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L’anomalo asse Musk-Trump. Il tecnopotere spiegato nel nuovo libro di Guerino Nuccio Bovalino

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L’anomalo asse Musk-Trump. Il tecnopotere spiegato nel nuovo libro di Guerino Nuccio Bovalino

Tra apocalisse tecnologica e riscoperta delle radici: il nuovo immaginario che plasma il futuro raccontato nel nuovo libro di Guerino Nuccio Bovalino

Cultura - di Andrea Moi - 25 Luglio 2025 alle 08:30

Erano anni che il futuro non era così presente. Può sembrare un gioco di parole ma quello che sta avvenendo negli Stati Uniti sta sconvolgendo l’immaginario collettivo o forse l’immaginario collettivo ha sconvolto quello che sta avvenendo negli Stati Uniti? Fatto sta che le distopie apocalittiche, l’invasione androide, l’elettrificazione della società sono diventate centrali nella narrazione di Netflix, nei bestseller, in tv, sui social. L’immaginario collettivo si abitua al futuro terribilmente prefigurato da Black Mirror, lo interiorizza per metabolizzare una realtà ibrida umana e robotica. Le menti si preparano a nuovi e sconvolgenti cambiamenti. Si apparecchiano le coscienze in attesa del grande atterraggio su Marte, per vivere un nuovo sbarco interstellare che porti l’umanità fuori dalla sua mediocrità, oltre i suoi limiti.

La riscoperta delle Radici e dell’innovazione

Quello che racconta Guerino Nuccio Bovalino nella sua ultima opera “La gaia incoscienza. Immagine del tecnopotere” è esattamente questo.Nell’opera edita dalla Luiss la crisi del progressismo viene descritta come una stella cadente che ha generato le icone dell’apocalisse. Greta Thunberg, i divi di Hollywood, le lotte gender della Disney, la cancel culture, le  teorie dell’emergenza continua, virale o democratica, la permacrisi economica e geopolitica come destino ineluttabile. Per Bovalino La polvere di queste stelle è divenuta il nutrimento per un’idea antitetica al progressismo classico: ecco la gaia incoscienza, la gioiosa rivoluzione che unisce in un’epica innovativa la riscoperta delle radici e la fiducia nell’innovazione.

I due lati del MAGA

L’alleanza per ora interrotta tra Trump e Musk, non è che un capitolo della storia che si sta dispiegando facendo correre il tempo più veloce di quanto non abbia fatto negli ultimi anni. Quella di Musk è una spinta verso il futuro, un tentativo di accelerazione al quale eravamo disabituati. Una progressione temporale alleata col conservatorismo dell’america profonda rappresentato da un’altra colonna portante della vittoria di Trump, quella di J. D. Vance. Pensare al trumpismo come a un monolite è un errore. Il fenomeno MAGA ha le sue sfumature. Se Musk rappresenta l’aspetto oscuro proiettato in un futuro incerto, Vance rappresenta il lato tenue di chi vuole tornare alle certezze di un presente calmo piuttosto che alla frenesia di un progresso accelerato. È il contrasto tra Apollo e Dioniso che in un tratto della storia sembrano stringersi la mano in un’insolita alleanza. Come sostiene Bovalino nel suo testo al di là delle controversie e degli scontri, delle incomprensioni e delle prime guerriglie interne fra i protagonisti di questo progetto post-politicoibrido, non si deve eludere la portata enorme di una trasformazione che si è incarnata nelle personalità citate ma ugualmente le oltrepassa. Trump, Musk e gli altri sono le forme che hanno dato ospitalità a un’energia tellurica e ancestrale ormai impossibile da fermare.

Verso mondi lontanissimi

Chi crede che l’impulso dato da Musk sia l’ennesimo passo della società occidentale verso il materialismo sbaglia. La spinta generata dal patron di SpaceX  interpreta il nostro atavico istinto verso il cielo, verso mondi ultraterreni per smaterializzare i nostri corpi umani, troppo umani. Ed ecco quindi che il lancio di un razzo Starship proietta la nostra brama di infinito. I pianeti compongono l’antica e sacra cosmogonia e la propulsione nucleare del missile è un inquieto tentativo dell’uomo di avere di nuovo il cielo dentro di sé, come in alto così in basso.

