Medicina, il sì del Senato alla riforma del “numero chiuso” ha scatenato le solite fake news: è ora di fare chiarezza
La Commissione cultura del Senato della Repubblica ha approvato da pochi giorni un testo unico per una proposta di legge delega al Governo sul riordino dell’accesso alle facoltà mediche. Tutti i senatori hanno fatto un gran lavoro di sintesi delle diverse sensibilità ed opinioni espresse in commissione. Tuttavia, immediatamente dopo la diffusione di questa notizia, si è assistito ad una frenetica, scomposta e disordinata ridda di dichiarazioni, da parte di chiunque pensasse di averne titolo, con la costituzione di due schieramenti. Chi si professa contrario ai principi generali espressi dalla commissione cultura del Senato, critica il fatto che, a loro dire, si sarebbe abolito il famigerato “numero chiuso”.
Accesso a Medicina: il “numero chiuso” non è stato abolito
Questo famigerato numero chiuso, meglio chiamato “numero programmato”, è il numero di studenti che ogni anno possono intraprendere e terminare il corso di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria, deciso dai Ministeri della Salute, dal MIUR e dalla conferenza Stato-Regioni in base ad una valutazione oggettiva delle necessità del Sistema Sanitario Nazionale e dell’offerta formativa degli Atenei. Questo famigerato numero, è un caposaldo della formazione medica, perché assicura un flusso continuo e congruo di giovani medici nel sistema, formati secondo standard di qualità europea.
Medicina: il numero programmato rimane principio indiscutibile
Nel testo approvato in commissione cultura al Senato, il numero programmato rimane principio indiscutibile e ad esso nessuno vuole rinunciare. Pertanto la maggior parte dei contributi sui giornali o nelle televisioni, che demonizzano il lavoro della commissione perché avrebbe abolito il numero chiuso, purtroppo sono basati su un errore di fondo che li rende inattendibili. La finalità della proposta invece è quella di migliorare il sistema di selezione dei ragazzi, ovvero come decidere chi è veramente meritevole di rientrare in quel famoso numero programmato. Oggi infatti, l’attuale sistema appare iniquo perché sembra favorire i ragazzi che hanno frequentato scuole migliori e quelli che possono permettersi degli utilissimi ma costosissimi corsi aggiuntivi preparatori al test.
Cosa prevvede la proposta di legge delega al Governo
Inoltre, c’è un evidente problema nella modalità di selezione: migliaia di ragazzi, magari bravissimi e motivatissimi, negli anni sono stati esclusi dal sogno di una vita solo per un test one-shot, il cosiddetto test lotteria, una prova unica spesso mal presentata e mal proposta. La proposta attuale invece, mi sembra che lontana dal voler risolvere problemi strutturali del SSN e della formazione medica specialistica, che non rappresentano l’oggetto del contendere, ha l’unico obbiettivo di superare le difficoltà e le ingiustizie dell’accesso al corso di studi. Pertanto in quest’ottica, questa proposta farà in modo che i ragazzi affrontino la sfida del numero programmato partendo dagli stessi blocchi di partenza al di là della scuola secondaria frequentata; non avranno necessità di cercare preparazioni alternative e costose; verranno giudicati su un percorso che va al di là della singola prova e che cercherà invece di far emergere l’impegno, la passione e la inclinazione dei nostri giovani futuri medici.
Una soluzione migliorativa rispetto a quella attuale
I ragazzi affronteranno un corso di sei mesi, erogato gratuitamente dalle Università, con materie già in parte professionalizzanti, così anche da offrire un percorso di orientamento all’interno del semestre stesso per cercare di evitare il fenomeno dell’abbandono, altra nota dolente del presente sistema. Infine, a differenza di quanto qualcun altro sussurra malevolmente, questo proposta non farà perdere tempo e chances ai nostri ragazzi, perché se non dovessero passare al secondo semestre, potranno cambiare corso di laurea, sia tra quelli di area medica che altro, sia soprattutto perché gli verranno riconosciuti tutti i crediti formativi acquisiti. In questo il sistema si differenzia totalmente dal tanto vituperato modello francese.
Nessuna soluzione è perfetta e tutte le idee sono perfettibili. Certamente questa soluzione è a mio avviso migliore di quella attuale, di quella di fare i test di ammissione fin dai primi anni della scuola secondaria, di quella di proporre ai ragazzi, durante l’ultimo semestre di scuola, un corso preuniversitario di preparazione al test erogato dagli Atenei, senza tener conto degli impegni scolastici e della doverosa serietà della preparazione dell’esame di maturità. Il Parlamento comunque troverà la soluzione più giusta, sono sicuro, tenendo conto delle diverse posizioni. Nella discussione però rimaniamo centrati sull’oggetto del contendere, senza pregiudizi ideologici, né dettati da interessi di parte.