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Asia Cogliandro pallavolista licenziata incinta

Il caso

“Sono rimasta incinta e mi hanno licenziato”: la denuncia della pallavolista Asia Cogliandro riapre il dibattito sui diritti delle mamme-atlete

La Lega Volley prende le distanze: "Si tratta di una situazione che poteva e doveva essere evitata con sensibilità e buon senso". La Fipav promette verifiche: "La maternità non può mai essere vista come una colpa, né tantomeno come un ostacolo alla carriera di una sportiva"

Cronaca - di Ginevra Lai - 28 Luglio 2025 alle 15:24

Licenziata perché incinta. Succede ancora, nel 2025, in Italia. È quello che ha denunciato Asia Cogliandro, pallavolista centrale con una lunga carriera tra A1 e A2, oggi a Perugia. L’atleta ha raccontato di essersi ritrovata senza squadra, senza stipendio e senza più un ruolo dopo aver scoperto e comunicato di aspettare un figlio. La sua testimonianza, affidata a La Stampa, è carica di amarezza: «Mi hanno fatto detestare lo sport che amavo».

Asia Cogliandro: “Sono stata licenziata perché incinta”

Asia scopre di essere incinta a gennaio. È un momento complesso, fatto di paura e gioia: l’anno prima aveva avuto un aborto, era in cura, le avevano detto che un’altra gravidanza sarebbe stata improbabile. Ma accade. «Una mano dal cielo», dice, aggiungendo però che «subito, la società mi dice di lasciare la casa e di restituire anche le mensilità di affitto già pagate».

Racconta di aver cercato un modo per rimanere, offrendosi di gestire i social o di occuparsi di un lavoro d’ufficio, e di aver provato a congelare il contratto, per poi riprendere alle stesse condizioni. Trovando però davanti a sé un muro di gomma opposto dalla società, che – sostiene – le avrebbe risposto che se non avesse accettato l’accordo difficilmente avrebbe poi trovato un’altra squadra in cui giocare.

«Piuttosto che tornare a giocare faccio il muratore, con tutto il rispetto, non sarei ovviamente in grado, però lo sport che amavo ora mi disgusta», confessa la sportiva. «Non ne voglio più sapere di quel mondo».

Il passaggio alle vie legali

«Quando sono partite le comunicazioni legali hanno sostenuto che io sono scappata senza dire nulla. Mi prendono in giro. Fossi sparita sul serio mi avrebbero diffidata», dice ancora, parlando della sensazione di isolamento vissuta rispetto alla società, ma anche dei gesti di solidarietà ricevuti: «Le giocatrici in privato mi sostengono, ma sono spaventate». L’allenatore avrebbe chiesto alla società almeno di pagarle il dovuto per evitare “figuracce”.

Un caso isolato? No, l’Italia ha la memoria corta

Un caso simile fu denunciato qualche anno fa da Laura Lugli, con uno strascico anche legale che si è protratto per anni. Anche il New York Times raccontò la vicenda. All’epoca si parlò di riforme. Ma, dice oggi Cogliandro, «siamo sempre con contratti co.co.co, a tempo, non siamo professioniste. Qualcosa è stato modificato, dovrebbero esserci più tutele. Ma Lugli non era la prima e se continuiamo ad accettare compromessi io non sarò l’ultima. È ora di dire basta».

Le parole delle istituzioni: molte promesse, pochi fatti

Allo stato attuale non risultano repliche da parte della società sportiva all’intervista da parte della società sportiva. La Lega volley, tramite il presidente Mauro Fabris, si dice «rammaricata» e parla di una vicenda «che poteva e doveva essere evitata con sensibilità e buon senso». Ricorda l’impegno per la «tutela della vita» e delle atlete. Poi però precisa: «Alcuni giudizi espressi, comprensibili nel momento particolare che sta vivendo la giocatrice, sono ingiusti nei confronti di una realtà come la Serie A».

Anche il presidente della Fipav, Giuseppe Manfredi, interviene: «La maternità non può mai essere vista come una colpa. Abbiamo istituito il fondo “La maternità è di tutti”». Parole giuste. Ma resta la domanda: se gli strumenti ci sono, perché le atlete continuano a essere lasciate sole? «Posso garantire — promette Manfredi — che la Fipav continuerà ad essere in prima linea su questo tema, oltre a vigilare affinché episodi di questo tipo non trovino spazio nel nostro movimento. Allo stesso tempo per correttezza, mi riservo di approfondire la vicenda con la società coinvolta».

Maternità e sport: i casi simbolo e le eccezioni

Ma lo sport offre anche esempi positivi, come nella scherma. Arianna Errigo ha vinto i Mondiali incinta di due gemelli. Valentina Vezzali è tornata in pedana diciotto giorni dopo il parto e vinse l’oro ai mondiali tre mesi dopo aver dato alla luce il suo secondo figlio. L’egiziana Nada Hafez ha gareggiato incinta a Parigi 2024. Ma sono casi ancora troppo isolati. Nel 2018 la Nike cercò di tagliare i fondi ad Allyson Felix, campionessa olimpica, perché incinta. L’azienda fece marcia indietro solo dopo un’ondata di indignazione. Felix tornò e vinse ancora.

«Non possiamo continuare così», ripete Asia, chiedendo rispetto per sé e per tute le atlete.

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di Ginevra Lai - 28 Luglio 2025