Il G7 e il Summit per la pace: giugno sarà decisivo per l’Ucraina. E Putin lo sa
Poco meno di un mese, tanto manca all’appuntamento principale del G7 a presidenza italiana. Lo stesso tempo che separa dal primo Summit globale per la pace organizzato da Zelensky in Svizzera. Italia e Ucraina unite a giugno, ancora una volta, nel processo per ristabilire una pace giusta, come tante volte ha ricordato il nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Insieme, anche negli incontri del G7 in Italia, ormai nella sua forma sempre più consolidata di G7 +1. E sì, perché l’obiettivo che l’aggressore russo cercava di raggiungere, l’isolamento, la distruzione e l’annessione di Kyiv in ambito internazionale, è completamento fallito. Al contrario, a livello globale l’Ucraina continua a essere sempre più forte e centrale di prima, tanto da soppiantare lo stesso Paese aggressore nel G7. Proprio lì, dove una volta la Russia era stata ammessa allargandone la composizione, per esserne cacciata subito dopo a seguito dell’annessione della Crimea.
Appare così sempre più chiara la parabola discendente di Vladimir Vladimirovic Putin, ricercato dalla Corte penale internazionale in due terzi dei Paesi del pianeta per crimini di guerra per sequestro e deportazione di oltre centomila infanti e minori ucraini. Compreso il Sud Globale, quello che tanto gli sta a cuore. Perché il responsabile dell’aggressione all’Ucraina appare sempre più dimesso e prono al leader cinese nella visita a Pechino. Ridotto ormai al ruolo di junior partner di Cina, Nord Corea e Iran, dai quali sempre più dipende per armi e materiali dual use.
Dall’altra parte, invece, l’Ucraina dimostra uno straordinario coraggio e determinazione, inossidabile, a raggiungere i propri obiettivi. Gli stessi per i quali si sta battendo da oltre trent’anni: libertà e sovranità. Fin dal 1991 con la dichiarazione di indipendenza, con la rivoluzione arancione del 2004 poi e dieci anni dopo con la discesa in campo del Paese nella rivolta Euromaiden. Putin è rimasto così imbrigliato nella sua stessa campagna di disinformazione di tre anni fa. Già da allora, con l’intento di cancellare l’Ucraina. Perché nell’articolo pubblicato a luglio 2021, da molti ora riconosciuto come il suo Mein Kampf, scrisse chiaro e tondo che l’unica strada da percorrere era la distruzione dell’Ucraina, a suo dire Stato inesistente, Paese fantoccio, servo degli americani. E indicò, tondo e chiaro, quello che avrebbe fatto. E lo ha fatto. Questa volta, però, ha sbattuto contro il fronte occidentale.
In due anni e mezzo, sul piano internazionale Putin ha visto l’allargamento della Nato, con l’ingresso operativo di Svezia e Finlandia, e ha subito un progressivo isolamento politico ed economico a livello globale, senza precedenti. Nessun Paese si fida più dell’aggressore dell’Ucraina. Sul campo, malgrado i tentativi di ritardare l’arrivo delle armi – che sono invece arrivate – subisce continui attacchi e bombardamenti a centrali elettriche, raffinerie. Ultimi, ma non ultimi, quelli di giovedì a Gvardiyski e Belbek nell’occupata Crimea. Perché Putin è sempre più incapace di difendere il suo Paese. Tanto, da dover sostituire i vertici della Difesa. Sarà decisivo giugno per la guerra. E il pluriricercato Putin lo sa. Sarà il mese in cui il G7+1, guidato dal presidente del Consiglio italiano, ribadirà il suo sostegno all’Ucraina. Proprio qui, da noi, dove si riuniranno i grandi della terra.
*Università Lumsa