Vajont, le carte del più grande disastro italiano restano a Belluno: l’annuncio di Mazzi. Il video dell’Archivio Luce
Alle 22.39 del 9 ottobre 1963 una frana di proporzioni apocalittiche, 270 milioni di metri cubi di roccia e terra, precipita dal monte Toc — in provincia di Belluno — nel bacino alpino formato dalla diga del Vajont, tra le più alte del mondo: nel cadere nell’invaso, la frana solleva un’onda che scavalca la diga e precipita nel fondovalle. In meno di tre minuti, cinque paesi, tra cui Longarone, vengono completamente cancellati dalla faccia della terra. Il bilancio della strage calcola 1.917 le vittime.
Il 29 novembre 1968 furono portati a processo 11 imputati, per i quali furono chiesti 21 anni per disastro e omicidio colposi. Il capocantiere, e imputato, Mario Pancini si suicidò nel 1968 prima dell’inizio del dibattimento. Nel 1971 l’iter processuale si concluse con la sola condanna di Alberico Biadene, ingegnere della Sade, a 5 anni, e di Francesco Sensidoni, del ministero dei Lavori pubblici, a 3 anni e 8 mesi, entrambi per il reato di inondazione, aggravato dalla prevedibilità. I processi civili, iniziati nel 1975, si conclusero nel 1999: la Montedison fu condannata a risarcire il comune di Longarone con 77.000 miliardi di lire.
Quei “5205 documenti processuali relativi alla tragedia del Vajont resteranno per sempre custoditi a Belluno, nell’Archivio di Stato”. Lo comunica il Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, che aggiunge: ”Il decreto, firmato dal Direttore generale Archivi, Antonio Tarasco, stabilisce la destinazione del fascicolo che, riportandolo a casa, onorerà la memoria delle vittime e contribuirà a rafforzare l’identità culturale e la coesione sociale della comunità bellunese. La memoria è un moto attivo, è la capacità di dare un luogo fisico alla storia. La digitalizzazione del fascicolo, inoltre, aiuterà a tenere vivo quel ricordo per tutti gli italiani”.
La copia digitale integrale del fascicolo è consegnata all’Archivio di Stato de L’Aquila: l’intervento di digitalizzazione è stato realizzato nell’Archivio di Stato di Belluno, mentre la pubblicazione nei sistemi archivistici nazionali è stata curata dall’Istituto centrale per gli Archivi. Il fascicolo processuale rappresenta una fonte imprescindibile per la memoria collettiva, riconosciuta anche dall’Unesco che nel 2023 ha inserito i documenti e i materiali probatori dei processi penali per il disastro della diga del Vajont del 9 ottobre 1963 nel Registro Internazionale Memoria del Mondo. Il fascicolo raccoglie 257 buste di documentazione prodotta sia dal Tribunale di Belluno sia da quello dell’Aquila e dalla Corte di Appello dell’Aquila dove, tra il novembre del 1968 e l’ottobre del 1970, si svolse il processo. Tale documentazione era custodita nell’Archivio di Stato de L’Aquila, dove era iniziato