Esodo giuliano-dalmata, una ferita aperta. Tajani annuncia “una giornata dell’Italofonia”, Giovanardi rilancia: inviti Croazia e Slovenia

14 Set 2024 15:17 - di Prisca Righetti
esodo giuliano dalmata

L’esodo giuliano-dalmata, noto anche come esodo istriano, evento storico che risponde al racconto dell’emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di nazionalità e di lingua italiana dalla Venezia Giulia (comprendente il Friuli Orientale, l‘Istria e il Quarnaro) e dalla Dalmazia, nonché di un consistente numero di cittadini italiani (o che lo erano stati fino poco prima) di nazionalità mista, slovena e croata, e che si verificò a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) e nel decennio successivo, torna d’attualità. Una ferita aperta che non smette di sanguinare e di ferire, e che la memoria istituzionalizzata nel Giorno del Ricordo (solennità civile nazionale celebrata il 10 febbraio di ogni anno) cicatrizza sul fronte della necessità della cura della memoria collettiva, ma certamente non dissolve nel tempo il dolore e l’indignazione per quei massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata.

Esodo giuliano-dalmata, una ferita che sanguina da più parti

Lo dimostra, una volta di più, l’intenzione annunciata dal ministro Tajani alla Dante Alighieri di organizzare una giornata della Italofonia. Il vicepremier, dopo essersi detto «fiero di essere socio della Società Dante Alighieri», dal palco dell’84/o congresso internazionale della Dante, a proposito di italiano, ha dichiarato di voler «organizzare la giornata dell’italofonia». E di invitare i Paesi in cui si parla la nostra lingua, come «San Marino. Città del Vaticano. Svizzera. Malta. Alcuni Paesi dell’Africa del Nord. E naturalmente l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti», tra gli altri.

«Vorrei far presiedere la mia amica Roberta Metsola che parla correntemente l’italiano – ha anche aggiunto il ministro – pur essendo maltese. E vorrei che la Dante Alighieri – ha quindi proseguito – ci desse una mano». Non solo. Tajani ha anche anticipato che «domenica prossima inizia a New York la settimana delle Nazioni Unite e a San Patrick’s faremo la messa in italiano chiamando a raccolta tutta la comunità italiana della città».

L’annuncio del ministro Tajani, la richiesta di Giovanardi

E così, l’occasione per tornare a intervenire si presenta con l’annuncio del vicepremier Tajani che dal palco della Dante Alighieri rende noto che intende organizzare una giornata della Italofonia dove ha intenzione di invitare Santa Sede, San Marino, Svizzera, Malta, alcuni paesi dell’Africa del nord, Argentina, Brasile, Stati Uniti e Canada. Una comunicazione a cui Giovanardi si riallaccia per rilanciare: «Sono sicuro che il ministro inviterà anche Croazia e Slovenia, essendo presenti in Italia minoranze di quella lingua, ma soprattutto perché in Croazia e Slovenia vivono trentamila italiani autoctoni, insediati in quelle terre dal tempo dei romani, fedeli poi alla repubblica di Venezia, che a Fiume, Capodistria, Istria e Dalmazia mantengono viva la presenza della lingua e della cultura italiana».

Esodo giuliano-dalmata, non solo memoria collettiva: Per una «parità di trattamento di tutte le minoranze»

Perché, tra le mille conseguenze di una pagina di storia che ancora gronda sangue e rabbia, riemerge anche uno degli aspetti dolorosi di un trauma che, per quanto incassato, ancora è irrisolto e forse solo metabolizzato a forza. Sulla questione, allora, è intervenuto Carlo Giovanardi, politico di lungo corso uscito ufficialmente dalle aule parlamentari nel 2017, con l’annuncio contestuale secondo cui, comunque, pur non ricandidandosi, avrebbe continuato a seguire e a svolgere attività politiche e a sostenere iniziative socio-culturali. Come quella in oggetto, su cui spiega: «Sarebbe anche l’occasione – osserva Giovanardi nella nota – di approfondire i temi discussi nel convegno di Vieste dalle associazioni degli esuli istriano-dalmati e dei rimasti a suo tempo in Jugoslavia per arrivare, nell’ambito della comune appartenenza all’Europa, ad una parità di trattamento di tutte le minoranze». E il dibattito ritorna centrale, ma è solo all’inizio…

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