Il mondo di Concita, così rassicurante: gli ignoranti votano Giorgia, e gli altri (di sinistra) affollano i dibattiti al Salone

14 Mag 2024 15:49 - di Vittoria Belmonte

L’edizione 36 del Salone del libro sarà ricordata – anche – per la grande folla che si è accalcata per ore agli ingressi. Lo scopo: vedere i vip, le grande firme dei circuiti editoriali che contano, quelli che vanno in tv e poi affidano il loro libro al ghost writer. Il Salone come evento culturale certo, ma anche mondano. Anzi mondanissimo. Tutti intruppati, in fila, per il firmacopie. Di chi? Boh, purché si vada a casa col libro firmato. La signora racconta al cell: “Abbiam fatto la fila per Corona, e lo abbiamo visto poi. Anche da vicino. E anche la Selvaggia, la Lucarelli, com’è bella…“.

Ma Al Salone tutti trovano modo di ritagliarsi le proprie affinità elettive. Puoi ignorare Zeocalcare e acquistare un racconto del Giappone medievale. Basta essere curiosi. Non accontentarsi. C’è stato pure lo show dei Pro-Pal che inveivano contro il salone pieno di “sionisti”. Vabbé. Complimenti in goni caso a Annalena Benini che ha lavorato sodo. Ma ci si chiede se non sia il caso di potenziare i piccoli festival librari locali, legati alle memorie del territorio, piuttosto che accettare che il Salone del libro sia una sorta di megastore del libro di grido col format di Che tempo che fa.

Detto questo, c’è chi la butta in politica perché non può farne a meno. E non è colpa dello show dei Pro-Pal che gridano “boycott Israel”. Insomma accade che Concita De Gregorio vede la gente in fila, giovani soprattutto, che arrivano a grappoli, sorridenti, colorati e ci scrive un pezzo su Repubblica. E cosa leggiamo nel pezzo? Che c’è un’Italia che fa la fila per entrare al Salone e non perdersi un dibattito, dal jobs act al premierato. E’ l’Italia buona e colta. L’Italia che legge. L’Italia di sinistra dunque (almeno secondo l’autrice dell’articolo). Poi c’è l’altra Italia, quella che non legge, che si perde i dibattiti cruciali, quelli sul jobs act e sul premierato, o sulla torsione autoritaria, o sul patriarcato… In più, non sanno “niente del massimo poeta palestinese del nostro tempo o di Franco Basaglia e Franca Ongaro, delle frontiere di Alessandro Leogrande o del coltello che ha sfregiato l’intellettuale supremo”. E chi sono questi? Quelli di destra, ovvio. E’ l’elettorato di riferimento di Giorgia, scrive Concita De Gregorio. Gente che preferisce andare a giocare a padel piuttosto che recarsi al convegno su Matteotti. Il cui figlio, come racconta la nipote, prendeva il tè con Almirante tra l’altro…

Ma torniamo a Concita. Questa divisione per lei così rassicurante in realtà non è vera, è irreale. E’ utopistica. La ressa al Salone dimostra l’esatto contrario. Che è un evento trendly e la gente ci va per dire di esserci stata. La gente segue le mode. Il padel o il salone è lo stesso. Poi magari si comprano anche un libro ed è cosa buona e bella. Ma la divisione – colti di qua e ignoranti di là, lettori di qua e analfabeti di là – è una finzione cui ormai possono credere solo gli iscritti alla chat sul 25 aprile di Massimo Giannini.

 

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