Quasi 50 anni passati nel braccio della morte, assolto a 88 anni: l’odissea dell’ex pugile giapponese
Scagionato, innocente, a più di 50 anni dall’incriminazione. Se ci lamentiamo della giustizia in Italia, forse è il caso che leggiamo la storia di questo ex pugile giapponese, arrestato nel secolo scorso con l’accusa di quadruplice omicidio e oggi, a 88 anni, di cui molti passati nel braccio della morte, assolto e riabilitato con tante scuse. Iwao Hakamata – che ha trascorso quasi mezzo secolo dietro le sbarre prima che nuove prove lo facessero uscire di prigione nel 2014 – era iniziato lo scorso ottobre presso la corte distrettuale di Shizuoka, con i pubblici ministeri che chiedevano la condanna a morte. Si tratta della quinta volta in Giappone dal dopoguerra a oggi, che i nuovi processi si concludono con l’assoluzione dopo l’applicazione della pena capitale.
La storia di Iwao Hakamata, una vita nel braccio della morte
Iwao Hakamata era un dipendente di un’azienda che produceva pasta di miso quando fu arrestato nel 1966 con l’accusa di aver ucciso il datore di lavoro, sua moglie e due dei loro figli. I quattro furono trovati morti per ferite da taglio nella loro casa nella prefettura di Shizuoka, successivamente data alle fiamme. Incriminato per omicidio, rapina e incendio doloso, la sua condanna a morte era stata resa definitiva sulla base di una sentenza secondo cui tracce di sangue su cinque capi di abbigliamento trovati in una vasca di miso 14 mesi dopo l’omicidio corrispondevano ai gruppi sanguigni delle vittime e dello stesso Hakamata. Inizialmente quest’ultimo aveva confessato gli omicidi in seguito a quello che aveva descritto come un brutale interrogatorio da parte della polizia, ma al processo si era dichiarato non colpevole.