
Dalle fonti vaticane
Come sta il Papa? “Stabile e vigile, può muoversi e camminare”. Ma la prognosi rimane riservata
«Le condizioni cliniche del Santo Padre sono rimaste stabili. Ha alternato la ventilazione meccanica non invasiva a lunghi periodi di ossigenoterapia ad alti flussi, mantenendo sempre una buona risposta agli scambi gassosi. Il Santo Padre è apiretico e non mostra leucocitosi». Lo comunica la sala stampa della Santa Sede nel bollettino serale sulle condizioni di Papa Francesco, ricoverato al Gemelli dal 14 febbraio.
Il quadro clinico di Papa Francesco per quanto riguarda la polmonite bilaterale «resta stabile» così come «complesso» resta la situazione generale. Le fonti vaticane precisano «che non siamo in presenza di una infezione». Le stesse fonti precisano che dopo il broncospasmo di ieri la ventilazione di supporto, che sta aiutando in questo momento il pontefice, «è tornata quella dei giorni scorsi e in questo senso c’è un miglioramento». Un quadro che, comunque, viene valutato dai medici in un senso «prudenziale» e orientata alla «prudenza».
Bergoglio non ha una alimentazione endovenosa. Lo si apprende da fonti vaticane che spiegano che il Pontefice può mangiare cibo solido. Le medesime fonti fanno sapere che il Pontefice può muoversi e camminare, ovviamente per quanto gli è possibile date le note difficoltà di deambulazione. Il Pontefice è andato nella cappellina vicina alla sua stanza al Gemelli per raccogliersi in preghiera per una ventina di minuti.
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Tuttavia, la crisi di ieri del Papa ha certamente compromesso il quadro di recupero che faticosamente si era innescato negli ultimi giorni, “allungando i tempi per le dimissioni”. In una situazione come questa, con un quadro clinico simile, per poter sciogliere la prognosi potrebbe servire almeno una settimana e un paio di mesi per il pieno recupero respiratorio. Ma la mancanza di febbre e gli esami ematici che non indicano nuove infezioni in corso “sono certamente segni positivi, nell’attesa che passino altre 24 ore almeno” per considerare il paziente fuori dal pericolo di una polmonite “ab ingesto” legata, appunto, all’episodio di ieri.
A spiegare quale può essere il percorso futuro, se tutto dovesse procedere per il meglio, in un paziente nelle condizioni del Papa, è Stefano Nardini, ex presidente della Società italiana di Pneumologia. “I tempi si allungano per il ricovero, in questa situazione è utile una ventilazione non invasiva con una mascherina con ossigeno e pressione aumentata. Ma – ha aggiunto – potrebbe servire minino una settimana per sciogliere la prognosi. Una volta sciolta bisognerà poi decidere un percorso terapeutico e allora saranno più chiari i tempi per una eventuale dimissione. Tuttavia per tornare nelle condizioni di pieno recupero respiratorio serviranno almeno un paio di mesi”.
Il professor Nardini (pneumologo): “Per il recupero almeno due mesi”
Ma più in generale, alla luce delle informazioni che arrivano dai bollettini, anche se gli ultimi segnali sono positivi, “la situazione è ancora critica e l’incertezza determina l’impossibilità di prevedere i tempi per lo scioglimento della della prognosi”. È ragionevole quindi – ha aggiunto – aspettare ancora un po’”.
Il Papa ha una storia di bronchite cronica che si era riacutizzata già nel 2023 ma il suo quadro medico è molto più complesso: oltre gli interventi all’addome, con l’aggravarsi del problema al ginocchio, è stato costretto a non poter camminare e a stare su una sedia a rotelle. “E l’immobilità – spiega Nardini – indebolisce l’organismo”. Al momento il Pontefice viene sottoposto ad una terapia di antibiotici, come accade a tutti coloro che hanno una polmonite. E la terapia nel corso del ricovero è stata successivamente cambiata alla luce delle analisi a cui è stato sottoposto per trovare il farmaco più adatto alla sua infezione. Ma a causa del suo stato bronchiale e dell’asma, certamente, ha aggiunto il medico, è stato sottoposto anche ad una terapia con broncodilatatori e cortisone. Su tutto ciò, dopo l’evento di venerdì, per ora quindi, pesa ancora il rischio di una nuova infezione ab ingestis, cioè legata all’ingestione al momento della crisi di vomito, un rischio che diminuisce con il passare delle ore.