Progressisti in fissa col passato

Mentre l’irregolare alleanza dell’elegia americana con quella della interstellar muskiana costruisce il suo percorso sul futuro, c’è un mondo, quello del progressismo democratico, che sembra provare a ricostruire la sua egemonia sul passato. I progressisti si stanno trasformando in entusiasti teorici di una politica-zombie. È l’eterno ritorno dei morti viventi, la tattica patologica che li porta a riproporre personaggi e ideologie polari e binarie, che si contrappongono per incasellare il conflitto e la divergenza. Portare lo scontro nel passato consente loro di non misurarsi con le criticità del presente. La cancel culture e la teoria woke funzionano allo stesso modo. Sono entrambe posture culturali per eludere l’attualità.

La divinizzazione della tecnologia

Ma nel libro di Bovalino non si trova solo la guerra culturale tra due mondi che guardano al tempo e allo spazio con intenzioni diverse, bensì un’accurata analisi del rapporto tra uomo e tecnologia, tra società e mass media. Lo studioso sottolinea come dietro alcuni processi che vengono descritti come alienanti o illusori si celi una fame di sacro. Viene definita la tecnologia divina perché divenuta lo strumento con cui costruiamo il senso del mondo e la nostra quotidianità, il medium a cui affidiamo le nostre stesse esistenze. Ripetiamo quindi alcune ricerche di senso con i nuovi mezzi che il tempo ci presenta ma guardiamo all’intelligenza artificiale con lo stesso stupore con cui Michelangelo guardava il suo Mosè. Attraverso la scoperta e l’invenzione, l’uomo prova a ripetere la creazione per avvicinarsi al divino, per farsi sua immagine e somiglianza. Omnia ars naturae imitatio est Ogni artefatto altro non è che un tentativo di imitare la natura, il creato. Che il prodotto sia composto da marmo e legno o da microchip innervati da elettroni poco conta. La parola d’ordine è riprodurre. Reinterpretare la realtà, ripeterla, raccontarla.

Il pericolo di un salto nel vuoto

Bovalino sottolinea come questo impulso verso il futuro non debba corrispondere a un abbandono delle radici, anzi per potersi librare nell’infinito e ibridarsi al metallo pesante bisogna pur sapere ciò che si è. Per disperdersi bisogna essersi prima trovati, per disconoscersi l’aver avuto coscienza di ciò che siamo. Essere umani, con una patria reale e interiore, ci consente di esperire l’ultra-umano. Ed è per questo che Vance e Musk sono indispensabili l’un l’altro. Rappresentano i due poli senza i quali il futuro non è che un salto nel vuoto dell’illusione, un volo icariano con ali di cera. Come indispensabile in questo slancio è l’Europa, per ora una Bella addormentata nel bosco vittima di un sonno eterno che aspetta qualcuno a liberarla dall’incantesimo. L’Europa oggi non ha in sé né lo slancio verso il futuro, né l’amore per le Radici. La sua forma politica è un debole magma che si limita a seguire le energie telluriche sprigionate lontano dai suoi abissi. Che siano le follie del Joker Musk, o l’impeto selvaggio del King Kong Trump a farla svegliare questo ancora non lo sappiamo. Certo è che pensare un mondo nuovo senza il vecchio continente equivale a immaginare un Ulisse senza Itaca.

Come affrontare i pericoli di questa sfida

Come affermato dallo scrittore Il vero segreto del successo risiede nel talento di chi riuscirà a radicare l’effimero, a dare un’anima alle macchine, a trovare una corrispondenza baudelairiana fra l’eterno bisogno di una radice che risieda nell’umano e l’infinito indistinto verso cui tende e ci trasporta l’artificio tecnologico che irrompe potente nella nostra era. Non si tratterà quindi solo di raggiungere nuovi obiettivi, collegare sempre più velocemente luoghi e persone bensì di riempire di senso queste scoperte affinché l’uomo si senta il Deus Ex Macchina non per sindrome d’onnipotenza ma per riscoprirsi materia rara imbevuta di Spirito capace di significare il futuro.

 

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