Tutto sui 425 km della Linea Adriatica di Snam, fra sicurezza energetica e transizione
Tutto sulla Linea Adriatica, il progetto italiano di trasporto del gas (e dell’idrogeno) più importante degli ultimi 10 anni
425 chilometri di nuove condotte per la sicurezza energetica del Paese e al servizio delle sue prospettive di transizione. Possibile? Abbiamo provato a capirlo approfondendo le caratteristiche di questo imponente intervento infrastrutturale di Snam, scoprendo che alcune paure – in realtà – sono meno fondate di quel che sembra. Vediamo perché.
La Linea Adriatica, al via i lavori
Stanno partendo in queste settimane i lavori di Snam per la Linea Adriatica, progetto infrastrutturale finalizzato a incrementare di 10 miliardi di metri cubi l’anno la capacità di trasporto del gas lungo la direttrice che da sud porta il metano verso nord Italia ed Europa. Riconosciuto come progetto di interesse comune dall’Unione europea, il progetto – che dovrebbe essere completato entro il 2027 – si articola nella centrale di compressione di Sulmona, necessaria a “spingere” il gas attraverso le condotte, e in tre metanodotti (Sulmona-Foligno, Foligno-Sestino, Sestino-Minerbio) della lunghezza complessiva di 425 chilometri. Già pronti, in prospettiva, a veicolare anche idrogeno (cioè molecole de-carbonizzate). L’investimento è di circa 2,5 miliardi di euro, parte dei quali saranno coperti da un finanziamento di 300 milioni garantito da Cassa Depositi e Prestiti nell’aprile 2023. La prima fase del progetto (centrale di Sulmona + metanodotto Sestino Minerbio) è inoltre rientrata nella revisione del Pnrr condotta in ottica RepowerEu Plan e per questo, oltre a doversi chiudere entro il 2026, è stata riconosciuta idonea a ricevere 375 milioni di euro.
Un progetto storico fra polemiche e realtà
Come spesso accade, non appena il cantiere di un’opera infrastrutturale si appresta a muovere i suoi primi passi, ecco levarsi le critiche di chi lo ritiene costoso, inutile, pericoloso per territori e ambiente e incompatibile con gli obiettivi di transizione. Approfondendo, in realtà, ci siamo accorti che le cose non stanno affatto così.
Un’opera inutile? Tutt’altro
Rispetto alla presunta inutilità dell’opera, vale la pena ricordarsi che l’Italia è il secondo Paese per consumi di gas dell’intera Unione europea. E, come la quasi totalità degli altri Paesi membri, dipende per circa il 95% dalle importazioni. Dunque mantenere in salute le infrastrutture che garantiscono questi approvvigionamenti è di importanza vitale. Ci sono, poi, gli scenari previsionali del Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), che confermano la centralità del metano anche nei prossimi anni. La domanda di gas stimata per il 2030, infatti, è in linea con quella del 2023, vicina quindi ai 60 miliardi di metri cubi.
Le ricadute del conflitto russo-ucraino
Non solo. Per il metano (oltre 61 i miliardi di metri cubi consumati in Italia nel 2023), lo scoppio del conflitto russo-ucraino ha fatto sì che la maggior parte dei flussi arrivino non più da nord (il gas russo è passato dal 33% del 2021 al 5% del 2023, e dal prossimo anno i contratti di transito del gas russo attraverso l’Ucraina scadranno anche formalmente!) bensì dai gasdotti che approdano a sud (Gela e Mazara del Vallo) e sud-est (Melendugno), con flussi che in questo caso sono passati dal 20% del 2020 al 51% del 2023.
La saturazione delle direttrici disponibili
Tutto questo ha portato a saturazione le direttrici attualmente disponibili lungo l’asse che dal Meridione raggiunge i poli di consumo del Settentrione, rendendo evidente l’esigenza di una terza linea che consenta al Paese di superare gli attuali colli di bottiglia e sostenere flussi che stanno registrando anche un incremento dell’export verso l’Europa. Flussi pari – negli ultimi due anni di crisi energetica – a 7,2 miliardi di metri cubi. Una tendenza, peraltro, che potrebbe confermarsi anche alla luce di alcuni recenti sviluppi.
Il patto Italia-Germania-Svizzera
Il 19 marzo, ad esempio, Italia, Germania e Svizzera hanno siglato un patto di solidarietà relativo al gas, sulla base del quale i tre Paesi si impegnano a prestarsi mutuo soccorso in caso di emergenza, mentre lo scorso febbraio Germania e Algeria, a loro volta, hanno sottoscritto un accordo per forniture di gas.
