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La lezione di Berlinguer ai “Village People” dell’antifascismo: con Almirante e il Msi fece un patto anti-terrorismo

Le verità di Padellaro

La lezione di Berlinguer ai “Village People” dell’antifascismo: con Almirante e il Msi fece un patto anti-terrorismo

Politica - di Robert Perdicchi - 6 Agosto 2025 alle 17:59

“Conosciamo i loro nomi. Giorgio Almirante. Enrico Berlinguer. Sappiamo che s’incontrarono per quattro o sei volte tra il 1978 e il 1979. Sappiamo che il luogo prescelto era una stanza, accanto alla Commissione Lavoro, all’ultimo piano di palazzo Montecitorio, a Roma. Sappiamo che si vedevano preferibilmente di venerdì pomeriggio quando, con i deputati ripartiti verso i collegi di appartenenza, il palazzo era semideserto…”, è l’incipit di un libro molto venduto (ma poco letto dai colleghi cosiddetti antifascisti…) che Antonio Padellaro – storica firma dell‘Espresso, già direttore dell’Unità, fondatore ed editorialista del Fatto Quotidiano, famiglia con simpatie fasciste, militanza da ultrasinistra, giornalismo schierato da quel lato ma mai cieco e becero – ha dedicato qualche anno fa al rapporto tra gli estremi, Pci e Msi, Berlinguer e Almirante, negli anni di Piombo del terrorismo nero e rosso, degli agguati ai politici, delle stragi, delle faide tra gruppo di eversivi delle due sponde.

Un libro – Il gesto di Almirante e Berlinguer, ispirato da conversazioni con l’ex addetto stampa del leader missino, Massimo Magliaro – che a quanto pare gli amici e colleghi di Padellaro non hanno letto, per principio, per pigrizia, per scarso coraggio, forse. Quella lettura avrebbe impedito loro di declinare una lunga serie di sciocchezze che in questi giorni si sono lette sulla matrice “missina” della strage di Bologna, sulle coperture date ai terroristi neri, sul ruolo ambiguo di Almirante e sulla deriva eversiva mai rinnegata negli anni (perfino dalla Meloni…) dalla destra italiana. In campo sono scesi gli “haters” della sinistra giornalistica e intellettuale, senza offesa per gli intellettuali, chiaramente. Nell’ordine, Paolo Berizzi, Andrea Scanzi, Gad Lerner e ultima, in ordine di tempo, Michela Ponzani.

La sintesi è: il Msi era dietro i neofascisti, i terroristi, ispirò e coprì la strage di Bologna, Almirante, vabbè, fucilatore, razzista, estremista, come un po’ anche la Meloni, che non guasta mai. Il libro di Padellaro  ricostruisce il ruolo pacificatore del Msi e di Giorgio Almirante, ma anche del Pci di Berlinguer, in anni in cui mettersi contro i terroristi era più pericoloso che per un siciliano sfidare Badalamenti o Riina. Non è uno scoop, se n’è parlato tanto.

Lo è, però, per i Berizzi & C, i “Village People” dell’antifascismo, ognuno con un vestito su misura, un ciondolo polemico, una medaglietta da mettersi in petto, un colore sgargiante per dare nell’occhio, le mille sfumature del rosso da declinare come verità storiche, ma anche con post sui social e show sui media post-2 agosto, a polemiche calde, un qualche”schifo” da mollare in pasto alle rete in nome della militanza politica.

Ma leggiamo Padellaro, che è meglio. 
“Sappiamo che Almirante e Berlinguer s’incontrano tra il 1978 e il 1979… Dunque, è molto probabile che quei quattro o sei venerdì siano successivi al rapimento (16 marzo 1978). Fate attenzione a queste date. Assassinio di Moro (9 maggio 1978). Strage della stazione di Bologna (2 agosto 1980). Scoperta della lista degli appartenenti alla P2 (17 marzo 1981). Sono gli anni del tentato sovvertimento delle istituzioni democratiche da parte dei cosiddetti servizi deviati. Bombe. Assassinii. Stragi di Stato. Depistaggi… Torniamo al secondo piano di Montecitorio. Chi sono Almirante e Berlinguer se non le vittime politiche predestinate di una cospirazione di cui hanno sentore ma che non sanno come fermare… quanti presero seriamente la propria vita e quella degli altri? Sfidando il timore di non essere compresi. Di essere fraintesi. Mettendo al posto dell’odio, il rispetto. Della rivalità, la comprensione. Del sarcasmo…”.

Di cosa parlarono? I dettagli mancano, il senso è chiaro: “Se si fosse trattato di scambiare delle informazioni, un paio di conversazioni sarebbero state sufficienti. Invece s’incontrano ripetutamente come se uno dei due avesse messo al corrente l’altro di qualcosa di indicibile… Secondo Magliaro, “Almirante e Berlinguer avevano deciso di scambiarsi informazioni riservate sui «terroristi rossi e neri che tenevano l’Italia sotto una cappa di terrore e di sangue”. E Padellaro ne trae un auspicio: “Ci piace pensare che il gesto di Almirante e Berlinguer, quel gesto, sia stata una luce dopo tanta oscurità. Il gesto, dunque, come azione che produce conseguenze positive incalcolabili. Come testimonianza ed esempio. Come disciplina di vita. Ma anche il gesto che fornisce valore alle parole. Di cui potrebbe fare a meno. Mentre le parole prive di gesti conseguenti possono restare appese per aria”. In un articolo di “Repubblica“, citato nel libro, si raccontano così quegli incontri. appartarono dietro una porta, su un divano di pelle. “Almirante e Berlinguer potevano permettersi di allontanarsi per un’ora dalle rispettive trincee e affrontare insieme, senza che nessuno lo sapesse, l’argomento che ossessionava tutti: il terrorismo”.

Poi la morte di Berlinguer e quella visita di Almirante nella camera ardente: “«Lui che ci fa qui?» Lo lasciano passare. Nessuno fiata. Varca il portone delle Botteghe Oscure. Gli fanno strada i dignitari del grande partito in lutto. Ritto, con il suo abito grigio, sosta al centro della camera ardente. Si fa il segno della croce e leggermente s’inchina di fronte alla cassa di legno chiaro. Dirà: «Sono venuto a rendere omaggio a un uomo da cui mi ha diviso tutto ma che ho sempre apprezzato e stimato». Lui oggi è lì. Lui sa perché”.

La conclusione del giornalista è enorme, nella sua banalità: dedicare una piazza a Berlinguer e Almirante, insieme. Roba da fare schifo, ma solo ai “Village People” dell’antifascismo di oggi.

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