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Mussolini Travaglio serie “M”

Persino Travaglio fa a pezzi “M”: “Non racconta Mussolini, ma la sua macchietta. Quello non è il vero fascismo”

Politica - di Gabriele Alberti - 14 Gennaio 2025 - AGGIORNATO 14 Gennaio 2025 alle 17:06

La fiction “M – Il figlio del secolo”? “Ci racconta un uomo che non è Benito Mussolini, ma la sua macchietta; e un movimento che non è il vero fascismo, ma la sua caricatura”. Marco Travaglio inizia a passo di carica il suo articolo di fondo sul Fatto quotidiano oggi in edicola. Un pezzo tutto da leggere, osservazioni che non ti aspetti e che fanno a pezzi il lavoro interpretato da Luca Marinelli proprio sotto il profilo della veridicità storica. “Si dirà: inevitabile, è una fiction di intrattenimento; per giunta ispirata a un romanzo, quello di Antonio Scurati. Ma allora – obietta il direttore del Fatto- era meglio precisare che è roba di fantasia, chiamando il protagonista Bonito Napoloni come nel Grande dittatore di Chaplin; Ermanno Catenacci come il personaggio di Bracardi; Gaetano Maria Barbagli come quello di Guzzanti in Fascisti su Marte“.

Travaglio stronca la serie “M”: “Mussolini era un personaggio serio e tragico, non una macchietta”

L’immagine di Mussolini venuta fuori nell’ultima serie  su Sky, anche se ben fatta dal punto di vista cinematografico (“tecnicamewnte impeccabile”), non è credibile. Il giudizio è duro ma opportuno. L’essere caduti nel macchiettismo non giova al dibattito storiografico. “Il rischio è che chi vede la serie pensi che il duce e i personaggi storici che gli ruotano attorno fossero davvero così: marionette, parodie e sagome da teatro dei pupi o del grottesco. E vada a cercare conferme, trovandole, nel romanzo di Scurati, anziché documentarsi sui veri libri di storia di studiosi: come Renzo De Felice, Emilio Gentile, Denis Mack Smith; Nicola Tranfaglia, Gianni Oliva, Angelo D’Orsi e altri; o di divulgatori alla Indro Montanelli, Giorgio Bocca, Arrigo Petacco“. Travaglio osserva che mai come ora, nella congiuntura storica in cui ci troviamo, occorra essere precisi: “servono precisione e profondità storica, non barzellette, scenette e banalizzazioni un tanto al chilo”.

Travaglio: “La Sarfatti non era solo l’amante ma un’intellettuale e mecenate”

Il direttore del Fatto è in sintonia con il giudizio che altri storici in questi giorni hanno formulato, tra i quali Giordano Bruno Guerri. Travaglio attacca: “Mussolini non era una macchietta, era un personaggio serio e tragico: non sporgeva il mento e la mascella quando teneva in braccio i suoi bambini; non passava tutto il tempo a trombare, a sproloquiare idee confuse e a far menare il prossimo. Non faceva il dito medio in piena Camera – prosegue Travaglio-  non diceva: “Make Italy great again” perché non conosceva Trump – ironizza-. (E, a scanso di equivoci: sua sorella si chiamava Edvige, non Arianna)”. Altre ingenuità: “Gabriele D’Annunzio a Fiume non aveva il tavolo lunghissimo di Putin per tenere le distanze da Benito al posto di Macron: (purtroppo sconosciuti al Vate)”. Gli svarioni e le forzature sono tanti e non necessitavano di una ragione cinematografica: ” Margherita Sarfatti – prosegue Travaglio- non era solo l’amante infoiata che parla come la Vanoni; ma una intellettuale, artista e mecenate”. Anche Marinetti è stato reso in modo grottesco:

Serie “M”, svarioni e forzature: “Marinetti non era un pagliaccio”

“Non era un pagliaccio vestito come Totò a Capri fra gli esistenzialisti che siede in terra nel salotto della Sarfatti; e declama Zang tumb tumb come un deficiente spiritato: è il fondatore di un’avanguardia artistico-culturale che segnò tutto il secolo”. Anche l’immagine del Re Vittorio Emanuele III è stata resa in modo pagliaccesco: il sovrano ebbe tante responsabilità politiche ma è di certo una figura tragica della storia italiana. Non certo “il nanerottolo smarrito che si inerpica su un inesistente trono a Montecitorio con le gambette a penzoloni e parla come la Littizzetto”. La parola chiave è, appunto, tragicità della storia: “E, senza il senso di quella tragedia, le violenze fasciste esaltate e martellate fino allo splatter emozionano poco o nulla: arrivano a freddo, gratuite, fine a se stesse, inspiegabili perché inspiegate”, infilza Travaglio. Come si fa in questo modo a far capire “perché 45 milioni di italiani fossero così entusiasticamente fascisti”; perché Mussolini riuscì ad “affascinare non qualche canaglia da suburra, ma Churchill e Gandhi; a conquistare quasi tutto il meglio della futura intellighenzia, convertita all’antifascismo dopo il 25 luglio ‘43″. Da applausi.

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di Gabriele Alberti - 14 Gennaio 2025