
Delitti italiani/3
Il delitto del Circeo e Angelo Izzo: quegli occhi malefici e un massacro che nessuno può dimenticare
Cinquant'anni fa la strage che portò alla morte di Rosaria Lopez, torturata insieme a Donatella Colasanti. Il mistero di Ghira e un criminale che tornerà ad uccidere tanti anni dopo
Il delitto del Circeo rimarrà impresso nella memoria collettiva per due cose: le torture a due povere ragazze e gli occhi di Angelo Izzo, quasi una riedizione ma in chiave malefica dello sguardo indimenticabile del giovane Alex di Arancia meccanica. E, nonostante il film capolavoro di Kubrick avesse un senso etico e pedagogico del tutto diverso, quella strage fu paragonata proprio al titolo del romanzo di Anthony Burgess.
Il delitto del Circeo e il fungo dell’Eur
Rosaria Lopez (19 anni, barista) e Donatella Colasanti (17 anni, studentessa) provenivano da famiglie residenti nel popolare quartiere romano della Montagnola.
A settembre del 1975 conoscono, attraverso un amico, tre pariolini, “figli di papà”. Andrea Ghira, ventiduenne, era figlio dell’imprenditore edile e campione olimpico di pallanuoto Aldo Ghira; Angelo Izzo, ventenne, era studente di medicina; Giovanni Guido, detto “Gianni”, diciannovenne, studiava invece architettura. Ghira e Izzo avevano precedenti penali: due anni prima del massacro, i due avevano compiuto insieme una rapina a mano armata per la quale Ghira dovette scontare venti mesi nel carcere di Rebibbia, mentre Izzo fu prosciolto per insufficienza di prove.
Fatale fu un appuntamento al Fungo dell’Eur: Izzo e Ghira fanno amicizia con le ragazze e propongono loro di rivedersi, insieme a un altro amico, per un gita sul litorale. Le ragazze, purtroppo, diranno di si.
Le torture e le violenze
Alle 18:20 del 29 settembre, Izzo e Guido, insieme a Rosaria e Donatella, arrivarono a Villa Moresca, una dimora di proprietà della famiglia di Ghira, che non avevano ancora incontrato, che sorgeva sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa, nel comune di San Felice Circeo in via della Vasca Moresca. I due cominciarono a fare esplicite avances sessuali alle ragazze, le quali non accondiscesero, provocando una reazione furiosa dei giovani.
Racconterà Donatella Colasanti: “improvvisamente, uno di loro tirò fuori la pistola. Cominciarono a dirci che appartenevano alla banda dei marsigliesi e che Jacques, il loro capo, aveva dato l’ordine di prenderci in quanto voleva due ragazze “. Il “marsigliese” altri non è che Andrea Ghira.
Per più di un giorno e una notte le due ragazze furono violentate, seviziate, massacrate e insultate dai tre. Nel mezzo delle torture Guido si assentò momentaneamente per cenare a Roma con i suoi familiari, poi fece ritorno al Circeo e si riunì ai suoi amici aguzzini. Le ragazze furono drogate e Rosaria fu trascinata nel bagno al piano superiore della villa dove fu ulteriormente picchiata e infine annegata nella vasca da bagno. Morirà all’istante.
Il salvataggio di Donatella
I tre tentarono di strangolare Donatella con una cintura e seguitarono a colpirla di prepotenza. In un momento di distrazione degli aguzzini, la Colasanti riuscì a raggiungere un telefono e cercò di chiedere aiuto, ma fu scoperta e ulteriormente colpita con una spranga di ferro. Messa nel bagagliaio della macchina si finse morta. Le sue urla, qualche ora dopo, attireranno un metronotte e l’arrivo dei carabinieri.
L’arresto
Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, messo in allarme da una soffiata, si rese latitante; il mattino dopo i carabinieri scoprirono la madre e il fratello di quest’ultimo nei pressi dell’abitazione del Circeo e ipotizzarono che Ghira li avesse avvertiti e avesse chiesto aiuto per far sparire eventuali tracce.
Alcuni mesi dopo Ghira scrisse una lettera, intercettata dagli inquirenti, agli amici Izzo e Guido, nella quale assicurava loro che sarebbero usciti presto “per buona condotta” e minacciava di uccidere Donatella qualora avesse testimoniato contro di loro. Il suo corpo non sarà mai più ritrovato.