Il pericolo sismico. La sicurezza dell’infrastruttura ai raggi X
Non manca, inoltre, chi sollevi obiezioni per il passaggio di questi metanodotti attraverso territori caratterizzati da una significativa sismicità. La preoccupazione è legittima ma è anche giusto considerare che, in occasione dei più importanti terremoti registrati negli ultimi 50 anni (ad esempio Friuli 1976, Irpinia 1980, Abruzzo 2009, Emilia-Romagna 2012), l’infrastruttura di Snam non ha mai subito danneggiamenti né interrotto la propria operatività. Snam, in ogni caso, ci conferma che la rete dei gasdotti e degli impianti gestiti dal Gruppo è stata progettata e realizzata sulla base delle più restrittive normative nazionali e internazionali di riferimento, che garantiscono l’esercizio in condizioni di massima sicurezza, anche in presenza di eventi sismici.
Il tratto Sulmona-Foligno e l’Ingv
Per il tratto Sulmona-Foligno – quello sismicamente più critico della Linea Adriatica – d’intesa con il Mase è stato inoltre coinvolto anche l’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), in qualità di ente terzo, per verifiche e approfondimenti relativi al tema della sismicità ulteriori rispetto a quanto previsto dalla normativa di legge. Ma, al di là del coinvolgimento diretto dell’Ingv, un’analisi comparativa è stata condotta sulla totalità dei territori attraversati dalla “Linea Adriatica”, indagando sismicità storica, pericolosità sismica di base, sorgenti sismogenetiche e presenza di faglie attive e capaci, al fine di individuare le soluzioni costruttive più idonee per le infrastrutture.
Territori attraversati e scavati, ma anche ripristinati
Una volta terminate le operazioni di posa dei gasdotti, inoltre, Snam si fa carico del pieno ripristino ambientale delle aree attraversate, procedendo al loro pieno recupero naturalistico, paesaggistico e produttivo, con particolare attenzione al tema della biodiversità, monitorando anche lo stato di salute della fauna. Per mantenere la fertilità preesistente, ad esempio, viene accantonato e poi ridistribuito in superficie il preesistente strato superficiale del terreno, più ricco di sostanza organica. Per il ripristino vegetazionale, poi, Snam ricorre alla semina di un miscuglio formato anche e soprattutto da specie autoctone raccolte in loco, curandosi poi – nel corso del tempo – dell’attecchimento e della crescita delle piante.
La transizione energetica e il ruolo del gas
Veniamo infine alla transizione energetica, che ulteriori investimenti nel gas – secondo alcuni – metterebbero a rischio. Peccato che non sia così, come confermato anche dall’ultima conferenza sul clima (COP28). La quasi totalità della rete di trasporto italiana del gas, inoltre, è già pronta a veicolare il 100% di idrogeno, e in questo senso Snam la sta progressivamente certificando con il Rina. La Linea Adriatica, in particolare, potrà sostenere anche il cosiddetto SoutH2 Corridor, un progetto europeo che, attraverso 3.300 km di condotte derivanti in larga parte dal riuso di metanodotti già esistenti, entro il 2030 potrà trasportare l’idrogeno verde prodotto a costi competitivi nel Mezzogiorno o in Nord Africa verso Italia ed Europa, coprendo fino al 40% dell’obiettivo di importazione di idrogeno verde dell’intera Unione Europea.
L’idrogeno e il potere calorifico del gas naturale
Al contempo, non va dimenticato che l’idrogeno ha un terzo del potere calorifico del gas naturale. Questo vuol dire che – per ottenere gli stessi effetti di un metro cubo di gas – ne occorrono tre di idrogeno, che dunque deve essere stoccato e trasportato in volumi assai maggiori, per i quali bisogna disporre di infrastrutture adeguate. E non è tutto. Il ruolo del gas, infatti, è anche quello di “guardare le spalle” al sistema elettrico, che è destinato a dipendere da quote crescenti di fonti rinnovabili, per loro natura intermittenti, di cui bisogna quindi colmare gli ammanchi. Il tutto senza dimenticare la priorità numero uno per chiunque abbia a cuore la de-carbonizzazione e, cioè, l’abbandono del carbone, vettore energetico che ha emissioni doppie rispetto al gas. Uscire dal carbone, peraltro, non è un’opzione: lo impongono le normative comunitarie e nazionali già dal 2025 ed è stato ribadito anche dal recente G7 tenutosi a Torino. E il gas, in questo, ci può aiutare eccome.
La tariffa pesa meno del 5% sulla bolletta
Infine il costo dell’opera. Al di là dei finanziamenti di cui il progetto potrà valersi, infatti, una veloce rielaborazione dei dati Arera consente di rilevare come la tariffa relativa ai costi di trasporto del gas – stanti i prezzi attuali – pesi meno del 5% sul totale della bolletta che arriva nelle nostre case.