Mentana ridicolizza l’allarme sulla Rai lottizzata da destra. «E Canfora chieda scusa alla Meloni»

18 Apr 2024 8:49 - di Lucio Meo

Di lui si parla come possibile “rifondatore” dell’informazione sulla rete degli americani, la Nove, o perfino come padre putativo di una nuova era dei tg in Rai. Il diretto interessato, però, smentisce tutto. “Non vado da nessuna parte”, dice Enrico Mentana in una lunga intervista alla Stampa nella quale tocca tutti i temi di attualità relativi alla tv, al controllo dei media e del presunto regime” di destra targato Meloni. “Per carità, solo i cattolici per il matrimonio dicono che non si cambia mai, ma ho fatto nascere il Tg5, rinascere il Tg La7 che Piroso aveva già avviato molto bene, ho condotto due telegiornali molto improntati su di me… me ne sono sempre andato quando non c’erano le condizioni per lavorare bene….”.

Mentana e il “regime” tv che la sinistra vede col governo Meloni

Di stretta attualità è l’uscita dalla Rai di Amadeus, dopo Fazio, addii legati, come tutti sanno, a questioni economiche, e Mentana lo sa bene. “Se uno se ne va dalla Rai quando comanda il centrosinistra si dice in un modo, quando comanda la destra si dice in un altro. Lavorerei molto volentieri in una rete televisiva con Amadeus, ma non mi immagino una Rai povera senza di lui. Negli anni ’80-’90 Mike Bongiorno, Raffaella Carrà, Pippo Baudo, Corrado hanno lasciato la Rai per andare a Mediaset. Da quando esiste il mercato esiste l’attrazione per il privato che non deve parametrare i compensi, rendere conto del canone, ha più velocità decisionale perché non ha la politica come editore”. E l’allarme regime, che porterà a uno sciopero dei giornalisti Rai contro la “lottizzazione” di destra? “Sono entrato al Tg1 e rimasto lì 8 anni quando il direttore non cambiava a ogni nuovo governo, ma a ogni congresso della Dc. Nessuna Usigrai si è mai lamentata del fatto che tre anni fa c’era un unico partito di opposizione. Fratelli d’Italia? Di cosa stiamo parlando? Della campagna elettorale rispetto ai tempi di presenza del governo? È questo l’allarme democratico?”.

I Tg “politicizzati” da quando esiste la Rai…

Mentana ricorda che “da sempre ci sono il Tg1 governativo, il Tg2 a destra, il Tg3 a sinistra”. “Questo era comprensibile e in qualche modo giustificabile per il pluralismo fino a qualche anno fa. Ora è diventato un’altra cosa. Perché l’era dei social ha acuito non lo spirito di appartenenza, ma di fazione, portando alla demonizzazione dell’avversario. Questo ha contagiato i giornali, i lettori, e anche la televisione. E avviene in assenza della politica dei partiti…”.  Poi il giornalista parla con chiarezza anche dell’allarme “regime” sull’acquisizione dell’Agi da parte di un parlamentare leghista. “Rispetto e condivido le preoccupazioni di quella redazione, ma bisogna fare un discorso di verità sul ruolo delle agenzie. Molte, a partire dall’Ansa, vivono di convenzioni con i ministeri, col governo. Creiamo le condizioni per renderle autonome, cooperative risalenti a fondi costituiti congiuntamente dagli editori. E rendiamoci conto che parliamo di un mondo morente, come quello dei giornali, dei tg”.

“Canfora? Si scusi, io avrei querelato per meno”

Cosa pensa della querela della presidente del Consiglio contro Luciano Canfora?, viene poi chiesto a Mentana. “Penso che se qualcuno dice a me, perché di madre ebrea, che sono un massacratore dentro, lo porto in tribunale… Canfora ha detto a Meloni “neonazista nell’anima che per questo sta con i neonazisti ucraini” – un’offesa che da lei arriva fino a Zelensky – quando era all’opposizione. Non sono sicuro che oggi lo rifarebbe e non sono sicuro che lo avrebbe fatto se fosse stata uomo. Un intellettuale ha una responsabilità doppia: perché conosce l’importanza delle parole e perché ha un seguito. Canfora parlava davanti a degli studenti, cos’è un cattivo maestro se non questo? Penso che se chiedesse scusa sarebbe un obbligo morale, per Meloni, ritirare la causa, ma la libertà deve avere un limite: non è mia o tua, è di tutti…”.

Infine, i manganelli: “Quelli di Pisa sono una vergogna democratica, non c’è discussione su questo. Ma se un gruppo assalta il rettorato e il rettore chiama la polizia è un’altra cosa”.

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