Il processo del Circeo e gli occhi di Izzo
Il processo vide fronteggiarsi avvocati di grande livello. Tina Lagostena Bassi per le parti civili, addirittura Alfredo De Marsico(considerato il più grande penalista italiano, ministro della giustizia con Mussolini e tra i firmatari della mozione Grandi contro il Duce del 25 luglio del 1943). Ergastolo per tutti e tre. Ghira scappò in Spagna.
In quel processo lo sguardo vitreo di Angelo Izzo, difeso da De Marsico sulla sedia a rotelle, rimarrà indelebile. Nessun segno di rimorso o senso di colpa. Nessun pentimento.
I dubbi su Ghira: morì davvero?
Scappato nella penisola iberica, sotto il falso nome di Massimo Testa de Andres, col quale si arruolò nel Tercio (legione straniera spagnola), da cui venne espulso nel 1994 per abuso di stupefacenti. Stabilitosi a vivere a Melilla, exclave iberica in territorio marocchino, vi morì di overdose nello stesso anno e venne sepolto nel locale cimitero. La vera identità della sepoltura a nome Massimo Testa de Andres venne intuita solo nel 2005: nel dicembre di quell’anno il cadavere fu riesumato e identificato mediante esame del DNA come appartenente a Ghira.
Alcuni familiari delle vittime e la stessa Donatella tuttavia non riconobbero le conclusioni della perizia, sostenendo che le ossa esaminate appartenessero a quelle di un parente di Ghira. Tale ipotesi trova tuttavia come unico (non certo) riscontro una foto scattata dai carabinieri a Roma nel 1995, che ritrae un uomo fisicamente simile a Ghira che cammina in una zona periferica della città. Nel 2016 una nuova perizia confermò che i resti erano i suoi.
Izzo, la buona condotta e l’altro omicidio
Nel novembre del 2004, nonostante la condanna pendente, i giudici del tribunale di sorveglianza di Palermo decisero di concedere a Izzo la semilibertà; costui cominciò a beneficiarne a partire dal 27 dicembre. Una volta in libertà, il 28 aprile 2005, rapì e uccise con un complice due donne, Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso, condannato all’ergastolo per aver decapitato nel 1990 il 17enne Cristiano Mazzeo a causa di debiti di droga.
Le vittime furono legate e soffocate e infine sepolte nel cortile di una villetta a Mirabello Sannitico nella disponibilità della famiglia di Guido Palladino, segretario della associazione “Città futura” Fu accertato, dopo vari esami autoptici, che la ragazza non subì violenza sessuale. Questo nuovo fatto di sangue scatenò in Italia roventi polemiche. Il 12 gennaio 2007 Izzo fu di nuovo condannato all’ergastolo per duplice omicidio premeditato, condanna confermata anche in appello. Gianni Guido ottenne la libertà il 2009. Donatella Colasanti morì di tumore al seno il 2005.
Izzo e quel senso di male assoluto
Paranoico? Schizofrenico? No. Nessuna di queste opzioni può valere per Angelo Izzo se non, come scrive Stefano Ferracuti(il più importante psicopatologo forense italiano) in un suo lavoro, che non è dedicato al Circeo, un concetto tipicamente spirituale: il libero arbitrio. Quello che divide protestanti e cattolici. E cioè la libertà che Dio ci dà, secondo Santa Romana Chiesa, di agire senza la sua predeterminazione . E Izzo l’educazione cattolica, come ricorda un film omonimo sulla strage, la ricevette realmente, traendone poco beneficio. In quegli occhi anaffettivi ma sempre aperti c’è una sorta di antisocialità innata. Il disprezzo per ogni pietas, l’assenza del senso di colpa, il non distinguere tra uccidere una formica per motivi igienici e una ragazza per puro svago. Forse nessun grande criminale italiano, nemmeno i serial killer e meno ancora i mafiosi(che hanno pur sempre un senso finalistico che porta agli omicidi) porta con se quel segno intangibile. Un lontano gemello di Charlie Manson, il “male assoluto”. Che, a differenza dell’Alex di Arancia meccanica, non ama Beethoven. Forse ama solo stesso. Forse.