Musumeci: “Sulla ricostruzione dopo un terremoto serve un modello unico per evitare sprechi e corruzione”
“C’è l’urgenza di un modello unico di ricostruzione dopo un terremoto che abbiamo voluto come governo: accelerare il ripristino delle condizioni di vita per scongiurare lo spopolamento”: così il ministro per la protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, parlando alla giornata di confronto nella sede del Dipartimento di Protezione civile sulla ricostruzione dei luoghi terremotati.
“Non basta ricostruire in un’area disastrata – ha ricordato Musumeci – occorre anche creare le premesse perché in quell’area si attivino le dinamiche di crescita e di sviluppo socio-economico. E questo è un compito che non può essere affidato né alla Protezione civile né a Casa Italia. E’ un compito che appartiene alla regione di appartenenza”.
Musumeci: non solo il protocollo per il terremoto, urge un censimento dei fiumi tombati
Quando il territorio è vulnerabile e pericoloso, nella ricostruzione bisogna procedere alla delocalizzazione che è ”una scelta dolorosa ma inevitabile a volte perché non basta ricostruire presto, bisogna anche farlo bene rendendo il costruito quanto più resiliente e sicuro”, ha aggiunto il ministro. Nell’opera di ricostruzione ”i sindaci sono un riferimento essenziale” e bisogna coinvolgerli ”in una cabina di regia, di prezioso ausilio, anche in condivisione di scelte con il commissario straordinario”. In una fase di ricostruzione ”bisogna evitare in tutti i modi non solo tempi morti ma anche disparità di trattamento tra un territorio e l’altro. Le risorse e i metodi devono essere sempre adeguati alle esigenze dei luoghi colpiti, con criteri omogenei e di equità”.
”In Italia le ricostruzioni, dopo una calamità, sono lunghe e costano tantissimo. Costano troppo. Questa è l’esperienza del passato, che abbiamo conosciuto negli ultimi cento anni. Ai ritardi alcune volte si sono aggiunte la incapacità di agire, la corruzione, la speculazione. Le vicende legate al terremoto dell’Irpinia sono significative”, ha aggiunto Musumeci. Il ministro ha quindi citato due esempi della Sicilia. ”In origine – ha detto Musumeci – era il terremoto di Messina. Ebbene le baracche per i terremotati del catastrofico sisma del 1908 non sono mai scomparse. Nonostante siano passate tre generazioni, il dramma è ancora lì, nella testimonianza di migliaia e migliaia di persone che vivono nelle baracche. Nella valle del Belice la ricostruzione ha alimentato tantissime polemiche da parte dei sindaci, alcuni dei quali sostengono che all’appello mancano 400 milioni di euro”.
”In sede di prevenzione – ha detto ancora Musumeci dovremo aprire un confronto sui fiumi tombati, di cui nessuno mai parla. Una delle cause dei disastri nei centri urbani. Sui fiumi di una volta si sono costruite piazze, strade e case. Cominciamo a fare un’analisi, con la Protezione civile. Cominciamo da un censimento serio e cerchiamo di capire quanti di questi corsi d’acqua possono essere liberati per evitare che si debba replicare un disastro”.
La testimonianza del generale Figliuolo: più che i protocolli, la differenza la fanno le persone
I commissari per la ricostruzione che si sono alternati nel corso della mattina hanno avuto un filo conduttore. E cioè che la ricostruzione può essere occasione di rilancio, ma anche di innovazione e prevenzione. Emblematico, tra i tanti, l’intervento del generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario per le alluvioni in Emilia Romagna, Toscana e Marche, che ha lanciato un appello alla praticità ricordando che ci sono “paesi piccoli in cui si registra una franca per ogni abitante”. “Il commissario – ha detto – dev’essere un uomo del fare, uno che cerca di intercettare i bisogni del territorio, renderli granulari e adottare delle soluzioni”. “La ricostruzione – ha aggiunto – può essere un momento di opportunità. Una ricostruzione ben fatta, nei tempi e nei modi giusti, fa la differenza. Ma la differenza la fanno soprattutto le donne e gli uomini che ci lavorano. Alle varie cabine – ha concluso il generale Figliuolo – devono sedere le persone che sanno le cose”.