Raggi rinviata a giudizio con l’ex assessore Lemmetti. Ma ora Virginia invoca il garantismo
L’ex sindaca della Capitale, Virginia Raggi, dal Gip del tribunale con l’accusa di calunnia nell’ambito dell’inchiesta sui bilanci Ama. Insieme all’ex sindaca del Movimento 5 stelle, sono stati rinviati a giudizio, con l’accusa molto più pesante di tentata concussione diversi espontenti di spicco della giunta pentastellata. Su tutti l’ex assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, paracadutato addirittura dalla giunta grillina di Livorno e presentato dalla Raggi come il geniale mister Wolf del M5s che avrebbe dovuto risolvere i problemi della Capitale. Assieme a Lemmetti l’ex dg del Campidoglio, Franco Giampaoletti, il responsabile della Ragioneria Generale, Luigi Botteghi ed il direttore delle Partecipate, Giuseppe Labarile.
Lemmetti, da mister Wolf della Raggi, al processo per tentata concussione
Secondo l’accusa, l’allora assessore al Bilancio Lemmetti, il dg del Campidoglio Franco Giampaoletti, il Ragioniere generale di Roma Capitale Luigi Botteghi e il dirigente contabile Giuseppe Labarile, avrebbero portato avanti minacce indirette nei confronti dell’allora direttrice del dipartimento Tutela e ambiente, Rosalba Matassa, prospettandole una sua “possibile marginalizzazione professionale”. La richiesta dei manager capitolini riguardava l’attestazione dell’inesistenza di un credito di 18 milioni che Ama vantava verso il Comune. Gli stessi, sempre secondo i capi d’imputa zione, “tentavano inoltre di costringere Lorenzo Bagnacani, presidente del Cda di Ama, la cui permanenza veniva messa in discussione, a presentare un bilancio in perdita, depurato del credito”.
La nota integrale dell’ex sindaca: ora parla come un politico della prima Repubblica
E l’ex sindaca? Raggi si è affrettata a scrivere una nota per precisare qual è il capo di imputazione, smarcandosi dal fido Lemmetti e dagli altri. Come avrebbe fatto un vecchio politico della prima repubblica. “‘Contrariamente a quanto leggo su qualche agenzia, mai sono stata accusata di corruzione”. Lo dichiara, in una nota, l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi. ”Mi si contesta di avere accusato alcune persone di avere tenuto nei miei confronti una condotta che esse stesse hanno esplicitamente rivendicato. All’epoca ho effettivamente subito enormi pressioni affinché si approvasse un bilancio che presentava molti aspetti poco chiari, ma non lo feci. Provo, pertanto, sconcerto e rabbia per una vicenda paradossale nella quale – voglio ricordarlo – sono stata io, per prima, a denunciare pubblicamente e a segnalare in Procura la situazione economica altamente critica dell’azienda – e, poi, ad affidarla a un nuovo CdA, che ne ha risanato i conti. Il bilancio successivamente approvato, dopo aver sostituito i vertici della società, risultò ben diverso: è emerso, infatti, un buco di 250 milioni di Euro, prodottisi addirittura dal 2003, dovuti a una gestione pregressa a dir poco disattenta dell’azienda. Ci tengo infine a sottolineare che, in relazione ai fatti che mi vengono oggi addebitati, il PM ha chiesto, prima, l’archiviazione e, poi, una sentenza di non luogo a procedere in mio favore. Affronteremo anche questa”.
Legittimo pretendere il garantismo fino a sentenza definitiva, ma non vale se è solo per pararsi il curriculum politico. Forse la Raggi risulterà più credibile quando firmerà interventi altrettanto garantisti su vicende giudiziarie che coinvolgono gli avversari.