Quale cultura nell’Ue. Basta con l’europeisticamente corretto. Una mostra sui crimini del comunismo girerà l’Italia

26 Apr 2024 18:37 - di Luciana Delli Colli

Ripartire da ciò che realmente ha fondato l’Europa per costruire l’Europa del futuro: la cultura, nelle sue molteplici declinazioni, è stata al centro del dibattito “L’Europa dei conservatori: valori e identità”, che si è tenuto nella sala “Budapest 1956” della Conferenza programmatica di FdI in corso a Pescara. Si è trattato di un confronto ampio, denso, ricco di citazioni, richiami, suggestioni, tutte confluite in un’unica idea di fondo: l’Europa è fatta dai suoi popoli, che con le loro specifiche identità condividono storia e destino, ed è su questa Europa che si deve modellare l’Ue se vuole essere all’altezza non solo del suo passato, quanto del suo futuro. Si tratta di un compito che non può che trovare una guida nel conservatorismo che, per dirla con il ministro Gennaro Sangiuliano, “è prepolitico, è una vocazione culturale: essere conservatori vuol dire rispettare il senso della storia, avere chiaro in sé che noi non siamo un prodotto genetico casuale, ma la risultante di una lunga sedimentazione storica”.

Al dibattito, moderato dal deputato di FdI Alessandro Amorese, oltre a Sangiuliano, hanno partecipato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano; il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi; il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone; il direttore del Maxxi, Alessandro Giuli. Ciascuno per le proprie competenze ha illustrato come un’Europa che perda di vista le sue radici è un’Europa che tradisce la sua missione ed è destinata a fallire anche rispetto alle sfide del presente. “La stella polare del conservatore è il principio di realtà”, ha ricordato Mollicone, avvertendo che “dobbiamo garantirlo anche nel digitale”. “C’è un tema biopolitico. Dobbiamo evitare la singolarità, ovvero quando le macchine prenderanno il sopravvento sull’intelligenza umana”, ha detto ancora Mollicone, ricordando l’impegno in questo senso del governo italiano. “Ci apprestiamo a un nuovo ordine, a trovare nuove forme di presenza dei conservatori a livello europeo, e l’Ue si è posta come capofila della regolazione dell’intelligenza artificiale, tema su cui anche il G7 a guida del governo di Giorgia Meloni ha voluto porre massima attenzione”.

Giuli è partito dal mito di Europa, passando per la visione di Federico II, per avvertire che “l’Europa può avere un futuro solo se Stati nazionali come l’Italia si rendono conto di essere un compendio storico, culturale, antropologico dell’Europa che fu e che deve essere”. “Non può esistere l’Europa che non sia patria delle patrie”, ha concluso Giuli, citando poi Giorgia Meloni che qualche tempo fa parlò di “Europa unita degli Stati sovrani”. “Se c’è un possibilità che l’Europa diventi uno Stato opera d’arte è grazie a chi si assume la responsabilità di riscrivere la carta d’identità dell’Europa come forma atemporale”, ha detto il direttore del Maxxi.

Mazzi ha poi svolto un excursus sulla storia musicale – e non solo – dell’Europa, per illustrare come, con il contributo decisivo di FdI, si possa costruire “un’Europa sempre più di popolo e sempre meno tecnocratica”. Mazzi poi si è soffermato sulle polemiche di questi giorni, rilevando che “la settimana che va dal 25 aprile al primo maggio è la settimana rossa”, nella quale “ci vogliono mettere in difficoltà”. “Io ieri ho assistito senza poter parlare a un monologo di Benedetta Tobagi tutto contro il governo” e allora, ha annunciato, “sto preparando una mostra che vorrei fosse itinerante sui crimini del comunismo, gireremo l’Italia con questa mostra itinerante”.

Sangiuliano, come Amorese, prima del suo intervento ha svolto una breve digressione sull’intitolazione simbolica della sala Budapest 1956, ricordando anche come anche in Italia c’era chi guardava con compiacenza all’invasione sovietica. Poi il ministro ha ricordato i numerosissimi interventi fatti alla guida dei Beni culturali per sedimentare la nostra memoria collettiva attraverso, per esempio, la valorizzazione delle rete museale, in cui ogni struttura rappresenta un tassello della nostra identità culturale nazionale e della costruzione di un nuovo immaginario italiano, anche nel mondo. Un impegno che discende direttamente dall’impostazione conservatrice, poiché “essere conservatori significa rispettare e conservare” questo “senso della storia”. Discorso che vale anche a livello europeo, perché “l’Europa è una opportuna, importante costruzione giuridica, ma prima ancora è una costruzione culturale”.

Infine, Mantovano, il quale, dopo aver ricordato la distinzione tra fascismo storico e fascismo demonologico operata da Augusto Del Noce, ha avvertito che oggi l’operazione di “etichettatura” del secondo, che mira a escludere, avviene oggi con l’utilizzo delle espressioni sovranista e populista. Che però, ha ricordato il sottosegretario, rimandano a quei concetti di sovranità e popolo che sono richiamati già nell’articolo 1 della nostra Costituzione. Dunque, è stato l’avvertimento di Mantovano, bisogna smascherare questo meccanismo, che tradisce l’avversione per il popolo di chi ritiene che siano le elite a dover governare. Il sottosegretario ha citato in questo senso anche il Manifesto di Ventotene, “che sarebbe interessante leggere tutto, ma – ha detto – prevale la pietà”. “La critica contro il populismo – ha aggiunto – è di frequente critica nei confronti popolo tout court, specie quando gli capita di votare e di votare una cosa diversa rispetto a quello che vorrebbero le elite”.

Poi la riflessione sullo stato di diritto, anch’esso usato come leva per escludere dal confronto chi si fa portatore di posizioni sgradite. “Ogni disciplina adottata dagli Stati membri che non risponda al mainstream europeisticamente corretto sta diventando violazione dello stato di diritto“, ha detto Mantovano, ricordando che però l’Ue adotta numerose decisioni che non rientrano affatto nel perimetro stabilito dalle norme del Trattato dell’Unione, che è la base della sua intera architettura giuridica. Fra queste, la risoluzione sull’aborto. “Io confido – ha concluso Mantovano – che il nuovo Parlamento non scriva più pagine simili, che sono completamente fuori dal perimetro delle competenze Ue”.

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