
Confusi e felici
Al Pride di Budapest tutto bene. A quello di Milano un po’ meno: la sinistra sfila con i pro Hamas e lascia fuori la comunità ebraica
Dem&co vanno all'estero per manifestare contro censura e compressione dei diritti, ma tacciono su quello che avviene ai "loro" cortei in Italia. Il Pd comunica che Elly Schlein in Ungheria è stata accolta da «entusiasmo e cori»: doveva espatriare perché succedesse
Talmente è repressivo il regime di Viktor Orban in Ungheria che al Pride di Budapest hanno partecipato senza problemi alcune decine di migliaia di persone. Gli organizzatori ne hanno dichiarate 200mila, prima avevano parlato di 100mila. Altre stime parlano di 35mila, ma – vabbè – si sa che per le manifestazioni va sempre un po’ così. Il punto non è questo: il punto è che, a quanto pare e almeno fino al momento in cui scriviamo, a Budapest tutti quelli che hanno voluto hanno potuto sfilare, sostenitori del Pride e detrattori, senza che si registrassero particolari problemi e, in fondo, neanche particolari allarmi. Bisogna invece spostarsi a Milano per trovare una fetta di popolazione che ha visto compressa la propria libertà di manifestare, sebbene non da parte di una qualche “democrazia illiberale”, ma da parte di quelli che le “democrazie illiberali” dicono di volerle combattere: lo stesso fronte ideale che è andato Budapest a difendere la possibilità di sfilare della comunità Lgbt ha precluso con opere e omissioni la possibilità della comunità ebraica milanese di partecipare al Pride all’ombra del Duomo.
Schlein vola al Pride di Budapest, ma tace di quello di Milano
Come ormai avviene per tutti gli appuntamenti simbolo della sinistra, dal 25 aprile a scendere, la forte componente Pro Pal e antisemita del corteo milanese ha impedito la presenza in piazza della comunità ebraica. Non risultano condanne dell’accaduto da parte di Elly Schlein. In compenso, l’ufficio stampa del Pd ci ha tenuto a far sapere che la segretaria «è stata accolta con molto entusiasmo e con cori che ripetevano il suo nome» quando ha raggiunto lo spezzone italiano del corteo di Budapest. Una sottolineatura un tantino fantozziana, e che suscita facili battute sul fatto che per ottenere questa gratificazione Schlein poteva giusto espatriare.
Sala solidale a parole con la comunità ebraica, ma in piazza con chi la esclude
Il sindaco Giuseppe Sala, invece, per l’assenza della comunità ebraica al Pride di Milano si è detto «dispiaciuto», ha aggiunto di capire «che c’è paura», ha sottolineato che «è un peccato enorme». Epperò stava in piazza con quelli che questo peccato lo hanno provocato, ritenendo evidentemente che chi non si è mai visto negare il diritto di sfilare merita una vicinanza anche fisica, mentre chi quel diritto lo vede sospeso ormai da quasi un paio d’anni merita una vicinanza a parole. «Rispetto alla manifestazione di oggi credo che sia una manifestazione che ha il senso di ribadire che Milano crede nella libertà. Nella libertà che ha come un unico limite rispetto alla libertà degli altri, però mi pare che qui di rispetto ce ne sia», ha detto il primo cittadino a margine della manifestazione.
Perché la comunità ebraica Lgbt non è scesa in piazza a Milano
Per capire quale sia la misura di questa libertà bisogna leggere le parole del direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano Davide Romano, affidate a una nota. «Purtroppo – ha spiegato – quest’anno per la prima volta nella mia vita non potrò partecipare al Pride di Milano con i miei amici perché si autorizza l’uso di termini che mettono a rischio di aggressioni la comunità ebraica, ed in particolare gli ebrei Lgbti». «Sono recenti – ha ricordato Romano – le contestazioni a Keshet Europe, associazione che raggruppa ebrei Lgbti europei, a Roma contro cui hanno gridato “assassini” e “terroristi”, così come il rifiuto alla partecipazione di Keshet Italia, sezione italiana di Keshet Europe, con le bandiere arcobaleno con la stella ebraica da parte del Toscana Pride». «È assurdo che proprio chi giustamente presta molta attenzione alle parole che generano violenza, non si preoccupi di usare un termine grave come “genocidio”, una parola che – ha concluso il direttore del Museo milanese – notoriamente aizza l’antisemitismo che va a colpire tutti i cittadini italiani di religione ebraica».
De Corato: «Altro che corteo Lgbt: è stata l’ennesima manifestazione Pro Hamas»
Il riferimento di Romano è al documento politico del Pride milanese nel quale si parla di «genocidio documentato perpetrato dal governo israeliano in Palestina». «Oggi, con la scusa del Pride, ancora una volta, in città abbiamo assistito all’ennesimo corteo pro-Hamas. Altro che corteo Lgbt», ha commentato il deputato milanese di FdI, Riccardo De Corato, per il quale «ha fatto bene la Brigata Ebraica milanese a non partecipare alla manifestazione». Poi rivolgendosi agli esponenti della sinistra milanese e nazionale, dal «compagno Majorino» a Elly Schlein Schlein, ha ricordato che «in tutta l’area metropolitana milanese abbiamo oltre 150mila musulmani e, gran parte di queste donne, vengono spesso e volentieri discriminate e sottomesse dai mariti». «Tutto ciò, per Majorino e company, non è repressione, censura, arretramento delle libertà civili e negazione dei diritti? Loro preferiscono prendersela, sempre e comunque, con il governo italiano e con Budapest», ha concluso De Corato.