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Nuovo ordine commerciale

Dazi a raffica, Trump colpisce India e Brasile: “Stanno già entrando miliardi di dollari nelle casse degli Usa”

Brics nel mirino. Il presidente socialista Lula: "Non mi umilierò. Il presidente americano non può dettare legge, siamo un Paese sovrano". Modi: "Non scenderò a compromessi", e manda il suo 007 a Mosca per fare asse comune

Esteri - di Alice Carrazza - 7 Agosto 2025 alle 09:40

«È mezzanotte!!! Miliardi di dollari in dazi stanno ora affluendo verso gli Stati Uniti d’America!» È con un punto esclamativo e l’orgoglio battagliero che il presidente Donald Trump ha annunciato nella notte l’entrata in vigore delle nuove tariffe commerciali. Pubblicato su Truth social, il proclama non è una minaccia, ma l’atto esecutivo di un mondo che cambia. La stagione del globalismo senza confini e delle filiere produttive transnazionali considerate intoccabili è finita. È tornata l’era dei rapporti di forza.

La nuova mappa dei dazi di Trump

All’alba del nuovo giorno, le merci di 39 Paesi sono entrate in una nuova giurisdizione doganale. Le aliquote non sono più uniformi: oscillano a seconda della considerazione geopolitica di Washington. Brasile (50%), Laos e Myanmar (40%), Svizzera (39%), Iraq e Serbia (35%) sono tra i più colpiti. Non si tratta solo di commercio: si tratta di segnali politici, di premi e punizioni.

Canada e Messico mantengono l’esenzione solo se rispettano gli standard previsti dal patto nordamericano. In caso contrario, anche loro pagano: 25% per il Messico, 35% per il Canada, in netto rialzo.

La Casa Bianca ha pubblicato un elenco dettagliato. India e Taiwan vengono colpite con il 25% e il 20% rispettivamente, ma l’India è sotto particolare osservazione: un ordine esecutivo firmato da Trump introduce un ulteriore dazio del 25% da fine agosto. Motivo: Nuova Delhi continua ad acquistare petrolio dalla Russia. E The Donald, che la guerra la vuole concludere alle sue condizioni, pretende coerenza.

L’India al bivio: la fedeltà occidentale ha un prezzo

Ajit Doval, l’ottantenne consigliere per la sicurezza di Modi, noto come il “James Bond indiano“, è atterrato a Mosca proprio mentre il tycoon firmava il provvedimento. Il messaggio è chiaro: l’India non ha intenzione di abbandonare il proprio margine di autonomia strategica.

Doval incontrerà funzionari russi, forse anche Putin, per preparare l’arrivo di Jaishankar, il ministro degli Esteri che ha dato a Nuova Delhi un tono nuovo, soprattutto a livello comunicativo: diretto, nazionalista, spregiudicato. L’India farà quello che è nel suo interesse, il mantra.

Ma l’alleanza di sale con Mosca non è in discussione

E in effetti, Modi non arretra: «L’India non scenderà mai a compromessi sul benessere dei suoi agricoltori, del settore lattiero-caseario e dei pescatori. E so personalmente che per questo dovrò pagare un prezzo molto alto», ha dichiarato questa mattina.

Eppure, la Repubblica asiatica non ragiona in ottica di isolamento, ma si muove da anni lungo un doppio binario diplomatico. Da un lato, il rafforzamento dei legami con gli Usa e altri partner occidentali (Italia di Giorgia Meloni in prima linea), soprattutto in chiave anticinese; dall’altro, il mantenimento di rapporti solidi con Mosca, centrati sulla cooperazione militare e sull’accesso a forniture energetiche a basso costo. Quest’ultima «una partnership che è rimasta solida nel bene e nel male», come spiega il vicepresidente dell’Observer research foundation di New Delhi, Harsh V. Pant, al Foglio.

Lula: “Non mi umilierò davanti a Trump”

Dal Brasile, l’aria è ancora più tesa. Colpito con il 50%, il Paese guidato dal socialista Luiz Inácio Lula da Silva ha ricevuto la tariffa più alta dell’intero pacchetto. Il presidente brasiliano ha risposto con tono sindacale: «Il giorno in cui la mia intuizione mi dirà che Trump è pronto a parlare, non esiterò a chiamarlo. Ma oggi la mia intuizione mi dice che non vuole parlare. E io non mi umilierò».

Lula ha escluso ritorsioni immediate ma ha evocato un coordinamento con i Paesi Brics. «Al momento non c’è coordinamento tra i Brics, ma ci sarà». Un richiamo alla contrattazione collettiva dei deboli del Sud del mondo, o almeno di quelli che così sono stati etichettati mentre guadagnavano peso economico e politico.

Il presidente ha poi affermato che le nuove tariffe sono «inaccettabili», e che «il presidente degli Stati Uniti pensa di poter dettare legge a un paese sovrano come il Brasile». Un tono volutamente evocativo, condito da memoria storica: «Avevamo già perdonato l’intervento statunitense nel colpo di Stato del 1964. Ma questa, oggi, non è una piccola ingerenza».

Lula ha negato di avere problemi personali con Trump, ma ha ricordato pubblicamente come il presidente americano abbia «umiliato» Zelensky e Ramaphosa: «Un presidente non può umiliare un altro presidente. Io rispetto tutti, e pretendo rispetto».

La nuova dottrina Trump

Il pugno duro sui dazi è il manifesto del nuovo ordine trumpiano. Chi commercia con gli Stati Uniti lo fa alle condizioni imposte da Washington. Chi tratta con i nemici dell’America, ne paga il prezzo.

Dietro l’annuncio scenografico della mezzanotte c’è una filosofia precisa: rimettere al centro l’interesse nazionale americano, anche a costo di scontentare gli alleati. O forse proprio per questo.

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di Alice Carrazza - 7 Agosto 2025