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La “piazzata” di un’opposizione che bara(tta) sui diritti per una spallata…che non c’è

L'editoriale

La “piazzata” di un’opposizione che bara(tta) sui diritti per una spallata…che non c’è

Dal pacchetto Treu al Jobs Act, passando per le varie leggi Fornero e tutte le misure di austerità che hanno caratterizzato i dieci anni di governi tecno-piddini, gli eredi del Pci sono intestatari dello smantellamento in grande stile di quei diritti sociali che un tempo erano la loro ragion politica

L'Editoriale - di Antonio Rapisarda - 8 Giugno 2025 alle 08:14

Tre settimane fa, fantasticando su un presunto isolamento internazionale dell’Italia, stilavano già la lista dei ministri. Quella dopo, gasati per le vittorie nei comuni di Genova e Ravenna (il solito vizio della sinistra di fare di ogni “rione” l’Ohio italiano), erano convinti di essere pronti per la grande spallata. In questa ultima settimana, a proposito dei referendum su Jobs Act e cittadinanza, sono arrivati a toccare vette altissime propagandando a più non posso il neo-ossimoro orwelliano: la sconfitta è vittoria. Il quorum del 50% più uno? Sciocchezze, ha assicurato il dioscuro della segretaria del Nazareno Francesco Boccia, ciò che conta è portare un elettore in più dei 12 milioni e trecentomila che hanno votato centrodestra. Sarebbe questo, nella disperata ricerca di trovare un senso politico a questo tornata, il famigerato “segnale” del divorzio fra i cittadini e il governo.

Nel fantastico mondo di Elly le cose vanno proprio così: le coordinate spazio-temporali non esistono, la logica politica è fluida (come il gender…), le proporzioni sono come i sogni, “son desideri”. E la realtà effettuale? Figuriamoci: da quelle parti, dalla notte dei tempi, va piegata ad uso del partito. Plastico ciò che è avvenuto ieri a Roma: la “piazzata” pro-Pal è stata tutta una grande scusa propagandistica per lanciare – violando spudoratamente il silenzio elettorale – la volata al referendum. Machiavellismo in salsa liberal. A fare da cornice la tragedia della popolazione di Gaza: dramma umanitario utilizzato strumentalmente dai leader giallo-rossi per esercitare l’opposizione nei confronti del governo…italiano (fra i più solidali, con i fatti, nei confronti dei civili palestinesi) e per non lasciare, reciprocamente, il consenso più radicale al vicino di palco. O allo scalpitante Maurizio Landini.

A farne le spese non solo la causa dei “due popoli, due Stati” (in piazza San Giovanni, messaggio pericoloso, c’era spazio solo per uno) ma – venendo al vero motivo di una manifestazione convocata alla vigilia del referendum – i diritti di quelle classi lavoratrici le quali, guarda caso, hanno voltato da un bel pezzo le spalle proprio alla sinistra. Il motivo è abbastanza semplice da individuare: dal primo pacchetto Treu al Jobs Act appunto, passando per le varie leggi Fornero e per tutte le misure di precarizzazione e austerità che hanno caratterizzato i dieci anni di governi tecno-piddini, gli eredi del Pci sono intestatari dello smantellamento in grande stile di quei diritti sociali che un tempo erano la loro ragion politica.

Con una faccia tosta senza precedenti adesso gli stessi, per compiacere il dirittismo da collettivo studentesco della segretaria e la sua ossessione a non lasciare il collateralismo con la Cgil a Giuseppe Conte, intendono abolire se stessi, lavare via il proprio “peccato” (incluso quel poco di riformismo che restava), spostando l’attenzione dalle storiche responsabilità personali alla suggestione: l’avviso di sfratto nei confronti di Giorgia Meloni. Peccato per loro, però, che il governo di destra-centro ha un impianto laburista così robusto che a metà legislatura ha contribuito a far registrare risultati concreti e dati decisamente importanti sul fronte lavoro (con il record di occupati), sul superamento del precariato (la maggior parte dei contratti sono a tempo indeterminato) e sul rilancio del potere d’acquisto dei lavoratori a reddito medio-basso (con il taglio strutturale del cuneo fiscale e l’accorpamento dei primi due scaglioni dell’Irpef).

Gran parte delle storture del Jobs act e delle soluzioni che la sinistra ha scoperto solo oggi con i referendum – e non dal 2011 al 2022 quando Pd & co erano al governo – sono stati superate dunque dalla Corte costituzionale e dalle riforme produttiviste dell’esecutivo Meloni. Davanti a ciò che cosa hanno in serbo allora i tipi del campo largo? Sono pronti ancora una volta a ribaltare la realtà: la sconfitta di un probabile mancato quorum. La morale è chiarissima: il destra-centro lavora pragmaticamente sui risultati, la sinistra sulla contestazione astratta, sul regolamento di conti interno al Pd, sulle ambizioni di Schlein, Conte e Landini e su un referendum che intende abolire ciò che è stato già superato (e che se passasse peggiorerebbe le condizioni proprio di chi vorrebbe proteggere). Un costosissimo servizio agli illusionisti della spallata, pagato con i soldi pubblici, che gli italiani non tarderanno a mettere sul loro conto. A queste elezioni lo faranno con il gesto politico di non recarsi alle urne, alle prossime sapendo bene chi rispedire a casa. Per giusta causa.

 

 

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di Antonio Rapisarda - 8 Giugno 2025