Autonomia differenziata, fronda nel Pd. Morando e Tonini: “No al referendum, così si torna al centralismo”
Sull’autonomia differenziata c’è la spaccatura all’interno del Pd. Due esponenti di rilievo del partito, gli ex senatori Enrico Morando e Giorgio Tonini, dicono no al referendum abrogativo e difendono la scelta della riforma del titolo V della Costituzione che fu opera del centrosinistra, nel 2001, e che oggi Largo del Nazareno sembra avere dimenticato.
“Il referendum la strada peggiore”
In un intervento sul Corriere, Morando e Tonini affermano che, “La legge Calderoli può e deve essere criticata per molti aspetti, insieme alla narrazione che dell’Autonomia differenziata propone la Lega. Ma in sé è troppo poca cosa per giustificare un referendum abrogativo. Non si chiamano al voto 50 milioni di italiani per emendare una legge di procedura. Se si ricorre al referendum, è perché si vuole mettere in gioco una grande questione di orientamento politico generale, che in questo caso è la Costituzione stessa, come riformata da noi (noi centrosinistra) 24 anni fa, con l’avallo di un referendum popolare confermativo”.
“Sbagliato criminalizzare l’autonomia differenziata”
Per Morando e Tonini il referendum abrogativo, “in realtà è contro il principio costituzionale dell’Autonomia differenziata (articolo 116 terzo comma della Carta), se non dell’Autonomia tout court, come è organizzata nell’intero Titolo V della Costituzione. A dirlo, con esemplare chiarezza, in un’ampia intervista a ‘Il Manifesto’, è lo stesso presidente del comitato promotore del referendum per l’abrogazione della legge Calderoli, Giovanni Maria Flick. È per queste ragioni che non abbiamo firmato la proposta di referendum abrogativo e riteniamo che il nostro partito, il Pd, sbagli a sostenerlo”.
“Non si cancella una legge costituzionale con un referendum”
I due ex parlamentari del Pd sottolineano l’incongruenza della strada referendaria: “Semmai solleva qualche dubbio, anche sul piano costituzionale, l’uso del referendum per colpire non una legge ordinaria, ma un articolo, anzi un titolo intero della Costituzione. In caso di successo del referendum, la Costituzione stessa ne risulterebbe delegittimata, pur restando in vigore. Per riformare la riforma del 2000, se si vuole farlo, c’è la procedura stabilita dalla Carta stessa, all’articolo 138. Ma in questo caso, a nostro modesto giudizio, cambiare idea è anche sbagliato”.
“Il Pd vuole percorrere la strada del centralismo”
Morando e Tonini concludono il loro intervento paventando un ritorno del Partito Democratico verso la strada del centralismo: “Il Titolo V è certamente rivedibile e perfettibile. Soprattutto, andrebbe completato con la riforma del bicameralismo e la creazione di una vera Camera delle Regioni, come tentava di fare la riforma Renzi-Boschi. Ma non c’è nessuna ragione, a nostro avviso neppure di sostenibilità finanziaria (come dimostra il caso esemplare della sanità), per abbandonare la strada dell’Autonomia in favore di una nuova stagione di centralismo“.