
L'intervista
Disforia di genere, Morresi (Comitato nazionale per la bioetica): “Tema delicato, giusto monitorare”
Su una questione molto importante è fondamentale fare una riflessione che tuteli, innanzitutto, l'infanzia e l'adolescenza ed evitando ogni tipo di eccessi. Bene l'intervento del governo
“Non capisco queste critiche”. Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale per la bioetica, difende il provvedimento del governo che prevede la creazione di un registro Aifa sulle prescrizioni dei farmaci per la disforia di genere.
Secondo lei, perché questo registro ha destato tanto scalpore?
Sinceramente non saprei, perché all’Aifa esistono già tantissimi registri per i farmaci. E, proprio perché questi trattamenti per la disforia di genere sono così discussi a livello internazionale, non si capisce il motivo per cui qualcuno debba essere contrario al fatto di monitorarne l’utilizzo e chiederne una prescrizione più rigorosa. Adesso non abbiamo nemmeno la cifra esatta di quanti ragazzi prendono questi farmaci: anche il Comitato nazionale per la Bioetica ha parlato di dati carenti e frammentari. L’Aifa non scheda i pazienti nei suoi registri e tantomeno discrimina le persone trans. I registri per i farmaci rientrano nell’attività ordinaria dell’ente. Basti pensare che esistono anche registri, al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità, per protesi e per dispositivi medici di vario genere e pure per alcune patologie (per esempio il registro sulle malattie rare). Oltretutto si tratta di farmaci per minori e di somministrazioni che hanno conseguenze irreversibili e, pertanto, questo provvedimento viene fatto a loro tutela.
Ma era proprio necessario creare anche questo registro?
È necessario perché mette ordine nei dati, nelle prescrizioni e nelle somministrazioni di farmaci bloccanti la pubertà e ormoni femminilizzanti e mascolinizzanti che si danno ai minorenni. Sono percorsi delicati per i quali non esistono linee guida italiane ufficiali emesse dal Ministero della Salute e non abbiamo un quadro preciso della situazione italiana. Su questo, inoltre, è in corso un grosso dibattito internazionale proprio perché gli esperti hanno pareri discordanti tra loro sul tipo di utilizzo di questi farmaci. In alcuni Paesi, anche europei, si continuano ad usare, mentre in altri Paesi come la Gran Bretagna i farmaci bloccanti la pubertà non si possono più somministrare e si aspettano delle sperimentazioni. È, dunque, importante che vi sia un monitoraggio chiaro della situazione proprio per la delicatezza del problema.
Le opposizioni contestano, inoltre, il fatto che scelte mediche vengano demandate a un “comitato politico”. È effettivamente così?
Anzitutto il comitato etico pediatrico nazionale non è un comitato politico, ma serve per le sperimentazioni cliniche in ambito pediatrico ed è già attivo da diversi anni. È uno dei 40 comitati etici autorizzati e non ha nulla di politico. In secondo luogo, il comitato etico autorizzerà le prescrizioni dei farmaci solamente in attesa delle linee guida che devono essere fatti dal Ministero. Quando ci saranno questi protocolli, il passaggio al comitato etico non vi sarà più. Non viene proibito nulla, ma viene soltanto prescritto e monitorato l’uso in maniera rigorosa perché si tratta di farmaci per minori.
Quali sono i rischi dell’uso della triptorelina?
La triptorelina viene usata quando la pubertà è patologica, ossia ad esempio quando a una bambina di 6 anni viene il ciclo e, in questo caso, il farmaco è sperimentato ed efficace. Per la disforia di genere, invece, il farmaco blocca la pubertà fisiologica, ossia che sarebbe avvenuta naturalmente. In questo caso non sappiamo che effetto abbia a lungo termine sullo sviluppo cognitivo o sullo sviluppo delle ossa. Non conosciamo i rischi e i benefici perché non ci sono sperimentazioni per questo caso. Inoltre, nel 90% dei casi chi prende la triptorelina prosegue poi con l’uso degli ormoni mascolinizzanti e femminilizzanti e non abbiamo sperimentazioni a lungo termine che ci dicano che l’uso di questi farmaci migliora la disforia di genere. Il mix di questi farmaci, poi, porta a una transizione di genere che generalmente viene avviata intorno ai 12 anni. Su questo tema c’è una discussione in corso nella comunità scientifica e molti sostengono che non ci debba essere alcuna transizione di genere tra i minori. In Gran Bretagna, per esempio, l’uso dei bloccanti è stato vietato, mentre in Svezia e Finlandia si usano percorsi psicologici per la disforia di genere e i farmaci sono diventati residuali. In Italia, invece, il comitato di bioetica dice che i dati scientifici a supporto della triptorelina sono insufficienti e comunque, prima di assumere la triptorelina, il paziente deve fare una terapia psicologia, psicoterapeutica ed eventualmente psichiatrica e si deve dimostrare che tutto questo percorso è stato inefficace.