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Liberato Giovanni Brusca, il mafioso che fece saltare in alto Giovanni Falcone. La rabbia dei parenti degli uomini di scorta

Il boss stragista

Liberato Giovanni Brusca, il mafioso che fece saltare in alto Giovanni Falcone. La rabbia dei parenti degli uomini di scorta

Cronaca - di Robert Perdicchi - 5 Giugno 2025 alle 13:16

Giovanni Brusca, il boss che azionò il telecomando nella strage di Capaci, è dal primo giugno un uomo libero. Lo scorso 31 maggio, come si apprende in ambienti giudiziari, ha terminato la misura della libertà vigilata ed è diventato libero, senza più debiti con la giustizia. L’ex boss di San Giuseppe Jato ha fatto 25 anni di detenzione. Ha iniziato a collaborare dopo l’arresto. Si pentì con questa frase: “Mi colpì quando, uscendo dalla questura per essere portato in carcere, trovai fuori dal portone gente normale, gente onesta, che applaudiva i poliziotti, urlava e mi gridava dietro cose irripetibili: mostro, bestia e altre cose simili. Ecco, per la prima volta toccavo con mano quello che realmente le persone pensavano di me. Quando finalmente ho preso coscienza del male che ho fatto, allora per me è stato come entrare in un incubo senza fine”, parole raccolte nel libro “Uno così, Giovanni Brusca si racconta”. “Mi sono chiesto tante volte cosa significa chiedere perdono per la morte del piccolo Di Matteo. Non lo so. Mi accusano spesso di non mostrare esternamente il mio pentimento, ma io so che per un omicidio come questo non c’è perdono”, diceva ancora lo “scannacristiani” di Cosa nostra, ovvero Giovanni Brusca.

Liberato Giovanni Brusca, la rabbia dei familiari della scorta

La notizia non ha lasciato indifferenti i familiari della scorta di Falcone. “Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime della strage di Capaci e di tutte le altre vittime. Lo so che è stata applicata la legge ma è come se non fosse mai successo niente…”. E’ l’amaro sfogo con l’Adnkronos di Tina Montinaro, la vedova del capo scorta di Giovanni Falcone, Antonio Montinaro, morto nella strage di Capaci insieme con due colleghi e con il giudice e la moglie. “Sì, è vero, ha iniziato a collaborare con la giustizia- dice Tina Montinaro, a capo dell’associazione Quarto Savona Quindici, il nome dell’auto di scorta del marito saltata in aria quel 23 maggio di 33 anni fa – ma non bisogna assolutamente dimenticare che anche i collaboratori sono dei criminali. Non sono diventate persone per bene E noi familiari delle vittime in questo modo non ci sentiamo rispettati”. Poi aggiunge: “Io mi aspetto, visto quello che è successo il 23 maggio, con le polemiche sul minuto di silenzio anticipato, che i palermitani scendano tutti in piazza. Che la società civile si faccia sentire. Non è solo un problema dei familiari delle vittime di mafia ma che riguarda tutti quanti, insomma mi aspetto una presa di posizione forte da tutti i palermitani. Sono 33 anni che noi cerchiamo verità e giustizia, non sappiamo ancora tutta la verità. I processi continuano e Brusca è fuori… Penso che si doveva prendere una posizione ai tempi e fare capire che esiste uno Stato che va rispettato. E’ inutile che continuiamo a commemorare o a fare polemiche per il minuto di silenzio anticipato”, dice ancora Tina Montinaro.  

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di Robert Perdicchi - 5 Giugno 2025