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Macron Francia Bayrou

La debacle del principino

Come sfasciare la Francia in cinque mosse, o in quattro governi: le memorie non autorizzate di Monsieur Macron

Tra disfatte interne, arroganza internazionale e un partito in decomposizione, il Paese d'Oltralpe scivola verso l’ingovernabilità permanente. E c'è chi titola la fine annunciata: "Lui o il caos. Lui o il debito"

Esteri - di Alice Carrazza - 26 Agosto 2025 alle 15:55

François Bayrou andrà in Aula l’8 settembre con un piano da 44 miliardi e un fiammifero acceso tra le dita. Ma in un Paese ridotto a pagliaio, basta una scintilla per trasformare tutto in un rogo. Così l’ennesimo governo dell’era Macron – il quarto per l’esattezza – rischia di ridursi in cenere davanti a un’Assemblea frammentata, a un popolo stanco, e a un Paese che non osa più guardarsi allo specchio. «Lui o il caos. Lui o il debito», scrive il quotidiano belga Le Soir — uno dei tanti che ha già dichiarato morte certa all’esecutivo. Eppure, il caos c’è da tempo. E la débâcle non comincia con Bayrou: comincia con un presidente, che dopo aver sfasciato il bipolarismo, ha lasciato la Francia in preda a un delirio da repubblica balcanizzata, dove nessuno è più in grado di indicare una direzione –. E tanto meno di seguirla.

Dal bipolarismo al caos istituzionale

La Repubblica francese si era retta per decenni su una struttura chiara: alternanza, coabitazione, equilibri. Emmanuel Macron ha scelto di far saltare il banco, costruendo attorno a sé un partito personale spacciato per movimento, La république en marche, poi ribattezzato Renaissance – nome ironico per un corpo ormai in decomposizione. Ma il problema non è solo la disfatta macroniana. È l’implosione di un intero sistema.

Con l’ascesa dell’estrema sinistra di Mélenchon e la forza crescente del Rassemblement national di Marine Le Pen, i centristi sono stretti nella morsa. «Macron deve andarsene se Bayrou non ottiene la fiducia», ha tuonato il leader radicale di Lfi, annunciando una “mozione di censura” anche contro l’Eliseo. Ma l’aria che si respira è quella di una guerra civile parlamentare. Non di un normale dissenso democratico.

Bayrou appeso a un filo, ma è Macron a non avere presa

Bayrou fu piazzato a Matignon come ultimo tentativo di dare un volto istituzionale a un governo che non esiste. La scommessa, dicono da tutte le parti, era persa in partenza. Le Figaro lo scrive a chiare lettere: «Nessuna possibilità. Scommessa politica rischiosa».

La Francia però non ha solo un governo in bilico. Ha un presidente che non guida più nulla. Sembra il tonno intrappolato nella tonnara: sbatte a destra e sinistra, lancia proclami, minaccia e si indigna. Ma nessuno lo ascolta. Anzi, c’è addirittura chi se ne fa beffa: Donald Trump, per esempio, che l’ha preso come hobby preferito.

Il “principino dell’Eliseo” ha perso la testa

La verità è che Macron ha perso la testa già nel 2022, quando Marine Le Pen ha sfiorato l’Eliseo. Da lì, la sconfitta alle europee dello scorso anno. Lo scioglimento del Parlamento. Le elezioni anticipate — con cordone sanitario a seguito per escludere la destra lepenista dal potere —. La nomina di Bayrou. I rattoppi istituzionali. 

Le crisi si moltiplicano. In casa, non c’è una linea politica. All’estero, solo presunzione. Macron si è inventato la “coalizione dei volenterosi” per l’Ucraina come un bambino si inventa un esercito con i soldatini. Ha parlato di truppe a Kiev mentre in patria si tagliano le festività pasquali dal bilancio “per mancanza di fondi”. Ha taciuto sulle barricate nelle banlieues parigine, ma ha fatto la voce grossa con l’Italia per una frase estrapolata da Matteo Salvini. Quando fu il suo compagno di partito Gérald Darmanin a criticare l’Italia sul dossier migranti, Monsieur le Président però pretendeva silenzio.

Una Repubblica senza guida, un popolo senza fiducia

Il vero dramma non è solo politico. È antropologico. I francesi, che dalla monarchia all’era gollista hanno sempre cercato l’uomo forte, oggi si ritrovano con un principino spaventato a palazzo. Incapace di comandare. E troppo orgoglioso per dimettersi. Il potere è ancora suo: ma l’autorità è evaporata.

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di Alice Carrazza - 26 Agosto 2025