
Niente più “occhi a mandorla”
Pechino si rivolta contro Swatch per una pubblicità giudicata razzista: i cinesi minacciano il boicottaggio
Scuse pubbliche e rimozione immediata della nuova campagna di orologi, ma sui social esplode la protesta: accuse di discriminazione e linguaggio offensivo. Ora l'appello a colpire l'intero gruppo del marchio svizzero
Una campagna pubblicitaria ha trascinato Swatch in una polemica globale. L’azienda svizzera di orologi è stata costretta a ritirare un’immagine in cui un modello si tirava gli angoli degli occhi. Un gesto che molti hanno giudicato offensivo, ritenendolo una caricatura razzista degli “occhi a mandorla” storicamente usata per indicare gli asiatici.
L’ira dei cinesi, poi le scuse di Swatch
La risposta dei cinesi è stata immediata ed è esplosa sui social. Migliaia di utenti hanno condiviso l’immagine accusando il marchio di “insensibilità culturale”. L’hashtag collegato è diventato virale e in poche ore sono comparsi appelli al boicottaggio.
Il celebre marchio ha cercato di arginare le critiche con un comunicato pubblicato sia su Instagram sia su Weibo (il Twitter cinese): «Abbiamo preso atto delle recenti preoccupazioni riguardanti la raffigurazione di un modello. Ci scusiamo sinceramente per qualsiasi disagio o incomprensione che questo possa aver causato. Trattiamo questa vicenda con la massima serietà e abbiamo immediatamente rimosso tutti i materiali correlati a livello globale».
Le critiche non si placano
Le parole, però, non hanno convinto i più. «Swatch ha paura soltanto di perdere profitti», ha scritto un utente su Weibo. «Puoi anche scusarti, ma io non ti perdonerò». Un altro commento è stato ancora più duro: «Fanno soldi grazie a noi e hanno ancora l’ardire di discriminare i cinesi. Saremmo senza spina dorsale se non li boicottassimo fuori dalla Cina».
Molti hanno continuato a chiedere il boicottaggio dei marchi del gruppo, che oltre a Omega, Longines e Tissot comprende anche Blancpain. Un utente con oltre un milione di followers ha accusato l’azienda di «razzismo contro i cinesi» e ha invocato l’intervento delle autorità di regolamentazione. «L’immagine del marchio è crollata. Swatch pensa che possano semplicemente scusarsi e salvare tutto? Non è così semplice», ha scritto un altro.
Il peso del mercato cinese
La posta in gioco è alta: circa il 27% dei ricavi del gruppo Swatch proviene da Cina, Hong Kong e Macao, un mercato già in rallentamento a causa della domanda interna. A luglio, l’impresa di orologi svizzera ha riportato un calo dell’11,2% delle vendite nette nei primi sei mesi dell’anno, attribuito «esclusivamente» alla debole domanda cinese. Una crisi che ora rischia di aggravarsi con la nuova ondata di contestazioni.
Una serie di precedenti
Tuttavia, pare che i cinesi abbiano l’indignazione facile. Lo scorso anno fu la volta di Uniqlo, mentre nel 2018 il marchio Dolce & Gabbana pagò un prezzo altissimo dopo la diffusione di video ritenuti offensivi: la sfilata prevista a Shanghai fu cancellata e i prodotti sparirono dalle piattaforme di e-commerce. Basti pensare che, nel 2023, anche Dior venne travolto dalle critiche per una pubblicità in cui una modella sollevava l’angolo dell’occhio…