Omicidio Cerciello, assolto in appello il carabiniere che bendò Hjorth. Il legale: “Ristabilita la fiducia nella giustizia”

26 Apr 2024 19:36 - di Alberto Consoli

È stato assolto in appello il maresciallo dei carabinieri Fabio Manganaro, imputato per il bendaggio di Christian Natale Hjorth, uno dei cittadini americani condannati per l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega. Lo ha deciso la prima Corte d’Appello di Roma con la formula perché “il fatto non costituisce reato”. In primo grado, Manganaro era stato condannato a due mesi con l’accusa di “misura di rigore non consentita dalla legge”.

La sentenza è stata decisa dai giudici della I sezione della Corte d’Appello della Capitale. In primo grado Manganaro aveva avuto due mesi di pena, con pena sospesa. E’ stata accolta, in sostanza, la richiesta del pg. Il reato contestato era quello di “misura di rigore non consentita dalla legge”. Gabriel Natale Hjorth, il ventenne americano, era stato arrestato con l’amico Finnegan Lee Elder per l’omicidio di Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 nel centro della Capitale. I giudici d’Appello con la sentenza pronunciata nel pomeriggio di venerdì 26 hanno accolto la richiesta del pg di assoluzione.

La difesa del carabiniere: “Sentenza ristabilisce fiducia in giustizia”

È stato “un percorso straordinariamente sofferto dove il maresciallo Manganaro è rimasto solo durante questi lunghi 5 anni”:  lo ha detto il suo difensore, l’avvocato Roberto De Vita. “Questa assoluzione ristabilisce giustizia nei confronti di un militare che per 25 anni con onore ha servito l’Arma, continua a servirla e che in quell’occasione del luglio del 2019 ha protetto l’incolumità del fermato ed è stato sottoposto nei mesi e negli anni successivi non solo a una gogna mediatica ma anche all’isolamento e all’abbandono da parte delle istituzioni”, ha aggiunto.

Omicidio Cerciello, il legale attacca l’ex premier Conte

“Questa sentenza deve essere letta e quando ci saranno le motivazioni dovrà essere approfondita dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dall’ex comandante generale Giovanni Nistri. Che per primi ebbero a condannare, senza nemmeno approfondire e attendere gli esiti processuali, l’operato di un militare che in 25 anni di servizio ha onorato l’Arma”. Le parole dell’avvocato Roberto De Vita, difensore del carabiniere Fabio Manganaro. “Questa sentenza ristabilisce quella fiducia verso la giustizia che con le conclusioni del pm in primo grado e con la sentenza del giudice monocratico si era smarrita”, ha concluso il penalista.

L’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega

Il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega venne ucciso con undici coltellate nel quartiere Prati a Roma. Era la notte tra il 25 e il 26 luglio 2019 quando il carabiniere, in servizio con il collega Andrea Varriale, venne accoltellato a poche centinaia di metri dall’albergo, dove alloggiavano due giovani americani: Finnegan Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth., arrestati poche ore dopo il delitto con l’accusa di essere gli autori dell’omicidio. Il vicebrigadiere, quella notte, insieme al collega Varriale era in via Pietro Cossa per recuperare la borsa che i due americani avevano portato via a Trastevere a Sergio Brugiatelli, ‘intermediario’ con i pusher a cui si erano rivolti Elder e Hjorth per acquistare cocaina ricevendo in realtà Tachipirina.

I legali di Hjorth: “Una sentenza che stupisce”

“Attendiamo ovviamente di leggere le motivazioni della Corte. Ma certamente lascia stupiti la riforma di una sentenza motivata diffusamente in fatto e in diritto che aveva correttamente stigmatizzato un trattamento abusivo umiliante e degradante;quale era il bendaggio del giovane sospettato non giustificato da alcuna differente finalità”: lo dice all’Adnkronos l’avvocato Francesco Petrelli, legale di Gabriel Natale Hjorth. “Tutti i militari, sentiti nel corso del processo, avevano affermato di non avere mai assistito nel corso della loro carriera a simili trattamenti. Questa decisione appare come un passo indietro nell’affermazione dei diritti e delle garanzie delle persone private della libertà”, sottolinea il penalista.

 

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