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Enrico Ruggeri: “Ho ricevuto insulti per aver commemorato Ramelli. Il libero pensiero ha un prezzo da pagare”

Le posizioni del cantautore

Enrico Ruggeri: “Ho ricevuto insulti per aver commemorato Ramelli. Il libero pensiero ha un prezzo da pagare”

Politica - di Gabriele Caramelli - 22 Agosto 2025 alle 14:55

«Stavo scrivendo una canzone sulle grandi illusioni dell’amore. Cercavo parole che stessero bene con “l’ultima ingannevole illusione” e mi è venuto in mente “come la caverna di Platone”. da lì la canzone ha preso un percorso diverso rispetto a quello che io avevo preventivato. Finita la canzone ho pensato che era un titolo perfetto». Si apre così l’intervista del cantautore Enrico Ruggeri a Il Giornale, che ha pubblicato da poco il suo nuovo album intitolato proprio “La caverna di Platone”, in onore del filosofo ateniese e allievo di Socrate. Il pensatore ellenico, come ha spiegato Ruggeri “immaginava che le persone chiuse al buio in una caverna scambiassero ombre proiettate sul muro per la realtà. Una volta liberati e usciti, si sentivano a disagio perché preferivano il buio illuminato da una lampada rispetto al vivere la vita reale».

In seguito, il cantautore ha offerto diversi spunti sulla società contemporanea: dall’utilizzo smodato di internet fino all’effetto del Covid sulle persone. «Veniamo da anni in cui ci stavamo abituando a dire: piove o non piove, fammi vedere su internet se piove, invece di aprire la finestra», ha sottolineato il cantante milanese, per poi analizzare gli effetti della pandemia sulla vita quotidiana: «ci siamo abituati a non credere alle nostre sensazioni ma a quello che ci veniva suggerito dal potere. Quel periodo, come l’abuso dei social, ci ha resi meno critici, meno consapevoli, più pilotabili. Stiamo cercando di rimuovere il 2020 ma ahimè è ancora presente».

Enrico Ruggeri su Pasolini: “Il pensiero libero ha un prezzo da pagare”

Quanto alla figura del regista italiano Pier Paolo Pasolini, ucciso 50 anni fa, Ruggeri ha ricordato che nella canzone “Il poeta” c’è una frase che dice: «il libero pensiero ha un prezzo da pagare». Ma il costo della coscienza «è sempre stato altissimo, pensiamo a Socrate, a Giovanna d’Arco, ai primi che hanno detto: ragazzi mi sa che è la Terra che gira intorno al Sole e sono stati considerati dei pazzi. Pensiamo a Oscar Wilde, a Ezra Pound. Pasolini era un cane sciolto. Veniva dalla sinistra e da Gramsci ma è stato uno dei primi fustigatori della sinistra stessa». E ancora: «Non c’è solo il famoso discorso sui ragazzi di Valle Giulia. In quegli anni la sinistra radicale. Il Pci era omofobo e Pasolini, uomo libero e omosessuale, veniva visto con imbarazzo, anche con sdegno».

Un pensiero per la strage di Gorla

“La bambina di Gorla” è uno dei nuovi brani inseriti nel nuovo disco di Enrico Ruggeri. Il testo si riferisce  al bombardamento americano del 20 ottobre 1944 nel  quartiere milanese citato nel titolo della canzone, in cui persero la vita 184 bambini di una scuola elementare. Quanto alla diffusione del brano, il cantautore ha spiegato che «se intendiamo farla passare in radio è possibile», ma «farla passare come fenomeno social è impossibile, però il mio scopo non è passare in radio, ma esprimere delle cose per le persone che mi amano e mi seguono. Sarei imbarazzato ad avere dei fan che non stimo».

In seguito, ha raccontato cosa accadde nel giorno della strage di Gorla: «Un aereo americano ha dell’esplosivo di cui si deve liberare perché è volato all’obiettivo sbagliato. Alcuni aerei riescono a raggiungere il mare, altri invece, uno in particolare, decidono, per non rischiare, di buttare le bombe avanzate dove capitava. Capitano su una scuola elementare a narrazione dei vincitori. Quindi non venivano raccontate e non compaiono nei libri di storia».

Enrico Ruggeri e l’Europa

«Quando ero bambino ci avevano detto che l’Europa sarebbe stata un’immensa nazione fatta di culture condivise, poi crescendo scopri che in realtà è un agglomerato di banche dove qualcuno decide la moneta, e a un certo punto gli Stati non sono più sovrani… Nella nostra vita ci sono centinaia di cose decise da qualcuno al di sopra dei governi nazionali». In questo caso, Ruggeri ha fatto sentire tutta la disillusione che hanno provato molte delle persone nate intorno agli anni ’60, dopo il miracolo economico e cresciute in un continente frammentato da una “cortina di ferro” contesa tra sovietici e americani.

Gli anni di piombo

L’artista milanese è anche autore di alcuni libri, tra cui uno che riguarda proprio gli anni di piombo. Si intitola “Un gioco da ragazzi”, pubblicato dalla Nave di Teseo, che riguarda «la storia di due fratelli educati al senso della giustizia dal padre. Ma i due intendono cose diverse per giustizia». Uno di loro «si schiera con la parte che, almeno teoricamente, difendeva i deboli, quindi con la sinistra. L’altro fratello va in un liceo milanese nel quale la sinistra esercitava una dittatura del pensiero. Quindi il suo senso di giustizia viene canalizzato nell’opposizione a quello che a lui sembra un regime».

E così «Uno diventa un terrorista di sinistra e l’altro un terrorista di destra. Avranno una storia nella quale si inseriscono episodi veri, Ramelli, Fausto e Iaio, le bombe… quel grande spartiacque che fu per l’Italia il 12 dicembre 1969». In quel periodo storico, con la strage di Piazza Fontana a Milano, «finiscono i festosi e gioiosi anni ’60, combinazione mancavano diciotto giorni al nuovo decennio, la bomba di piazza Fontana cambia la percezione del sociale. Da lì in poi si parte per una strada che non ha ritorno e io ho raccontato questo mondo in queste due storie parallele».

Il ricordo di Sergio Ramelli

Di recente Enrico Ruggeri ha partecipato alla commemorazione per i 50 anni dalla morte di Sergio Ramelli. «Era un ragazzo che cinquant’anni fa in un liceo milanese scrisse un tema contro le Brigate rosse – ha ricordato -. Il tema venne appeso nella bacheca della scuola con sotto la scritta “questo è il tema di un fascista”. Stiamo parlando di un ragazzo del liceo, credo non avesse ancora 17 anni. Pochi giorni dopo torna a casa e viene aggredito da un commando e ammazzato, in realtà morirà dopo quaranta giorni di agonia, a colpi di chiave inglese».

Anche il cantautore ha pagato a caro prezzo la scelta di esporsi su un argomento come questo, che ancora oggi non riesce ad essere oggetto di memoria storica condivisa. «Ancora oggi ho ricevuto valanghe di insulti – ha concluso – per per avere partecipato alla commemorazione di un ragazzo di 17 anni ucciso a sprangate per un tema. Cinquant’anni dopo».

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