Il ricordo di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia che fu fatto beato

21 Set 2024 13:58 - di Luciana Delli Colli
rosario livatino

Il 21 settembre del 1990 fa veniva ucciso della mafia il giudice Rosario Livatino. L’agguato si consumò sul viadotto Gasena, lungo la statale che da Caltanissetta porta ad Agrigento, mentre il magistrato si stava recando in Tribunale. Aveva 38 anni ed era in magistratura da quando ne aveva 26. Nel suo lavoro al servizio dello Stato, Livatino si era occupato di indagini estremamente delicate contro la criminalità organizzata, dando impulso all’approfondimento dei rapporti tra le cosche e il mondo imprenditoriale. Alla sua figura è ispirato il film Il giudice ragazzino. Moltissime le voci della politica e delle istituzioni che oggi lo hanno voluto ricordare. “34 anni ci separano dalla scomparsa del giudice Rosario Livatino, barbaramente ucciso dalla mafia. Nel giorno dell’anniversario della sua morte vogliamo ricordare un servitore dello Stato e un uomo di profonda fede che dedicò la sua vita alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, senza paura e senza mai piegare la testa”, ha scritto sui social il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Anche nel suo ricordo prosegue il nostro impegno nella lotta contro la mafia e contro ogni forma di criminalità. L’Italia – ha concluso – non dimentica”.

La beatificazione di Rosario Livatino

Come ricordato anche da Meloni, Livatino aveva fatto dei valori cristiani il faro della sua vita e il 9 maggio del 2021 è stato proclamato beato. Il “Centro studi Rosario Livatino” ricorda sul proprio sito che nell’agenda del magistrato, alla data 18 luglio 1978, si legge che “oggi ho prestato giuramento: da oggi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”. Il passaggio è commentato ricordando che, in una conferenza a Canicattì nel 1986, Livatino chiarì di considerare fede e diritto come due realtà “continuamente interdipendenti fra loro, sono continuamente in reciproco contatto, quotidianamente sottoposte ad un confronto a volte armonioso, a volte lacerante, ma sempre vitale, sempre indispensabile”.

Nordio: “La sua memoria ci ispira a proseguire nel cammino della legalità e del coraggio”

“Questo anniversario è molto di più del grato ricordo di un servitore del Paese caduto nell’adempimento del dovere. È piuttosto – ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio – la venerazione di un beato immolatosi alla fede. Due anni fa abbiamo onorato, prima al ministero e poi in Chiesa, la reliquia insanguinata del giovane martire. Oggi la Sua memoria ci ispira a proseguire nel cammino della legalità e del coraggio”.

Piantedosi: “I suoi valori continuano a essere faro di speranza ed esempio”

“Magistrato coraggioso, uomo di fede, servitore dello Stato, Livatino ha pagato con la vita il suo impegno nella lotta contro la criminalità organizzata. Con le sue indagini fu tra i primi a individuare gli stretti collegamenti che legavano malavita e gruppi imprenditoriali, dando così nuova linfa all’azione di contrasto alle mafie”, ha ricordato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sottolineando che “i valori che lo ispirarono continuino a essere un faro di speranza e un esempio per tutti coloro che, opponendosi alle logiche della prevaricazione e della violenza, sono impegnati ogni giorno a difesa della legalità e della giustizia”.

Colosimo: “Ricordiamo Rosario Livatino con la gratitudine che si deve agli uomini giusti”

“Rosario Livatino è stato un giovane prima pubblico ministero e poi giudice che ha pagato con la vita la sua indomabile sete di verità. Il suo lavoro è stato fondamentale per conoscere fino in fondo gli affari illeciti di cosa nostra ed in particolare della Stidda siciliana, che ne decretò la sua morte. Il suo piglio investigativo e la sua passione per il lavoro portarono il giovane Rosario a elaborare uno strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, quello della confisca dei beni che si è rivelato essere una misura devastante per la mafia e i suoi affari”, ha scritto su Instagram la presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, sottolineando che “lo ricordiamo con quella immensa gratitudine che noi tutti dobbiamo agli uomini giusti”.

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