Sorrentino incanta Cannes con Parthenope: epica e grande bellezza di una Napoli che sfida amore e tempo

22 Mag 2024 20:02 - di Priscilla Del Ninno
Paolo Sorrentino

Paolo Sorrentino porta la “sua” Napoli a Cannes. Una Napoli mitologica e segreta, che incarna il fascino femminile, racconta l’epica della giovinezza, rivela il prodigio e l’inganno della bellezza, il volto imprevedibile ed eterno dell’amore. E con Parthenope, il suo nuovo film con Stefania Sandrelli e Celeste Della Porta, unico titolo italiano in concorso, ammalia la platea di Cannes e seduce il Festival, ipotecando il verdetto finale con sogni di vittoria tutt’altro che irrealistici.

Paolo Sorrentino incanta Cannes con il suo “Parthenope”

Il regista punta i riflettori sulla grande bellezza, sconfinata e crudele, seduttiva e sfuggente, di una Napoli ritratta tra sacro e profano, storia e mito, passato e presente. E in sottofondo, il sentimento struggente del tempo che passa, con in primo piano una donna alla ricerca della libertà, avvinta e avvezza al tempo stesso dalla sua solitudine. «Cosa rappresenta per me Parthenope? Come ogni ultimo film che faccio, per me è tutto», confessa Paolo Sorrentino, che sulla croisette disvela il dietro le quinte e il tra le righe della sua ultima fatica d’autore. «La vita è più lunga del cinema», dice Paolo Sorrentino a Cannes, nello stesso giorno in cui, vent’anni fa, il 21 maggio 2004, portava in sala la sua opera seconda: Le conseguenze dell’amore.

Napoli nel cuore e nella lente della macchina da presa

Paolo Sorrentino non solo non disconosce la sue radici napoletane, ma le ama e non perde occasione per rivendicarle e celebrarle nei suoi film. Da ultimo in Parthenope in concorso al Festival di Cannes. In questo caso, però, come per molti napoletani “della diaspora”, a fare da veicolo di questo amore non è la squadra di calcio: come avevamo visto nel recente È stata la mano di Dio – rivisitazione in chiave autobiografica del mito maradoniano –. E, ancora prima, nel personaggio del tifosissimo cardinale Voiello, fra i protagonisti della serie The Young Pope. O come quando, anche se non figura fra i vip intervistati, Sorrentino appare nel film di De Laurentiis, Sarò con te, sugli spalti dello stadio Maradona, con tanto di sciarpa azzurra al collo…

Paolo Sorrentino tra riflessioni universali e viscerale amore per le sue radici

Dunque Napoli, e ancora Napoli. Con la sua matrice nel mito di una ninfa, che diventa oggi, attraverso la prosaica mitologia che la città racchiude in scorci inediti e panorami di ampio respiro, mozzafiato, ispiratrice di un grande cineasta partenopeo. E allora, a Cannes, quello che appare – e non solo all’occhio indiscreto di telecamere e macchine fotografiche – è un Paolo Sorrentino sorridente. Un regista che, orgoglioso e fiero delle sue radici e del suo lavoro di cineasta, ammette senza falso pudore: «Sono tutti molto belli i miei film, sono molto indulgente». E prova a conquistare la Palma della 77esima edizione con Parthenope che – dice il regista – «non è una lettera d’amore, che non sono mai stato in grado di scrivere. Bensì contempla il mistero della donna e il mistero di Napoli».

Viaggio ai confini e nel ventre di Napoli, divinità bella e irraggiungibile

«Il lungo viaggio della vita di Parthenope – si legge allora nella sinossi – dal 1950, quando nasce, fino a oggi», racconta in un apologo che affabula e tocca le corde di cuore e anima, «un’epica del femminile senza eroismi, ma abitata dalla passione inesorabile per la libertà. Per Napoli. E gli imprevedibili volti dell’amore. I veri, gli inutili e quelli indicibili, che ti condannano al dolore. E poi ti fanno ricominciare». E, a dispetto di epiloghi e interazioni tormentate, il film che vanta un cast “all star”– oltre alle due protagoniste Celeste Dalla Porta e Stefania Sandrelli, ci sono in un melting pot di talenti che vanno da Isabella Ferrari a Peppe Lanzetta. Passando per Gary Oldman, Silvio Orlando, Luisa Ranieri, Daniele Rienzo – il film che  arriverà nelle nostre sale in autunno con la neonata PiperFilm, non cede alla malinconia. Anzi.

Paolo Sorrentino, riflessioni su giovinezza, bellezza, amore e dolore

Per stessa ammissione del suo autore e regista, «non c’è nostalgia, malinconia e rimpianto, ma il passaggio dell’età: la verità non fa parte della giovinezza, dove gli incidenti di percorso vengono rimossi e si ha a che fare con l’insincerità, il sogno e il desiderio. È il racconto epico del sé, che si interrompe per dirla con Kierkeegard con l’ingresso della vita etica dalla vita estetica». E allora, incuriosito dall’autodeterminazione femminile, Sorrentino ha «rinunciato all’ambizione di raccontare la donna, ma – rivela – ho trovato interessante accostare il mio lato femminile a un personaggio femminile, concentrandomi sullo scorrere del tempo. Gli uomini, con infantilismo, credono che il tempo non li riguardi. Viceversa, con le donne ho trovato una corrispondenza».

E il mito (intramontabile) di Napoli

E ancora. Il sacro, aggiunge Sorrentino, «non so cosa sia: da laico per me il sacro è quel che nella biografia di un individuo non si dimentica». Un modo come un altro per ridimensionare ambizioni ardite e contorni universalistici di un’opera che, trascendendo gli stessi intenti del suo autore, racconta l’impalpabile. L’immateriale. E l’eterna bellezza femminile di Napoli. Come l’intramontabilità del suo mito della grande madre fondatrice, leggenda marina di una Dea bella e irraggiungibile come la città di cui il regista sembra voler rivendicare la staticità e insieme la sua continua rigenerazioneil crollo e la riemersione. Napoli, che sa ammaliarti e farti male, sprigiona nel ricordo e nel presente di un microcosmo, il potere affabulatorio di un mondo pronto a rinascere dalle ceneri del tempo e di una modernità, che non sempre le rende giustizia…

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