La Moldova sceglie l’Europa ma sul ballottaggio per la presidenza c’è l’incubo dei brogli russi
La lotta all’ultimo voto in Moldova si conclude con la vittoria del “sì” per l’adesione all’Unione Europea, con un risultato che si attesta intorno al 50,39%, con il 99,66% dei voti scrutinati, ma con la certezza matematica dell’esito finale. Nonostante l’esito confortante, la presidente “europeista” Maia Sandu ha denunciato interferenze esterne «senza precedenti» che avrebbero condizionato il referendum e le stesse elezioni presidenziali, entrambe tenutesi domenica 20 ottobre ma che nella parte relativa al governo prevedono un ballottaggio il 3 novembre. Le accuse di ingerenze nel voto si concentrano su gruppi legati al Cremlino e sul controverso magnate Ilan Shor, accusato di operare per destabilizzare il processo democratico in favore di interessi russi.
Moldova, la scelta di stare con l’Europa e le accuse di Sandu
La presidente Sandu, pro-Ue e alla guida della Moldova dal 2020, ha evidenziato che forze esterne, collegate a Mosca e supportate da Shor, hanno tentato di comprare 300mila voti per manipolare il referendum e l’elezione presidenziale. Sandu ha dichiarato che i gruppi coinvolti avrebbero investito milioni di euro per diffondere disinformazione e destabilizzare il paese. Tali affermazioni sono state accompagnate dalla scoperta di attacchi cybernetici e dall’uso di propaganda tramite canali locali e piattaforme social supportate dalla Russia, «prove evidenti» secondo Sandu.
This woman voted in Moldova’s election on Sunday, then asked a surprised election monitor where she gets paid. So I decided to ask what she’d been promised…
The authorities believe Russia has been channeling-in money to buy votes: that Moscow has not ‘let go’ of #Moldova pic.twitter.com/7bsDO3grwz
— Sarah Rainsford (@sarahrainsford) October 21, 2024
La Russia ha prontamente negato qualsiasi coinvolgimento, definendo le elezioni in Moldova «non libere» e accusando il governo di Sandu di «russofobia». Shor, dal canto suo, ha negato ogni illecito, ma le autorità moldave affermano che il suo partito e altri alleati pro-russi abbiano ricevuto fondi significativi, circa 1 miliardo di dollari, per influenzare il voto, come emerso dalle indagini preliminari. Inoltre, si segnalano numerosi tentativi di corruzione elettorale, con Shor che avrebbe pubblicamente offerto sui social media somme di denaro per persuadere i cittadini a votare “no”.
L’ago della bilancia? La diaspora moldava
Mentre i risultati finali del referendum sono acquisiti, le tensioni politiche, in attesa del ballottaggio, continuano a salire. Quando i primi risultati sono arrivati domenica sera, sembrava che circa il 57% dei moldavi avesse inizialmente votato “no” al referendum. Con lo spoglio delle schede, tuttavia, i cittadini favorevoli si sono mobilitati, superando i contrari questa mattina presto. Il vero ago della bilancia però è stato il voto della diaspora moldava all’estero: con il 77,91% (152.837 persone) a favore e un esiguo 22,09% (43.324 persone) contrario. Nelle regioni autonome filorusse della Moldova, invece, prevale un orientamento opposto: in Gagauzia, il “no” ha raggiunto il 94,84% dei voti, mentre in Transnistria supera il 60%. Entrambe le aree, che già godono di una certa autonomia, sarebbero pronte a rivendicare l’indipendenza qualora la Repubblica di Moldova decidesse di aderire all’Unione Europea.
Sandu vince una battaglia, ma non la guerra
Sandu ha ottenuto il 42% dei voti alle presidenziali, mentre il suo principale rivale, Stoianoglo, ha raggiunto il 26%. Questo scenario prelude a un ballottaggio decisivo previsto per il 3 novembre. Il confronto tra Sandu, che rappresenta le forze europeiste, e Stoianoglo, sostenuto da gruppi filorussi, si fa sempre più serrato. Nonostante la vittoria odierna, Sandu ha ancora una lunga strada davanti: il vero scontro si giocherà al ballottaggio, dove Stoianoglo potrebbe capitalizzare le incertezze e sfruttare le tensioni interne al paese per guadagnare consensi e rafforzare la sua posizione. E anche su quel voto l’ombra lunga e minacciosa della Russia si allunga già da oggi: Putin attende, pronto a mettere in campo qualsiasi arma, politica e corruttiva, per ribaltare il risultato del primo turno.