Al Concertone l’antifascismo da barzelletta, Bella Ciao e rutti liberi: sotto la pioggia, tanti comizietti
Il copione è sempre lo stesso, da anni, stavolta senza gesti clamorosi in grado di scatenare la polemica diretta e fare da boomerang al Concertone del Primo Maggio: ieri i “comizietti” politici contro la destra sono stati disseminati, a piccole dosi, nei vari momenti della kermesse musicale dei sindacati, quest’anno andata in scena al Circo Massimo. Da Bella Ciao in versione rap agli slogan antifascisti di Stefano Massini e la barzelletta della Digos pronta a intervenire contro chi si permette di pronunciare quella parola, che però tutti i giorni, ogni istante della giornata, è in bocca a politici, opinionisti e manifestanti per strada senza che scattino particolari repressioni in stile cileno: ma si sa, il Primo maggio tutto faceva brodo, sotto la pioggia, poi, davanti a migliaia di giovani entusiasti, molti dei quali arrivati a Roma per sentire musica e riflettere sul lavoro, un comizietto riscalda il cuore, con effetto comizione finale in salsa politica. Bandiere palestinesi, inni alla libertà che non si sa bene chi minaccerebbe, pacifismi retorici di sinistra, ironie sulla Rai “meloniana”, fino ai rutti, quelli bipartisan, di Morgan, che intona una canzone di protesta intestinale contro i discografici. Almeno lì, però, non c’entra l’antifascismo.
Il Concertone sotto la pioggia e con tanti comizietti
Nel pomeriggio, dopo una pausa per pioggia, arrivava puntuale la versione rivisitata di Bella Ciao in stile hip hop con un una coreografia eseguita sul palco da un gruppo di ballerini. Successivamente, Noemi, la conduttrice con Ermal Meta, leggeva il suo monologo sull’autodeterminazione e l’emancipazione femminile, che si sa, da quando c’è la Meloni al governo, non avanza, perché lei non è di sinistra. “Non è un paese per donne”, ovviamente. Ieri lo era, invece. Poi arriva Elisa con la difesa dei trans, anch’essi non particolarmente minacciati da nessuno ma, scanso equivoci, due paroline, perché no. Poi arrivava lo scontatissimo show politico dell’ultima incona martirizzata in nome della sinistra antifascista, Stefano Massini, con un monologo surreale, da ridere, se il tema delle morti bianche non fosse terribilmente serio. “Ogni volta che qualcuno muore sul lavoro è una catastrofe, è uno sfascio, un massacro. Io, allora, oggi sono ‘antisfascista‘ perché se oggi dici antifascista ti identifica la Digos“, ha arringato l’attore durante la sua performance insieme a Paolo Jannacci cercando di aizzarre la folla contro non si sa bene chi. Ma su di lui, nessuno avrebbe scommesso un euro, ma ha un po’ spiazzato che non abbia citato Scurati, questo sì. Un altro artista imprecisato ha invece fatto un monologo sul fatto che qualcuno, mentre parlava, al telefono, con voce femminile, tipo Meloni, cercava di censurarlo. Un altro aspirante martire.
Poi è arrivato il cantante Dargen D’Amico, core ‘ngrato, che ha attaccato la Rai che lo ospitava: “E’ è un lavoratore speciale di quelli che fanno il doppio lavoro, lavora per sé e per la concorrenza. Gli ascolti stanno andando benissimo e l’anno prossimo il Concertone andrà sul Nove”. Non poteva mancare Cosmo con la bandiera palestinese e la battutona contro la pizza e la polizia, “simboli d’Italia”, e meno male, meglio di lui, come simbolo, vista la foto seminudo non proprio da statua greca che esibisce sul palco con orgoglio, ed ancora, a cascata, anzi a pioggia, è il caso di dirlo, gli appelli per la pace a dare l’impressione che solo loro, i cantanti impegnati di sinistra, desiderano…
La passerella sotto la pioggia
La platea di spettatori che ha sfidato il meteo e il terreno in parte allagato era comunque costituita da qualche migliaio di persone, quasi tutte molte giovani, attrezzate con ombrelli e impermeabili, tutti entusiasti. Facile volare alto sulla demagogia della guerra da interrompere, senza mai citare Hamas o Putin, come nei tanti appelli per la pace, come quello dei Negramaro. “Ricominciamo tutto con la pace. Anche nella notte più buia c’è una luce che brilla”, ha detto Giuliano Sangiorgi, che poi ha gridato a più riprese durante il set della band salentina: “Pace, pace, pace”. Si è unita all’appello anche La Rappresentante di Lista: “Per tutte le sorelle a cui hanno tolto le ali. No alla guerra perché è una vergogna per l’umanità”. Ha chiuso Geolier, cn un appello contro le disuguaglianze: “Una voce per le persone che vengono trattate in modo diverso, per il luogo di provenienza e per il colore della pelle. Una voce per tutti colori che si aggrappano a lavoro senza sicurezza una voce alle donne che sono troppe a subire. Siamo tutti quanti uguali finché restiamo sotto questo cielo. Viva la mia città che mi fa da madre e da padre”. Viva, certo, come non essere d’accordo?
Più o meno lo stesso copione a Milano e in altre città d’Italia dove sono stati organizzati eventi per il Primo Maggio, con un comizietto per Ilaria Salis, a Taranto, fatto da un suo elettore del tutto disinteressato: il papà.