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Al David di Donatello 2025 sfondato un altro tetto di cristallo per le donne italiane

Un biennio d'oro

Altro che «non basta essere donna»: il David di Donatello 2025 suggella l’inarrestabile “effetto Meloni” per le italiane

La miglior regia a Maura Delpero è solo l'ultimo tetto di cristallo sfondato in Italia da quando Meloni è premier. La sinistra lo nega, ma è un fatto che in questi due anni e mezzo siano state raggiunte posizioni senza precedenti in tutti gli ambiti. Ecco una breve carrellata

Politica - di Annamaria Gravino - 8 Maggio 2025 alle 14:38

Non solo Maura Delpero, che con il «miglior film», il documentario Vermiglio, ha sbancato e conseguito il risultato storico di essere la prima donna premiata per la «miglior regia». Il David di Donatello 2025 ha visto più in generale il trionfo delle donne, che hanno ottenuto il premio in diverse categorie di primo piano. Anche il miglior esordio alla regia è andato a una donna, Margherita Vicario con Gloria!. Sempre Delpero si è aggiudicata la migliore sceneggiatura originale. È stata firmata a maggioranza da donne anche la migliore sceneggiatura non originale: L’arte della gioia è stata firmata da Valeria Golino, Francesca Marciano, Valia Santella con i colleghi Luca Infascelli e Stefano Sardo. E il tocco femminile si registra anche in altri premi, dalle musiche ai casting.

I David di Donatello 2025 suggellano un biennio d’oro per le donne italiane

Si tratta del suggello su un periodo d’oro per le donne italiane, che nell’ultimo biennio abbondante hanno sfondato numerosi tetti di cristallo, in ogni campo. Si può ritenere che sia un caso, ma è indiscutibile che questo sia avvenuto dopo che per la prima volta, con Giorgia Meloni, una donna è arrivata alla presidenza del Consiglio, sfondando il tetto dei tetti, in un settore tanto difficile quanto determinante come quello della politica.

Dal Nazareno alle partecipate: i tetti di cristallo caduti dopo l’elezione di Meloni

Non ci vuole un fine analista politico per comprendere che l’elezione di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi ha avuto un ruolo anche in quella di Elly Schlein al Nazareno, consegnando all’Italia un quadro politico in cui i due principali partiti sono guidati da donne.

Il «detto fatto» del premier anche per le donne

Ci sono i casi in cui il ruolo del governo in questo nuovo passo femminile è stato diretto. Due per tutti: la nomina da parte del Consiglio dei ministri di Daria Perrotta, prima donna alla guida della Ragioneria dello Stato, e di Giuseppina Di Foggia a Terna, prima donna alla guida di una grande partecipata. Un «detto fatto» del presidente del Consiglio, che un mese prima disse che avere una donna in un ruolo di quel genere era «la vera sfida».

Il nuovo clima culturale

Più delle nomine dirette, però, ciò che conta è forse il clima che si è creato, dopo la dimostrazione che le donne, credendo nelle loro capacità, possono ambire a qualsiasi ruolo, come più volte ripetuto da Meloni, utilizzando la propria vicenda come paradigma per tutte. E, si direbbe dire, per tutti.

E allora ecco che dopo il primo presidente del Consiglio donna sono arrivate non solo la prima Ragioniera dello Stato e la prima Ad di una grande partecipata, ma anche la prima presidente donna della Conferenza dei rettori, Giovanna Iannantuoni; la prima presidente di Corte di Cassazione, Margherita Cassano; i primi sindaci donna di città come Brescia, Latina, Siena, Pomezia; le prime donne alla guida di importanti istituzioni culturali, come Annalena Benini, prima direttrice editoriale del Salone del Libro di Torino, e, appena pochi giorni fa, Agnese Pini, prima presidente della Longanesi.

L’impegno a tutto campo per le donne nel mondo del lavoro

Si tratta di un elenco non esaustivo, ma rappresentativo di come in ogni settore e con donne di ogni estrazione in questi due anni e mezzo ci sia stato uno sfondamento di quel tetto di cristallo di cui si parlava. E, questo, senza entrare nel merito dei provvedimenti adottati dal governo per favorire la partecipazione delle donne alla vita lavorativa – step importante per affermare i propri talenti e la propria indipendenza – che hanno portato al più alto tasso di occupazione femminile che si ricordi.

È vero: «Non basta che sia donna». Ma non per le ragioni che propaganda la sinistra

Il tutto mentre nella sinistra politica e intellettuale si continuava a ripetere il refrain secondo cui Meloni non sarebbe davvero d’aiuto per le donne italiane, perché portatrice di modelli e cultura fondamentalmente patriarcali. «Non basta che sia donna», è lo slogan con cui è stata sintetizzata questa teoria. E, paradossalmente, è uno slogan corretto, ma per ragioni diverse da quelle per cui è stato coniato: “non basta che sia donna”, bisogna anche che quella donna esca dalla logica delle mere recriminazioni di genere e sappia far passare e, insieme, accompagnare il messaggio culturale per cui ogni ruolo è aperto e contendibile per donne che hanno consapevolezza, voglia e capacità per ricoprirlo.

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di Annamaria Gravino - 8 Maggio 2025