismo, schiaffa online l’ennesimo capitolo di una narrazione intrisa di epica e retorica, che mescola «cinquant’anni di storia», «contro-cultura» e «politica dal basso»: e tutto per descrivere lo sgombero di un immobile occupato abusivamente per decenni.
E incita alla rivolta da centro sociale
Rieccoci allora: stavolta il pretesto social-politico e rivendicazionista è quello dello sgombero del Leoncavallo, in nome del quale la narrazione della Salis mescola fantasmagorici appelli a storia, cultura e politica, per descrivere la risoluzione di un caso che pendeva su città e cittadini da più di 30 anni. Decenni in cui quegli spazi e quei locali hanno rappresentato una zona franca per illegalità e abusivismo. Un racconto al contrario, direbbe qualcuno, quello dell’ex attivista (mai doma), che ben conosce le dinamiche di questi spazi, ma che – di contro – non esita a dipingere un quadro a tinte fosche della «Milano della speculazione» e della «rendita».
Dalla Salis sullo sgombero del Leoncavallo una narrazione al contrario
Così, capovolgendo i piani della logica narrativa, per l’ex insegnante in prestito alla politica grazie ai compagni di Avs, lo sgombero diventa un «attacco ai giovani e ai poveri»; l’azione di una città «senza anima, esclusiva ed escludente». Un’analisi curiosa, la sua, se si pensa – come non ha mancato di ribadire il centrodestra in tutta la giornata di oggi – che proprio la tutela della legalità e del decoro urbano sono i presupposti per una convivenza civile e per il benessere di tutti i cittadini, non solo di una minoranza che si sente autorizzata a occupare proprietà altrui…
Un logoro inno alla retorica rivoluzionaria d’accatto tra slogan e punti esclamativi…
Ma il post della Salis va anche oltre. Oltre la semplice difesa di un centro sociale. È un inno alla retorica rivoluzionaria d’accatto, un continuo invocare tra le righe la rivolta sociale, l’occupazione abusiva, e il diritto di aggirare leggi e divieti quando la causa dell’occupazione lo richiede. E in sostanza, ci sembra – ma potremmo sbagliarci, e comunque a ognuno spetta il riconoscimento della liceità della propria opinione – che il finale del suo post, con l’invocazione della speranza che «il Leoncavallo possa presto riprendersi lo spazio che merita»; il richiamo alla «città da rovesciare»; e lo slogan dall’imperativo categorico: «Giù le mani dagli spazi sociali!», non appaiono altro che come la riproposizione di una sceneggiatura socio-politica ormai stantia.
Il solito copione militante
Un copione che, purtroppo, continua a far breccia in chi crede che la giustizia sociale possa essere conquistata infrangendo la legge e ignorando i diritti altrui. Qualcuno, forse, dovrebbe ricordare all’agguerrita esponente di Avs che il romanticismo rivoluzionario degli anni ’70 è passato, trapassato, decantato e metabolizzato. E con esso l’idea che l’illegalità possa essere un mezzo per raggiungere un fine nobile. E che nel frattempo hanno trovato spazio e ragion d’essere altre leggi e altri doveri. A partire proprio dal principio cardine che impone di rispettare le regole, prodromico a quello di un proprietario di rientrare legittimamente in possesso del suo bene.
Allora forse, prima di ergersi a paladina dei “poveri” e dei “giovani” occupanti, a novella Marianna con la bandiera dei centri sociali da brandire come un trofeo da rivendicare e difendere, sarebbe opportuno che l’onorevole Salis si chiedesse se la vera povertà non sia, ahinoi, proprio quella di una cultura che si basa sul disprezzo delle regole… Non per niente il web risponde… a chiare lettere… e per le rime. (Di seguito, il post su X di Ilaria Salis).
Il #Leoncavallo sta venendo sgomberato.
Nessun rispetto per 50 anni di storia dei movimenti, contro-cultura, aggregazione giovanile, politica dal basso.Avanza la Milano della speculazione edilizia e della gentrificazione, la città della rendita e delle “week”: una Milano… pic.twitter.com/Ukf2GxwNW7
— Ilaria Salis (@SalisIlaria) August 21, 2025