Unabomber, vent’anni dopo c’è la svolta: trovate tracce di Dna, si indaga su trenta sospetti

20 Mag 2024 8:39 - di Robert Perdicchi

Qualche piccola traccia di Dna, scoperta quasi vent’anni dopo l’ultimo attentato, potrebbe determinare una svolta sul caso Unabomber. Le nuove tecniche investigative ora a disposizione degli inquirenti avrebbero consentito per la prima volta il prelievo di tracce di un solo Dna da una serie di reperti relativi agli attentati compiuti dal 1994 al 1996 e dal 2000 al 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia.  Alcuni oggetti sono stati sottoposti a un’analisi più completa e approfondita. Si tratta di frammenti genetici emersi dall’analisi di alcuni peli rintracciati sulla bomboletta di stelle filanti inesplosa e trovata a San Vito al Tagliamento il 6 marzo del 2000. Altri sono stati individuati nell’uovo-bomba inesploso e al supermercato di Portogruaro il 31 ottobre del 2000.

Ma tracce genetiche sul nastro isolante che era stato utilizzato per chiudere una lattina di pomodori esplosa in mano a Nadia De Ros il 6 novembre del 2000, su un tubo-bomba che l’1 novembre dello stesso anno ferì una donna di Livenza e sul nastro isolante di un tubetto di maionese inesploso trovato a Roveredo in Piano il 17 novembre del 2000. Altri rilievi sono stati effettuati sui resti delle bombe esplose al Tribunale di Pordenone il 24 marzo del 2003, sull’inginocchiatoio della chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro e sulla scatoletta di sgombro inviata alla suore di Concordia Sagittaria l’11 marzo del 2002. Verifiche anche su due ordigni non deflagrati: la lattina di Coca Cola trovata a Zoppola (Pordenone) il 28 ottobre del 2007 e un altro congegno individuato sotto la sella della bici a Portogruaro il 9 luglio del 2005. Oltre all’estrazione del Dna si sta procedendo alla comparazione con quello di undici indagati e ci sarebbero venti persone, non iscritte nel registro degli indagati, che si sono dette disponibili a collaborare alle indagini.

Unabomber, le rivelazioni di un giornalista hanno riacceso la luce

L’inchiesta su Unabomber è stata riaperta di recente in seguito a quanto rilevato da un giornalista e due delle vittime che hanno chiesto e ottenuto di riesaminare alcuni reperti, dai quali avrebbero rilevato tracce interessanti, tanto da far, appunto, riaprire il corposo fascicolo. In esso figurano i nomi di 32 persone (di cui una è deceduta), molte delle quali hanno acconsentito al prelievo del Dna. I giornali ricordano anche la proroga chiesta due mesi fa dai periti Giampietro Lago ed Elena Pilli, quest’ultima già consulente nel caso Yara Gambirasio, e con competenze specifiche proprio nell’estrazione del Dna mitocondriale.

Maurizio Paniz, storico avvocato difensore di uno dei sospettati degli attentati, l’azzanese Elvo Zornitta, ha espresso perplessità per risultati di cui non è stato avvertito né dalla Procura né dal Giudice per le indagini preliminari, e di cui non si conosce lo stato di conservazione dei reperti analizzati.  “E’ inconcepibile che escano notizie che hanno determinato le pagine dei giornali di oggi e la difesa non ne sappia niente. Mi fa sorridere il fatto che i giornali scrivano ‘fitto riserbo degli investigatori’, mi chiedo allora come siano uscite queste notizie”. L’avvocato si è sempre detto  “felicissimo di qualsiasi indagine, di qualsiasi approfondimento”, ma sulla conservazione dei reperti nutre “significativi dubbi perché in questi anni le manipolazioni possono essere state molteplici e quindi non credo sia stata garantita la conservazione”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *